Nessuno Tocchi la Principessa Bebe!
Pubblicato: 19/10/2016 da Huffingtonpost
C'era una volta una principessa che era nata bionda e combattiva ed era nata anche bambina e, come tutti gli altri bambini sani del mondo (più o meno) era perfettamente dotata di tutto ciò che le serviva per vivere. Aveva due occhi vispi, un cuore sano, una bella testa (molto ostinata, e per fortuna) due mani, due braccia, due piedi e due gambe. Un giorno, e ci sarebbe quasi da mettersi alla ricerca della strega cattiva che le ha fatto l'incantesimo, si svegliò da una malattia che sembrava un'influenza con due mani, due braccia, due piedi e due gambe di meno. Tutto amputato per assicurarle un futuro in questo mondo e non nell'altro.
Questa principessa, che ancora era convinta di essere una bambina, aveva appena 11 anni e doveva imparare a vivere senza. Senza quello che per tutti è scontato e banale: due mani, due braccia, due piedi e due gambe. Si narra che appena messo il naso fuori dall'ospedale accettò di buon grado la fisioterapia e che, non appena furono pronte le sue protesi, ritornò al suo grande amore. Che non era un principe azzurro (ci sono principesse che sanno farne a meno) ma la scherma. E fu proprio quel giorno, quello in cui, seduta su una sedia a rotelle prese la sua spada (o fioretto o quel che è, abbiate pazienza) e si applicò a maneggiarla con una protesi attaccata a quello che le restava di un braccio, che quella spada si trasformò in uno scettro capace di rompere l'incantesimo che la voleva inabile o disabile, come preferite.
La polvere magica che rese tutto questo possibile, la principessa, se la tirò fuori dal cuore, dallo stomaco, dal cervello e dai reni: da ogni singola fibra del suo nuovo corpo. Era fatta, la polvere, di determinazione, coraggio e forza. Era talmente magica che le permise di arrivare in cima al mondo a conquistare definitivamente il cuore del suo principe. Arrivò in cima a Olimpia e lo fece ridendo di un bel sorriso che le partiva dalla bocca e le finiva negli occhi. Quel sorriso così sincero e aperto che solo chi ha zampettato sul limite dell'inferno è capace di allargare. Noi comuni mortali, noi che zigzaghiamo tra la quotidianità delle umane sfighe, quel sorriso lì non lo potremo avere mai. È il sorriso dei sopravvissuti, dei naufraghi dati per morti che hanno resistito alle onde e agli squali.
È il sorriso di Bebe Vio, la principessa di questa storia che non è una favola, quando ha salutato Obama, avvolta in un vestito meraviglioso di Christian Dior. Un vestito che le sta d'incanto perché è un vestito da principessa. Che a 19 anni, dopo tutto quello che la vita le ha riservato, Bebe ha tutto il diritto possibile e inconfutabile ad essere felice ed entusiasta.
E nessuno, dico nessuno al mondo, deve avere il coraggio di smorzare la gioia che prova oggi (ma nemmeno quella che proverà domani e il giorno dopo e quello dopo ancora). Perché lei, e tutte le persone che come lei hanno asfaltato il destino, sono magiche e meravigliose. Non esiste polemica possibile (nessuna, dico sul serio) non esistono post piccati e pretestuosi pubblicati su qualche social, non esiste niente che abbia il diritto di interferire nella felicità di Bebe che incontra Obama, che viaggia in aereo con Fabiola Gianotti e con Giorgio Armani: due tipi fantastici, ma (mi prendo la responsabilità di ciò che dico) non quanto lei.
Perché io Bebe Vio la vorrei come figlia: esattamente così com'è. Perché lei è una che se la lasci sola e in maglietta davanti alla foresta, tempo due giri di lancette e te la vedi uscire in smoking e papillon. È una che se la cava, sempre e comunque. È una per cui varrebbe la pena investire secoli di studio per la clonazione. Che ad avercene di ragazzine che non si fermano davanti alla Muraglia Cinese ma le prendono le misure e poi la scavalcano. Ad avercene di disabili di corpo e abili di cervello come lei che non so immaginare quante volte sia caduta per arrivare fino a Olimpia.
Ma s'è rialzata una volta di più e da quella sedia a rotelle che ha trasformato nel suo trono ha dato una lezione a tutti. A noi che abbiamo braccia e gambe e mani e piedi e che a volte smettiamo di credere perché i nostri obiettivi ci sembrano troppo faticosi, e a quelli che come lei hanno qualche pezzetto in meno. Quello che conta non sta nel corpo: sta nel cuore e nel cervello, è la polverina magica di Bebe ed è la polverina magica che ognuno di noi può creare con una buona manciata di coraggio, due pizzichi di ostinazione, e sorrisi in grande quantità!
Buona vita Bebe Vio!
Deborah Dirani
Donna, prima. Giornalista, poi