La mia è ovviamente una lettura laica, poiché profondamente convinto che "per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori” (Vaticano II, Dei Verbum), o come avrebbe detto S. Agostino «Dio voleva farci cristiani, non scienziati».
Certo anche questo passo di Vangelo è un racconto ispirato, ma non perciò è stato dettato, o è un fedele resoconto o un selfie, come diremmo oggi. Ho preferito leggerlo come un racconto teatrale impiantato da Luca per trasmetterci il credo che aveva ricevuto, per parteciparci realtà altrimenti invisibili.
Ciò premesso, ecco gli insegnamenti di fede che vi ho intravisto:
- I versetti 1-5 ci danno due notizie: è accaduto veramente ed il nascituro è il profeta atteso.
- Gesù è reale, infatti la sua nascita è databile. Gesù è nato quando si tenne il censimento di Cesare Augusto. Oggi dobbiamo dar fiducia agli storici che sanno risalirvi, ma per i suoi contemporanei era un riferimento chiaro e concreto.
- La seconda notizia è rivolta ad Israele, Gesù è l’uomo delle profezie, è il messia.
Dei due fatti, a noi interessa il primo ma per gli ebrei, era il secondo ad avere importanza. Quando lo chiamavano il Nazareno forse non era proprio per complimento e per Luca, che frequentava i circoli della Giudea, forse significava mettere in dubbio la messianicità di Gesù. I due eventi così congiunti danno modo a Luca di inserire questa nascita, pur nella sua occasionalità, nel filone profetico che l’aveva preceduto. Facendolo nascere in Betlemme è asserire che Gesù è il Messia atteso.
- Nella stesura dei versetti 6-8 Luca si diletta in forti contrasti. Abbozza il primo presepio, quello che Francesco ci proporrà a partire dal 1200.
Alla situazione di disagio di Giuseppe e Maria, che si aggiustano alla bella e meglio, si contrappone la reazione di un “cielo” che si riempie di luce.
Siamo in una situazione simile al Battesimo o alla trasfigurazione o a quando sarà lo stesso Gesù a parlare di coorti celesti davanti a Pilato. Anche allora si squarciò un velo e apparvero realtà non visibili.
Realtà invisibili perché chi ne viene a contatto ha paura. Il “divino” e l’ignoto fanno paura. Qui sono gli angeli a rincuorarli ma poi sarà Gesù ad insegnarci il volto del suo Dio, di un Dio che è padre, che è paterno nei confronti di chi egli ama, cioè di chi fa la sua volontà.
- I versetti 9-18 ci informano sulle modalità dell’annuncio. Il contenuto del messaggio è chiaro, viene annunciato il dono di Gesù al mondo, ma avviene in tre momenti:
- Il primo momento è la festa in cielo. La moltitudine dell’esercito celeste che canta, ringrazia Dio. Gloria a Dio. Anche loro sono coinvolti.
- Il secondo è l’annuncio agli uomini. Tra gli uomini sono scelti dei pastori che, a detta di papa Bergoglio, erano "uomini umili e disprezzati, alcuni dicono briganti" (6.1.2016).
Essi si spaventano per la fantasmagoria dell’evento, ma ne afferrano il messaggio. Sono dei sempliciotti, ma quando i cori celesti si spengono vanno a verificare, credono e danno testimonianza di un fatto che di straordinario ha sol più l’annuncio, almeno in apparenza.
- Il terzo passaggio sono “gli altri”, i non pastori, quelli che nulla hanno notato. Quelli cui la notizia arriva da derelitti, da disprezzabili.
E’ un passaggio duro da accettare, ma così Luca raffigura chi ci invita alla fede. Siamo sulla linea di Isaia (Is 52) che scrive “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace…” o quando Luca fa dire ad Abramo “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”.
Ho così finito, e vi lascio con i miei più sinceri auguri per un bel Natale di fede.