Umberto de Giovannangeli oggi ha pubblicato su Huffingtonpost.it un articolo sulle proteste delle ONG.
[...] Le ONG partono per cercare di salvare chi, nel Mediterraneo, rischia di morire ogni giorno, mentre i loro governi stanno a guardare.
[...] L'ultimo rapporto della Guardia costiera, relativo al mese di aprile, conferma che circa il 40% dei soccorsi in mare viene effettuato proprio dalle navi ONG: su 12.590 migranti salvati, 5.015 sono stati tratti in salvo dalle Organizzazioni non governative e ben 3.523 da navi commerciali (pescherecci, mercantili), che sommati fanno circa il 68% dei soccorsi effettuati nel Mediterraneo.
Alla base c'è un ragionamento semplice e apparentemente indiscutibile, se non li salviamo finiscono cadaveri. Pensiero che Giovannangeli riassume così:
Sembra quasi che si voglia impedire alle organizzazioni di fare la cosa più giusta e naturale, il terreno più neutro: salvare chi rischia la morte, così da usare i morti come deterrente. Si ignora però che chi scappa dalla guerra e dalla miseria non si ferma nemmeno coi carri armati, non ha nulla da perdere. Siamo davanti a un problema epocale, strutturale storico, possiamo farlo diventare un'opportunità, altrimenti sarà una catastrofe".
Pertanto ecco perché l'alzata di scudi di cui l'articolista informa:
È la rivolta contro la "securizzazione" dell'emergenza migranti della quale l'Italia, con l'attivissimo e grintoso ministro dell'Interno, Marco Minniti, è capofila.
E accusano:
Parigi, Roma e Berlino di aver lavorato a un patto per regolamentare l'attività delle Ong nel Mediterraneo
Sembra, però, che le ONG non si rendano conto del vero problema. "A' la guerre comme à la guerre" dice il proverbio, un proverbio con cui si vuole genericamente significare che ogni situazione va accettata per ciò che essa è, e che bisogna contentarsi delle risorse che sono offerte dalle circostanze. Tradotto significa che non basta trasportare e poi lavasene le mani anzi additare come colpevoli chi viene prima e chi viene dopo. Il prima sarebbe disastroso (la Libia), e il dopo deve esserci, non può non esserci, e deve essere aperto, libero non vincolato (dicono loro).
Ritorna pertanto il dubbio se siano ragionamenti umanitari o sofismi che nascondono altri interessi. Se, come nel salvataggio in mare, sia il caso del bagnino inesperto che affoga e fa affogare nell'eroico tentativo di salvare il naufrago.
Sarà poi vero l'assioma che non "si fermano neanche con i carri armati"? Le guerre si sono fatte per molto meno, e si facevano dei morti per salvare un lembo di terra, un confine. Non siamo a questi livelli ma neanche al servizio taxi con premio.