Cosa possiamo dire su
Come nasce l'idea di DIO
nei primi millenni dell'umanità
secondo il pensiero di Rodney Stark
Sono state dette molte cose sulla vita religiosa degli uomini primitivi, nonostante la scarsità di informazioni davvero certe in materia.
- Sappiamo che per migliaia di anni alcuni esseri umani furono sepolti con doni e oggetti, il che potrebbe significare che i nostri antichi antenati credevano in una vita dopo la morte.
- Nelle profondità delle caverne abbiamo trovato delle strutture che avrebbero potuto essere degli altari, e in alcune grotte anche delle raccolte di oggetti, come teschi d'orso, che potrebbero aver avuto un significato religioso.
- Nei siti archeologici del primo Neolitico, come Catal Hùyùk in Turchia ci sono alcune prove a favore della possibilità che i tori potessero essere oggetto di venerazione, e qui e là gli archeologi hanno trovato delle statuette che potrebbero rappresentare una Dea madre particolarmente abbondante, o forse no.
Al di là di questo, il resto sono tutte congetture. E comunque il fatto che tutte le società conosciute abbiano o abbiano avuto una religione è dato per certo da tutte le «scuole» di scienze sociali e viene asserito in ogni manuale d'introduzione alla sociologia e all'antropologia. Poiché è assiomatico che un fenomeno universale possa essere spiegato solo da altri fenomeni universali, per capire perché la religione sia universale dobbiamo esaminare i potenziali fattori causali a loro volta universali.
Nel corso degli anni sono state proposte tre grandi tipologie di fattori universali:
biologica, culturale e teologica
Il fattore naturale o biologico?
I biologi hanno postulato l'esistenza di istinti religiosi e fondamenti neurologici per la religione a partire da Darwin che paragonava la devozione dell'uomo verso Dio alla devozione di un cane verso il suo padrone.
Stark analizza alcuni dei pensatori rilevanti che han sostenuto questa tesi
- È vero che molti primitivi sembrano aver fatto ricorso alla religione, se non per venerare la natura, almeno per cercare di controllarla - e molte delle culture più avanzate hanno in effetti adorato divinità naturali.
- È altrettanto vero che numerosi popoli primitivi vivono in un mondo popolato di spiriti, che in ogni epoca le persone tendono a collegare i sogni all'elemento soprannaturale e che il culto degli antenati è comune anche oggi.
- Inoltre, numerose culture primitive hanno forme di totemismo, anche se pare che nessuna si cibi delle proprie creature totemiche, e i riti religiosi danno spesso vita a profondi sentimenti di solidarietà di gruppo.
- Infine, anche Freud si unì all'opinione prevalente secondo la quale tutte le società umane hanno una religione.
Ma conclude che "andare alla ricerca di un istinto religioso o di un fondamento biologico per la fede è come cercare un istinto per l'algebra o la chimica, cioè è solo una fuorviante perdita di tempo."
Il fattore culturale
Posto l'assioma [che condivido] che le nuove culture non nascono dal nulla, e tribù e società non inventano niente. Le innovazioni sono opera di individui, o al massimo di piccoli gruppi.
[Culturalmente] una volta sviluppato qualcosa di nuovo, il fatto che venga o non venga adottato può essere considerato un fenomeno di gruppo, così come il suo passaggio da una cultura a un'altra in un processo che gli antropologi chiamano diffusione. Ma ogni novità è opera di una persona specifica, o al massimo di alcune persone. Quindi, per interrogarsi sulle origini delle culture religiose bisogna concentrarsi sugli individui.
Ciò è vero sia supponendo la religione una creazione interamente umana, sia credendola il risultato di una rivelazione - gli agenti di cambiamento sono sempre gli individui, nelle vesti di inventori o di profeti.
La religione nasce con quegli individui eccezionali che l'influente antropologo Paul Radin (1883-1959) chiamò «formulatori religiosi», detti pure «innovatori».
Un innovatore religioso non va confuso con uno sciamano o un sacerdote, anche se può adottare uno di questi ruoli. Gli innovatori sono individui molto dotati che compaiono di tanto in tanto e introducono una nuova cultura religiosa - e sono talmente rari che la maggior parte delle culture ha probabilmente ottenuto la propria religione tramite la diffusione di un'unica forma originaria.
