Ci sono letture che lasciano il segno. Nelle letture della messa di ieri (24 marzo 2019) ho visto descritto il senso della vita, della vita possibile per ciascuno di noi.
- Accettare una vita sedentaria, pratica e ritmica come le alluvioni del Nilo. Così era la vita che si viveva e si consumava in Egitto.
- Oppure affrontare coscientemente la vita di chi non sazio dentro, cerca una terra ricca, grondante latte e miele e, soprattutto, libera. Cerca un senso nel non senso.
Una aspettativa, quest’ultima, che rende l’uomo disponibile ad accettare la testimonianza e l’invito di un altro uomo o di una storia. Che si chiamino Abramo o Nicea poco importa, sono uomini che si fanno ambasciatori di un pensiero non loro (… o almeno così asseriscono). Ci vuole coraggio per dare fiducia ad altri uomini, ancor più per accettare di seguirli in un viaggio periglioso. Un viaggio alimentato dalla speranza ma senza le certezze degli stanziali.
Paolo spiega ai Corinzi, e quindi a noi, che per gli Ebrei la nuova vita si rivelerà un viaggio avventuroso seppur assistito, ma senza credenziali di sicurezza sulla meta promessa.
Infatti come allora si persero per strada in molti (dice Paolo), così succede ancora oggi per cause naturali o cattiveria umana (narra il vangelo e la cronaca di ogni giorno).
Inoltre poiché Dio non lavora a vuoto, a chiunque intraprenda il “viaggio” e, quindi, si posizioni nel recinto protetto viene chiesto conto come al fico, con indulgenza ma viene chiesto un frutto.
Una domanda mi resta appesa, quali sono questi fichi che dovremmo produrre?
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Es 3, 1-8. 13-15
1 Cor 10, 1-6. 10-12
Lc 13, 1-9