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8 ottobre 2018 1 08 /10 /ottobre /2018 08:59

Il Libro "La morte di Gesù. Indagine su un mistero" di Adriana Destro e Mauro Pesce (Saggi Rizzoli, aprile 2014) è nato da un grande interrogativo a cui sono seguite molte altre domande.  E raccontandoci delle domande cui ha cercato di dare una risposta, Adriana Destro riassume il suo libro e soprattutto ne sottolinea l'originalità, pur trattandosi un tema dibattuto ormai da 2000 anni. 

 

Ecco le domande cui ha cercato di dare risposte:

 

1.Cosa succede nei seguaci di un grande leader quando egli viene ucciso all’improvviso?

Per rispondere a questa domanda abbiano indagato sul quello che successe immediatamente dopo la morte di grande personalità del mondo antico, come Socrate, Giulio Cesare, e molti altri e anche su alcune personalità recenti come Gandhi.

Abbiamo visto che anche nel caso di una morte naturale i seguaci di un leader sono obbligati a ripensare tutta l’attività e il messaggio del leader morto, a riassumerli per riproporli e continuare ad esistere come gruppo che si rivolge alla società.

Abbiamo perciò cominciato a studiare i vangeli e tutti gli altri documenti lasciati dai seguaci di Gesù dei primi due secoli per vedere come il messaggio e la vicenda di Gesù erano stati riletti e riformulati alla luce della morte violenta da lui subita. Ad esempio nel capitolo finale rintracciamo quattro risposte diverse e altrettante riformulazioni del messaggio di Gesù nei vangeli, nelle lettere di Paolo e negli Atti degli Apostoli.

 

 

2. La domanda successiva è stata: I vangeli ci dicono che Gesù aveva preannunciato più volte la propria morte. Come mai allora i discepoli furono così sbalorditi quando essa avvenne? Come mai il Vangelo di Luca insiste molto per dire che i discepoli aspettavano l’arrivo subito del regno di Dio (o di Israele)? Non bisogna forse domandarsi se i vangeli abbiano messo in bocca Gesù delle previsioni che non aveva mai fatto?

 Queste domande ci hanno obbligato ad una lunga lettura dei vangeli parola per parola, una ricerca di diversi anni, che ha cercato di rendere conto di tutti i punti di divergenza e di anche di contraddizione tra i racconti evangelici. Il Capitolo 4: “Le previsioni della morte” cerca di presentare i risultati di questa ricerca.

 

 

3. Terza domanda: Dovevamo per forza domandarci : Perché esistono divergenze e a volte anche contraddizioni tra i vangeli? (e anche negli altri scritti dei seguaci di Gesù dei primi due secoli) Da dove provengono queste divergenze? Sono veramente affidabili le informazioni su cui gli autori dei vangeli si basavano?

Per rispondere a queste domande è stata necessaria una ricerca prolungata sui modi di trasmissione dei materiali relativi a Gesù dalla sua morte fino alla redazione scritta dei vangeli. Ci siamo basati su una massa enorme di indagine esegetica accumulata nel Novecento e nei primi 10 anni di questo secolo (la bibliografia alla fine del libro costituisce, per ragioni editoriali, solo una parte abbastanza limitata della letteratura usata). Ma siamo pervenuti anche a risultati in qualche modo nuovi. Anzitutto, abbiamo formulato un metodo di analisi che abbiamo definito “ricerca delle tracce implicite”. In secondo luogo abbiamo elaborato un’ipotesi sulla provenienza delle informazioni di ciascun vangelo da zone diverse e da gruppi diversi di seguaci di Gesù che avevano fra loro informazioni parziali e spesso divergenti su Gesù.

 

 

4. Gesù fu ucciso perché Dio voleva che morisse? Oppure perché la sua azione suscitò una reazione in coloro che temevano lo sconvogimento complessivo della società che Gesù annunciava, praticava e provocava?