Il bisogno di superare la natura spiega essenzialmente perché la maggior parte delle persone (primitive o moderne) accetteranno la cultura religiosa, ma non da dove tale cultura religiosa provenga.
Anche se per avere successo gli innovatori religiosi devono fare appello a questi desideri utilitaristici, le loro personali motivazioni per scavare nel soprannaturale di solito si dimostrano molto più teologiche e filosofiche - in altre parole, sembrano guidati principalmente dall'interesse per le grandi questioni esistenziali come l'origine del mondo e il significato della vita.
Serve dunque una definizione di religione più adeguata.
La religione consiste in spiegazioni dell'esistenza (o nel suo significato ultimo) basate su presupposti soprannaturali e comprendenti affermazioni sulla natura del soprannaturale, che può specificare metodi e procedure per uno scambio con il soprannaturale.
In precedenza il soprannaturale è stato definito come l'insieme di forze misteriose o entità che stanno al di sopra, al di là e al di fuori della natura e che possono essere in grado di influenzare la realtà. Facendo ricorso al termine soprannaturale, la definizione di religione lascia spazio anche alle fedi prive di Dei, dal momento che gli Dei vengono definiti come esseri soprannaturali che possiedono una coscienza e delle intenzioni.
Gli strumenti e le procedure per avere uno scambio con il soprannaturale comprendono riti e rituali. Anche in questo caso, ciò si dimostra valido anche per le religioni senza Dei, dal momento che un vago soprannaturalismo come quello delle forme elitarie di confucianesimo può produrre dei rituali.
La definizione esclude tutti i sistemi di credenze che non affrontano le domande esistenziali, che non offrono alcuna spiegazione dell'esistenza né affermazioni in merito al suo significato ultimo. In altre parole, la religione risponde a domande come:
- Perché siamo qui?
- In cosa possiamo sperare?
- La virtù trionferà?
- La morte è davvero la fine?
e vi a dicendo.
Un sistema di credenze si qualifica come religione anche se le sue risposte a queste domande dichiarano che la vita non ha senso e l'universo è privo di scopo - la questione è solo se queste questioni vengano affrontate (e sempre che venga postulata anche l'esistenza del soprannaturale).
Gli antropologi che si sono occupati della religione primitiva di cui abbiamo parlato in precedenza in questo capitolo probabilmente si lamenterebbero del fatto che l'inclusione del significato ultimo nella definizione di religione esclude le sue forme più primitive, dal momento che pur possedendo qualche idea di soprannaturale la maggior parte delle culture primitive non poteva nemmeno concepire interrogativi ultimi. Ma, e lo vedremo in seguito nel capitolo, le religioni dei gruppi primitivi erano molto più sofisticate e «teologiche» di quanto un tempo si fosse disposti a riconoscere.
Questa definizione, comunque, separa la magia dalla religione. Per citare la Benedict, «la magia è un procedimento meccanico, la coercizione del soprannaturale», mentre la religione si basa sulla ricerca di un «rapporto» con Dio o gli Dei. Infine, lasciamo l'ultima parola a Max Weber (1864- 1920): «Quegli esseri che vengono adorati e pregati religiosamente possono essere chiamati con il termine " Dei" per distinguerli dai "demoni", che vengono magicamente coartati e incantati».
Gli innovatori religiosi, dunque, sono sempre dei «teologi», nel senso che offrono risposte alle questioni esistenziali fondamentali. A questo punto, però, emergono due interrogativi importanti in merito agli innovatori religiosi.
- Il primo è: come fanno alcune persone a «ottenere» una nuova cultura religiosa?
- E il secondo: come fanno a convincere gli altri ad accettare la loro nuova cultura religiosa?
(1) Come nasce una nuova cultura religiosa
Si potrebbe ipotizzare che gli innovatori religiosi «inventino» le loro nuove culture religiose allo stesso modo in cui qualcuno scrive una poesia o compone una canzone, ma ciò non corrisponderebbe a quello che molti innovatori sembrano credere in merito alle proprie fonti. Alcuni sostengono di aver scoperto le proprie idee attraverso una meditazione intensa, ma molti affermano di non essere altro che un mezzo attraverso il quale il soprannaturale ha comunicato con gli uomini, e che quindi la loro è una rivelazione dotata di autorità divina.
Una rivelazione è una comunicazione che si ritiene provenire da una fonte soprannaturale, di solito da un Dio, o una conoscenza ispirata dal divino.
