Quello che i due fratelli hanno in comune è che – a dispetto di un padre tanto meraviglioso – nessuno dei due riesce a concepirsi figlio, ma l’uno e l’altro si rapportano col proprio destino come con quello di uno schiavo.
L’uno sfuggendolo per dei presunti benefici, l’altro assoggettandovisi nella speranza di lucrarvi qualche vantaggio: la verità è che il minore cerca fuori casa ciò che il maggiore spera di ottenere senza muoversi, e che presso il padre questi ricerca le medesime cose che quegli fruga in compagnia delle prostitute.
Inoltre ciascuno dei due invidia l’altro, pensando almeno in qualche momento che tutto sommato l’altro “se la stia spassando”: il maggiore invidia al minore proprio l’esperienza dei lupanari; il minore invidia al maggiore il pane in abbondanza.
Tutti e due si rivolgono al genitore chiamandolo “padre”, ma nessuno comprende che cosa sia l’essere figli.
(Giovanni Marcotullio, Ott 23, 2018 su aleteia.org)