Ma se Gesù non voleva morire non sarà allora che il modello religioso che egli proponeva non era il morire per gli altri, ma il lottare per la trasformazione del mondo alla luce della volontà di Dio?

Noi abbiamo cercato un risposta nei testi, e l’abbiamo esposta abbastanza chiaramente nel capitolo 4 e nella conclusione. La nostra risposta arte dal fatto per noi assodato che Gesù non voleva morire. Ma più che le nostre conclusioni sono importanti le domande. Domande a cui non si deve sfuggire qualunque siano le conclusioni. Non solo gli studiosi, ma la gente in generale si interroga e bisogna affrontare le questioni e una lettura critica dei vangeli. La politica dello struzzo è la peggiore delle soluzioni. Noi vogliamo non tanto proporre delle soluzioni ma aprire una ampio dibattito sulla lettura critica dei vangeli.

 

 

5. Gesù poteva prevedere per sé una morte violenta visto che già Giovanni il Battezzatore era stato arrestato e ucciso? C’è una differenza sostanziale tra ritenere possibile la propria morte, temerla e sottrarsi ai pericoli o accettarla? Ci sono sintomi e testi chiari che fanno vedere che Gesù si sottraeva ai pericoli e quindi non voleva morire?

 

 

6. Ci siamo domandati molte volte in questi anni, cosa poteva succedere in un villaggio quando Gesù vi entrava con le sue discepole e i suoi discepoli e cominciava a vietare agli uomini il ripudio delle donne, oppure invitava le forze più energiche dei nuclei familiari ad abbandonare l’attività lavorativa su cui la loro famiglia si reggeva per seguirlo vendendo tutti i propri beni ai poveri.

La nostra risposta è che Gesù suscitava ostilità perché voleva un grande sconvolgimento dell’intera società e non tanto per motivi teologici e religiosi.

 

 

7. Ci siamo domandati a lungo: perché furono scritti i racconti della morte di Gesù? (i racconti della passione); qual’era l’intento degli evangelisti che scrivevano in greco e si rivolgevano  ad un pubblico di non ebrei?

La nostra risposta è stata che i vangeli volevano riabilitare la figura di Gesù agli occhi dei lettori e mostrare che la sua morte non fu una sconfitta ma una vittoria guidata da Dio stesso, preannunciata dalle Scritture e avvenuta con grandi sconvolgimenti cosmici come volevano i racconti di ambiente ellenistico romano. Gli autori dei vangeli erano filoromani e cercarono come potevano di discolpare Pilato riversando sugli Ebrei la responsabilità della morte di Gesù.

 

 

8. Le contraddizioni dei vangeli sulla figura di Giuseppe di Arimatea e sul seppellimento di Gesù ci hanno obbligato a porre diverse domande: Giuseppe di Arimatea è veramente esistito o è un espediente apologetico per potere dire che qualcuno dei seguaci vide dove Gesù era stato sepolto?

 

Solo se infatti si sapeva dov’era la tomba si poteva dire che il cadavere di Gesù non era più in essa perché era risuscitato.

Il capitolo 6 “Il seppellimento. Chi si è occupato del corpo morto di Gesù?” risponde a queste domande.

Qui i dettagli sono di estrema importanza. La nostra conclusione è che un ebreo incaricato dal Sinedrio di seppellire Gesù dovette esistere e che con una certa probabilità fu proprio il Sinedrio che  -con una squadra di uomini addetti normalmente a questo scopo - provvide a staccare Gesù dalla croce e seppellirlo.

 

9. Ci siamo domandati perché Marco insiste tanto sul fatto che le donne non dissero nulla a nessuno del fatto che il cadavere di Gesù non si trovava più nella tomba?

 

 

10. Ci siamo infine domandati: perché tante contraddizioni nei racconti di passione dei vangeli?

La nostra risposta è stata che gli autori avevano informazioni differenti che provenivano da gruppi di seguaci situati in zone differenti e che avevano notizie parziali e a volte imprecise sui fatti.

 

su www.adrianadestro.net - 18 Giugno 2015

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