Oggi sappiamo che quasi ogni cellula dell'uomo è autonoma, e che quasi ogni cellula ha tutte le informazioni che riguardano se stessa e l'insieme a cui, con precise modalità progettuali, partecipa.
L'uomo è, quindi, un insieme di cellule organizzate e specializzate, che si sono autoprodotte e riprodotte secondo tempi e modi dettati da un software di intelligenza artificiale ereditato.
L'uomo non è un oggetto statico, frutto di uno stampino, ma un progetto, un progetto attivo che si attua sulla base di un software ricavato da più sintesi: dalle informazioni contenute in due semi-cellule e da aggiustamenti in corso d'opera, in reazione alle concrete realtà circostanti.
Inoltre l'uomo produce software. Un software arricchito delle modifiche intervenute durante la sua esistenza, la sua lotta per vivere, e dimezzato per sintetizzarsi con l'altro 50% fornito dal partner. La sintesi per un altro nuovo uomo. La chiave dell'evoluzione.
La dicotomia visibile e invisibile nell'uomo è analoga alla dicotomia hardware e software nei computers.
Ma l'anima? L'anima dell'uomo non è né nella sua fisicità né nel suo software. E' altro. Non è neanche nell'autocoscienza. Se lo fosse si asserirebbe che il morbo di Alzheimer si mangia l'anima. Il problema dell'anima è solo oggetto di fede.
La teoria cattolica è stitica sull'argomento anima. Si affida alla fede e fa bene. Secondo i teologi cattolici allo startup della morula, cioè all'inizio del processo vita, ci sarebbe un intervento divino esterno e aggiuntivo.