Fino a poco tempo fa, l'esigua letteratura socio-scientifica sulle rivelazioni ipotizzava che esse derivassero da una psicosi o da una frode - vale a dire che chi sosteneva di avere avuto una rivelazione poteva essere o pazzo o disonesto. Entrambe queste assunzioni sono comunque incompatibili con le biografie di molti casi importanti: la maggioranza non mostrò alcuna segno di malattia mentale e si sottopose a sacrifici personali incompatibili con la frode. Questo mi ha portato a formulare un modello di come delle persone perfettamente normali, attraverso dei mezzi perfettamente normali, credano di comunicare con il divino.
Qui sarà sufficiente riassumere alcuni elementi di quella teoria.
- In rari casi, le rivelazioni avvengono come delle comunicazioni molto dirette che comprendono visioni e voci, come quando Dio parlò a Mosè da un cespuglio in fiamme, o quando Gesù apparve a Paolo sulla strada di Damasco.
- Molto più spesso le rivelazioni hanno a che fare con un'improvvisa consapevolezza del fatto che una certa idea o interpretazione è di origine divina, spesso basata sulla credenza che Dio metta un pensiero, un'intuizione 0 addirittura interi brani di Scritture nella mente di una persona.
(2) Come si diffonde
Una cosa è possedere ima nuova cultura religiosa, un'altra è convincere gli altri ad accettarla. Oggi sappiamo bene che all'inizio le persone non accettano una nuova religione perché trovano che la sua dottrina sia particolarmente attraente. Certo, ci deve essere un certo elemento di novità tale da giustificare il cambiamento; ma dato questo aspetto per scontato, si scopre che la gente accoglie una nuova religione perché dei parenti, degli amici o delle persone vicine in cui hanno fiducia l'hanno accolta.
In effetti, fino a conversione avvenuta, la maggioranza delle persone non sa molto della nuova cultura religiosa (si veda i l capitolo 4). Ne consegue che gli innovatori religiosi di successo tenderanno a essere dei membri rispettati di un gruppo primario fervente.
Ci si immagini di vivere una vita di solitaria contemplazione, il giorno in cui delle nuove verità religiose ci vengono rivelate da un essere divino - una rivelazione che non si limiti a ratificare le concezioni religiose esistenti, ma vi apporti delle aggiunte o ne diverga in misura significativa. Dopo averci comunicato la rivelazione, l'essere divino ci incarica di comunicarla al «mondo». Non avendo alcun amico stretto che ci rassicuri o ci aiuti a diffondere la rivelazione, ci ritroviamo nella condizione di dover trovare in qualche modo qualcuno che ci creda, e poi altri e altri ancora. È una prospettiva scoraggiante.
E se invece di vivere una vita solitaria, fossimo dei membri rispettati di un gruppo primario fervente? Sembrerebbe molto meno difficoltoso condividere la nostra rivelazione con persone che ci amano e hanno fiducia in noi invece che con degli estranei.
Quindi, diversamente da quanto dice Marco (6,4), cioè che nessun profeta riceve onori in patria e fra i suoi parenti, i più famosi profeti iniziarono proprio convertendo i loro famigliari e amici più vicini.
- Si consideri per esempio Joseph Smith Jr., fondatore del mormonismo. I suoi primi 22 convertiti furono la moglie, i genitori, i 7 fratelli e sorelle, dieci membri della vicina famiglia Whitmer, un insegnate che alloggiava con i suoi genitori e un ex impiegato.
- Lo stesso schema si ritrova nelle conversioni effettuate da Zoroastro, Mose, Buddha, Gesù e Maometto, i quali iniziarono tutti dalle loro famiglie, come vedremo nei capitoli appropriati.
È ovvio che tutti questi famosi innovatori religiosi hanno poi dovuto affrontare il compito di convertire un mondo di estranei, ma per un innovatore dell'Età della Pietra, per esempio, questo tipo di sfida non esisteva. Convertire i l proprio parentado e i vicini significava convertire «il mondo». Se in seguito la nuova religione si diffondeva in altre tribù, ciò avveniva attraverso il normale processo di diffusione culturale.
È dunque questa la spiegazione culturale dell'origine della religione.
- La religione è ovunque perché i bisogni che essa soddisfa sono ovunque.
