L'età bizantina
L'età bizantina vede la fissazione dell'iconografia cristiana: nell'Alto Medioevo la tradizione bizantina avrà una fortissima autorità anche in Occidente.
La principale raffigurazione bizantina di Gesù è quella del Cristo Pantocratore, cioè "sovrano di tutto", che lo mostra in abiti regali e atteggiamento maestoso e severo.
Un'altra raffigurazione è la cosiddetta imago pietatis, che raffigura Gesù morto in posizione eretta, visibile dalla vita in su fuori dal sepolcro, gli occhi chiusi e le mani incrociate sul ventre. La somiglianza di questa singolare posizione con quella della Sindone ha portato alcuni a supporre che questa raffigurazione sia stata direttamente ispirata da essa, il che ne rafforzerebbe l'identificazione col Mandylion, ma anche la possibilità che l'immagine della sindone sia ispirata proprio a queste raffigurazioni.
Tra l'VIII e il IX secolo si diffonde in Oriente la dottrina iconoclasta, i cui sostenitori affermano che non è lecito raffigurare Cristo. Tale posizione viene infine respinta come eretica: il II Concilio di Nicea (787) afferma che "si possono e si debbono esporre le immagini dipinte, a mosaico o simili, del nostro Signore e Dio". Nel frattempo, però, molte immagini sacre sono state distrutte. La disputa sull'iconoclastia ha come effetto anche quello di portare a una rigida codificazione della pittura di icone e su parete.
Tardo Medioevo e Rinascimento
A partire da Giotto l'iconografia occidentale inizia a distaccarsi dai canoni di quella orientale, in direzione soprattutto di un maggiore realismo (anche con la scoperta della prospettiva) e dinamismo, in contrasto con la staticità delle figure bizantine. Giorgio Vasari afferma che Giotto "tradusse la pittura dal greco al latino".[Non Vasari, ma Cennino Cennini, Libro dell'Arte, inizio XV s.]
Ma la più forte rottura fra Oriente e Occidente ha luogo nel Rinascimento. In quest'epoca la figura di Gesù si laicizza e diventa il prototipo dell'uomo perfetto. Tale visione ha il suo massimo esponente in Michelangelo, che però si concentrò anche sulla rappresentazione di Cristo morto nelle pietà. Da notare che il mezzo espressivo prediletto era la scultura su marmo, cioè una forma d'arte non tradizionale per la figurazione cristiana, più legata alla pittura.
Le rappresentazioni di Gesù più diffuse nell'ambito della Riforma protestante hanno di solito un carattere didascalico, mentre prevalgono in ambito cattolico, dopo il concilio di Trento, le rappresentazioni classicheggianti e patetiche al tempo stesso. Grande fortuna avranno ad esempio le raffigurazioni di Guido Reni di Cristo coronato di spine. Del resto, l'iconografia della Crocifissione è, per mole della produzione e qualità, argomento che merita una trattazione separata.
Canoni di raffigurazione
La raffigurazione canonica di Gesù adulto lo mostra con i capelli lunghi e la barba, di solito castani, talvolta biondi. I capelli sono sciolti o legati a coda di cavallo. In genere indossa una veste lunga fino ai piedi (la "tunica senza cuciture" citata in Giovanni 19,23-24) e a volte un mantello; fanno eccezione le raffigurazioni del suo battesimo e dei diversi momenti della Passione (flagellazione, crocifissione, deposizione, ma non il trasporto della croce, per il quale egli si rivestì: vedi Matteo 27,31, Marco 15,20), in cui è spogliato, con solo uno straccio che gli copre i fianchi, e quelle della Resurrezione, in cui è di solito avvolto in un lenzuolo bianco drappeggiato in modo da lasciare visibile la piaga del costato. Propria di Gesù inoltre è l'aureola nella quale è inscritta una croce.