La Chiesa, prima del 1972, stava dalla parte della legge e dunque contro gli obiettori di coscienza al servizio militare. L’obiezione di coscienza era stata definita da Gregorio XVI un “vaneggiamento”. Nel 1955 Pio XII durante il radiomessaggio “ai fedeli e ai popoli del mondo intero” disse: «Se dunque una rappresentanza popolare e un Governo eletti con libero suffragio, in estremo bisogno, coi legittimi mezzi di politica estera ed interna, stabiliscono provvedimenti di difesa ed eseguiscono le disposizioni a loro giudizio necessarie, essi si comportano egualmente in maniera non immorale, di guisa che un cittadino cattolico non può appellarsi alla propria coscienza per rifiutar di prestare i servizi e adempiere i doveri fissati per legge». (giulia Siviero - Il post.it - 3 marzo 2017)
Questo era il pensiero della chiesa sull'obiezione di coscienza sulla "leva militare", eppure anche in quel caso si trattava di uccidere. Oggi non c'è la guerra, fortunatamente, ma ci sono altri problemi, quindi che senso ha oggi esercitare l’obiezione di coscienza?
Chi oggi sceglie di studiare medicina e poi sceglie di specializzarsi in ginecologia (o in anestesia) sa che nel nostro Stato il diritto delle donne a interrompere una gravidanza in modo sicuro per la loro salute è sancito da una Legge che sta per compiere 40 anni, sa quindi che tra le mansioni previste per un medico che operi nel servizio pubblico c’è anche quella di effettuare le IVG, se la sua coscienza lo rende contrario all’aborto dovrebbe ripensare alle proprie scelte professionali optando per un’altra specializzazione o non partecipando a concorsi per lavorare nel servizio pubblico. Come per altre professioni non dovrebbe essere consentito l’accesso a persone che per motivi di coscienza non possono garantire l’espletamento di mansioni proprie di quella professione. (25-2-2017, dal blog "nonunadimeno")