- Le religioni sono fra loro così simili perché affrontano la stessa serie di domande esistenziali e perché le opzioni soprannaturali a disposizione sono intrinsecamente limitate.
In alternativa, molte religioni derivano da Dio secondo la capacità di capire degli esseri umani di un dato tempo e luogo e, ovviamente, tutte le rivelazioni sono soggette a incomprensioni, esagerazioni e imperfezioni di trasmissione.
La teologia delle religioni primitive
Con l'inizio delle Grandi scoperte geografiche e la sempre maggiore conoscenza e familiarità con altre religioni, gli europei cominciarono a notare le tante «cospicue somiglianze» con il cristianesimo, e i teologi cominciarono a interrogarsi sulla storia della salvezza. Dio aveva davvero condannato la maggior parte degli esseri umani vissuti nel corso della storia solo per aver «peccato» d'ignoranza?
Avendo passato al setaccio in modo molto attento i racconti etnografici più recenti e affidabili sulla religione nelle società primitive sopravvissute, Lang (1844-1912) scoprì che la maggioranza dei gruppi primitivi, sparsi i n tutte le parti del mondo, credevano nell'esistenza di Sommi Dei: «registi di cose e di uomini morali e onniveggenti [...] esseri eterni che hanno creato il mondo e che vegliano sulla moralità». Non si trattava di un monoteismo pienamente compiuto, dal momento che veniva accettata l'esistenza di divinità subordinate, ma una prospettiva che a volte viene definita enoteismo (letteralmente «uno-teismo, un solo Dio) per l'enfasi posta sul Sommo Dio, o Dio primario.
Una pietra miliare a tale proposito fu la pubblicazione nel 1924 del libro Monotheism Among Primitive Peoples dell'illustre Paul Radin, nel quale l'autore ammetteva che l'opera di Lang «era stata abbondantemente provata. [...] Oggi nessuno nega seriamente che molti popoli primitivi credono in un Creatore Supremo» e da allora gli studi hanno continuato ad accumularsi.
Ovviamente, esiste una considerevole varietà nelle concezione di Sommi Dei che si ritrovano nelle culture primitive. La distinzione maggiore è fra Sommi Dei attivi e interessati e Sommi Dei inattivi o distanti. Anche gli Dei attivi sono in un certo senso remoti e presiedono gli Dei inferiori che prendono parte in modo più vigoroso alle questioni umane.
È ovvio, quindi, chiedersi perché le religioni primitive non erano quei rozzi insiemi di superstizioni che ritenevano Tylor, Spencer e tutti gli altri. Com'è possibile che tante delle prime religioni avessero una concezione di Dio assai più sofisticata di quella di civiltà antiche molto successive, come quella egizia o greca? L'unico tentativo importante di trovare una risposta provocò una costernazione così diffusa fra gli antropologi che lo stesso interrogativo venne generalmente liquidato come irrilevante o privo di risposta.
Ammesso che la nostra conoscenza delle religioni primitive rimarrà frammentaria, sembra comunque che ci siano sufficienti ragioni per riconoscere il fatto che, a un certo punto della loro storia, molte culture abbandonarono la fede in Sommi Dei e abbracciarono quella in una schiera di Dei minori. Quando e perché ?
- In merito al «quando», sembra che il passaggio abbia coinciso con il sorgere delle civiltà - società che vivevano in città e avevano un'agricoltura produttiva.
- Per quanto riguarda il motivo, il prossimo capitolo tenta di spiegare l'ascesa di politeismi elaborati esaminando le religioni delle prime civiltà, fra le quali quelle di sumeri, egizi e greci, e quelle di aztechi e maya.
- Queste civiltà, separate non solo dalla geografia ma anche da molti secoli, possedevano un apparato di divinità sorprendentemente simile.
- Inoltre, le loro religioni erano tutte controllate da sacerdoti che enfatizzarono l'importanza di rituali e sacrifici piuttosto che del credo.
- Ospitate in grandi templi, erano tutte religioni «di stato », completamente finanziate da canoni terrieri o sussidi e con sacerdoti al servizio di governanti dispotici, alcuni dei quali si consideravano Dei.
Estratto dal primo capitolo del libro di Rodney Stark, La scoperta di Dio, l'origine delle grandi religioni e l'evoluzione della fede, Ed. Lindau, Torino, 2018 (pp 35-84)