L’uomo si definisce come persona nella relazione con l’altro (relazione Io-Tu), nella quale prende coscienza di sé stesso come soggettività. L’idea del dialogo, dell’Io-Tu, è allargata fino all’incontro con Dio, il Tu eterno, cui l’uomo arriva attraverso i singoli Tu.
L’accento posto da Martin Buber su un tale tipo di rapporto ha fatto situare il pensiero del filosofo al di fuori della corrente principale del giudaismo, in cui l’obbedienza alla volontà di Dio è tutto.
Buber dimostra il suo atteggiamento anticonvenzionale, dal punto di vista ebraico, anche nel preferire l’esperienza di vita al sapere dei libri:
«Eccovi una prova infallibile; – scrive – immaginate di essere soli, completamente soli sulla terra, e di vedervi offrire l’alternativa tra la compagnia di un libro o la compagnia di un vostro simile. Spesso ho udito uomini vantare la loro solitudine, ma questo avviene solo perché vi sono ancora degli uomini in qualche luogo sulla terra, anche se lontani. Nulla sapevo di libri quando uscii dal grembo di mia madre, e senza libri morirò, con la mano di un mio simile nella mia. È vero che qualche volta chiudo la porta e mi abbandono alla lettura di un libro, ma solo perché posso riaprirla e vedere un essere umano che mi guarda».
Dalla recensione del libro "The Writings of Martin Buber" a cura di Will Herberg,
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