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14 dicembre 2019 6 14 /12 /dicembre /2019 08:14

Il dio di Gesù 
Secondo Hans Kung, nel suo libro  “Dio esiste?”(capitolo G,III)

... Il fondamento della fede di Israele non sta, originariamente, nella legge, ma nell’alleanza di Dio con il suo popolo: la legge esiste in funzione dell’alleanza di Dio, è grazia del Dio dell’alleanza. Ma con il passar del tempo le leggi casistiche della convivenza e le prescrizioni culturali vennero sempre più equiparate al diritto divino apodittico, quale si era cristallizzato nel Decalogo, e considerate altrettanto importanti per la comprensione di Dio. 
Fu così che nella riorganizzazione della comunità da parte di Esdra, dopo l’esilio babilonese (intorno al 400), si giunse a porre la legge irrigidita a fondamento dei rapporti con Dio, elevandola ad autorità autonoma: norma per l’appartenenza al popolo di Dio, per il compiacimento divino, per il benessere umano

... La legge, che dà la vita al fedele, diventa oggetto di venerazione e di amore e celebrata con inni nei salmi. Ormai non si pensa più a completarla e a modificarla, ma soltanto a interpretarla. E anche quando non la si comprenderà più, si dovrà rimanerle fedeli; si applicherà anche ai nuovi problemi quanto era stato pensato per situazioni diverse.

...No, un tale Dio, che sarebbe il nostro idolo, non è stato predicato da Gesù. Egli non intendeva affatto predicare un nuovo Dio, ma soltanto il Dio di Israele, il creatore e il giudice del mondo. 

… Come molte persone del suo tempo, egli pure vede avvicinarsi la svolta e il giudizio del mondo, il cielo nuovo e la terra nuova, il mondo di Dio, che subentra a questo mondo abbandonato al maligno: il Regno di Dio.  E come il suo precursore Giovanni, dal quale era stato battezzato, di fronte all’imminente Regno di Dio, Gesù predica la conversione. 

La sua predicazione sul giudizio di Dio non può venire eliminata a favore di una predicazione sulla grazia e l’amore di Dio; sono troppi i testi che ne parlano. La situazione è seria: si può anche non incontrare il Regno di Dio.  

Tuttavia ...

...Parlando di Dio e agendo nel suo nome, Gesù rende chiaro ciò che nell’Antico Testamento era ancora vago, rende univoco ciò che là appariva ambiguo. Il suo messaggio della definitiva vicinanza di Dio e del suo regno non si propone certamente di offrire nuove rivelazioni sul suo essere, di offrire cioè un nuovo concetto di Dio. Gesù non riflette affatto sull’essere intimo di Dio, non ha alcun interesse per la speculazione metafisica su Dio in sé. Egli parla di Dio in parabole: non speculando o argomentando, ma narrando.

.... Gesù definisce Dio misericordioso, buono, soltanto buono. 
Ma queste proprietà per lui non sono importanti in quanto predicati oggettivi, bensì in quanto proprietà attive nei confronti dell’uomo e del mondo: quello che Dio è, non in sé o per sé, ma per l’uomo e per il mondo, come egli agisce nei confronti dell’uomo e del mondo. Predicati non di un essere “in sé”, ma del suo rapporto con noi. Infatti soltanto nell’attività di Dio si rivela la sua realtà: nel suo agire nei confronti dell’uomo e del mondo, cosicché ogni volta che si parla di Dio si deve anche parlare dell’uomo.

... Gesù non si eleva dal mondo a Dio mediante ragionamenti. Egli vede piuttosto l’intero mondo nella luce di Dio: una grande parabola che accenna, contemporaneamente, al creatore e al consumatore del mondo. Il mondo viene quindi compreso come era possibile a quel tempo, senza causalità e senza concetti di natura, in modo però che in esso si possa vivere praticamente.
 

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