L'infinito non finire
di Marcello Fois
del 5 dicembre 2013
Ho tradito
Ho tradito senza capire.
Quando quello che vedevo mi pareva l’immagine di qualcosa di cui dovevo,
per forza, accontentarmi.
Lì, precisamente, ho tradito.
Ho tradito anche quando mi sono convinto d’essere portatore di specialità.
Come se, ostinatamente, balzassi dal baratro all’apice di me stesso.
Ho tradito
nel momento stesso in cui ho pensato che l’unico modo per difendermi dal senso di inferiorità
fosse quello di dichiararmi, a tutti i costi, superiore.
Io ho fatto il turista a casa mia.
Certo.
Nella terra/spiaggia.
Nella terra/ciambella.
Nella terra/vacanza.
Io ho visto bene me stesso col costume della festa.
E mi sono visto come gli altri mi vedevano, non com’ero.
Perché adattarsi allo sguardo altrui può diventare una forma di sopravvivenza,
ma anche una forma di eutanasia.
Io non c’ero, semplicemente.
E quello che c’era non ero io, ma l’immagine di me:
taciturno,
amico fedelissimo,
gran lavoratore…
Sardo-sardo, troglodita di lusso, amorevolmente dimesso eppure diffidente e distante.
Con memoria d’elefante e vellutino, e, oggettivamente, piccolo di statura…
Ma ben fatto.
Sardo-sardo.
Oh…
Ho condotto eserciti di amici continentali in giro per spiagge
sforzandomi di mettergli a disposizione quanto di meglio possedessi.
Ho fatto il tour operator di me stesso:
mi sono guardato ballare anziché imparare a ballare,
mi sono sentito parlare anziché imparare a parlare.
Ho vestito il costume senza metterci il cuore dentro.
Ho visto
in questa terra
anime straordinarie che si ostacolano il cielo con recinzioni invalicabili.
E sono prigioniere di loro stesse.
Ho visto, per questo, anime straordinarie diventare stracci.
Ho visto anime piccole e grevi accontentarsi.
Ho sentito la loro invidia che mi fiatava sul collo.
E quanti ne ho visto di fantocci privi di talento
imprecare contro il talento
Questo quanto vedo,
quanto ho visto io di me,
ma non è detto che il mio sguardo mi appartenga,
forse da qualche parte c’è qualcuno che,
meglio di me,
guarda la mia immagine.
Se poi, nel cercare di capire come può essere
che anche dall’ombra possa scaturire un senso,
vi trovaste a passare da queste parti,
ebbene è da qui, da qui soltanto, che bisogna partire,
perché questo è il posto giusto,
di bellezza violata,
di roccia stuprata,
d’acqua strozzata nell’arteria di cemento armato.
Da qui, da questo centro, ha origine
l’infinito non finire…
La bruttura sopra ogni bellezza,
lo svelamento senza mistero,
la profanazione che, da sempre,
non prevede rispetto.
L’infinito non finire
Se vi trovaste a passare da queste parti
ricordateci di quando ci piacevano
le vittorie,
ma anche le disfatte. Eterne.
L’infinito non finire
Sarebbe onorevole sapere
Di perderti da solo
E da solo ritrovarti…
Semmai, per caso, fossi nato da queste parti…