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21 ottobre 2016 5 21 /10 /ottobre /2016 09:38

Articolo da:Dossier: Evoluzionismo: qualche dubbio - IL TIMONE  N. 89 - ANNO X II - Gennaio 2010 - pag. 46

 

La complessità irriducibile

di Umberto Faso

 

   

 

«L’esistenza dell’uomo, un tempo il massimo dei misteri, oggi non è più tale perché l’enigma è stato risolto per merito di Darwin e di Wallace, ai cui risultati noi continueremo per un bel po’ di tempo ad aggiungere note in calce». É veramente difficile trovarsi d’accordo con questa perentoria conclusione di Richard Dawkins, tratta da L’orologiaio cieco; l’autore è uno dei nomi più prestigiosi della biologia evoluzionistica ed è attualmente presente in tutte le librerie con il suo L’illusione di Dio. 

 

In tutta onestà, quella di Dawkins sembra più una presa di posizione che non la registrazione della realtà: rispetto alla seconda metà dell’Ottocento, per esempio, la Fisica ha avuto un’espansione impressionante: è cambiato il modello dell’atomo, sono nate la fisica relativistica e la meccanica quantistica, si sono sviluppate nuove geometrie non euclidee, è spuntata come dal nulla tutta la moderna elettronica che avvolge la nostra quotidianità. Com’è possibile credere che nella biologia tutto sia rimasto fermo al 1859 e dintorni?

 

Le leggi di Mendel sull’ereditarietà dei caratteri, i cromosomi presenti nel nucleo, il processo di formazione delle cellule riproduttive, la membrana cellulare, il DNA, il codice genetico, le vie metaboliche cellulari, l’anatomia e la fisiologia fine di ogni organo e di ogni apparato: tutte cose assolutamente sconosciute ai tempi del padre della teoria evoluzionista, sono solo “note in calce” alla sua opera? 

 

C’è qualcosa che non quadra. 

 

I biologi contemporanei non vanno più a caccia di farfalle, né raccolgono vegetali per creare erbari esotici; oggi devono studiare Biochimica, Chimica Organica, Genetica, Biologia molecolare, ecc. La nuova password necessaria per entrare nel mondo della cellula, cioè nel mondo della vita perché la vita è fatta di cellule, è complessità irriducibile. 

 

Il termine, reso famoso dal biochimico americano Michael Behe, nel suo celebre Darwin’s black box, del 1996, è utilizzabile ogni volta che si vuole descrivere un organo come l’occhio, o come il cuore, ma anche quando ci si concentra su una sola parte della cellula come la membrana; diventa tuttavia particolarmente efficace quando si osservi la rete metabolica cellulare.

  • Frecce, curve e linee, collegano tra loro le molecole del citoplasma, come il glucosio, i grassi, le proteine, gli amminoacidi, ecc.
  • La cellula vive grazie al brulichìo incessante delle sue molecole che sono in ogni istante in trasformazione al centro di nodi che inviano e ricevono da svariate direzioni.
  • Ogni reazione chimica è resa possibile da almeno un enzima esclusivo e il prodotto finale della singola trasformazione è in realtà l’intermedio di altre numerose vie, in parte anche imprevedibili e comunque spesso diverse da quelle imboccate un istante prima. 

 

Questa è la vita che dev’essere interpretata dal biologo che si occupa di “origine” e di “evoluzione”: non più colli di pecore che si allungano per dar vita alla giraffa o pinne che si irrobustiscono per far uscire il pesce dall’acqua, ma legami chimici che si sciolgono e si ricombinano in modo nuovo all’interno di un immenso mosaico, che si conserva nel tempo nonostante le continue trasformazioni dei suoi tasselli. 

 

Complessità, dunque, perché la cellula è formata da un numero inimmaginabile di “pezzi”, tutti in “rete” tra loro, dipendenti gli uni dagli altri, anche se lontani, organizzati per realizzare uno scopo, che in questo caso è la vita stessa.  Irriducibile, perché nessuna delle parti realizza il tutto: nessuna molecola “vive”, ma la loro “rete” vive; il progetto della vita non è incluso in alcuna componente della cellula, nemmeno nel DNA, ma è compartecipato sotto la guida di una regìa che ancora non è identificabile. 

 

Per spiegare l’organizzazione della materia in vista di uno scopo, ci vuole qualcosa di più di una mutazione che provoca errori e di un ambiente che seleziona le variazioni più adatte a se stesso. 

 

Chi, come il sottoscritto, sfoglia il Lehninger, il grande manuale di Biochimica dell’Università (mille pagine) e cerca la parola evoluzione, si ritrova con un solo paragrafo, di un paio di pagine; in tutto il libro non si fa alcun cenno a quali mutazioni possano aver generato le molecole e le loro reazioni. Semplicemente perché nessuno crede che esistano.    


 
 



BIBLIOGRAFIA

 

  1. Michael J. Behe, La scatola nera di Darwin. La sfida biochimica all’evoluzione, trad. it. a  cura di Nazzareno Ulfo, Alfa & Omega, 2007.
  2. Ferdinando Catalano, La vita e il respiro e ogni cosa. Termodinamica e abiogenesi, Aracne, 2009. 
  3. Roberto De Mattei (a cura di), Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi, Cantagalli, 2009. 
  4. Mihael Georgiev, Charles Darwin oltre le colonne d’Ercole. Protagonisti, fatti, idee e strategie del dibattito sulle origini e sull’evoluzione, Gribaudi, 2009. 
  5. Marco Respinti, Processo a Darwin, Piemme, 2008. 
  6. Jonathan Wells, Le balle di Darwin. Guida politicamente scorretta al darwinismo e al disegno intelligente, trad. it., Rubbettino, 2009. 
  7. Umberto Fasol, La creazione della vita, Fede & Cultura, 2007.

     
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