Guido Vitiello, ricercatore e saggista, il 22 giugno 2020 ha scritto:
“Per ogni bibliofeticista un po’ naïf che tuffa il naso nell’odore della carta al mattino, trovi ormai almeno un tecnofilo pronto ad accusarti di luddismo o a farti passare per una specie di amish che se ne va in giro in cocchio quando per strada ci sono le automobili, gli scooter e i monopattini.”
E così continua:
“Io, per esempio, uso poco gli ebook per una ragione banale: perché non posso vederli allineati sugli scaffali di una libreria. Ho una pessima memoria di richiamo, e se non ho davanti agli occhi un libro non mi ricordo neppure di averlo.
[...] Ma questa ragione pratica ne nasconde una più esoterica – del resto, magia e arti della memoria sono andate a braccetto per secoli. In breve: la biblioteca di casa è, in piccolo, il teatro della memoria di un mago rinascimentale. È una mente o anima artificiale, lo specchio esteriore di un paesaggio interiore, un palcoscenico su cui possiamo assistere allo spettacolo fantasmagorico della conoscenza in atto, un luogo dell’immaginazione che consente di agire indirettamente sulla nostra mente operando sulla combinazione e la ricombinazione dei volumi.
E questo lo condivido! La mia esperienza con due corpose biblioteche, una cartacee e una digitale, m’ha insegnato che è profondamente vero. Trovo che ciò superi le teorie sulla lettura profonda, teorie che parlano di differenziazioni anche neurali nei due approcci alla lettura e al sapere.
Sbaglia però quando scrive
“il libro digitale non è il libro cartaceo in una forma più evoluta, è proprio un’altra cosa – un oggetto che suggerisce altri usi, altre abitudini, altri gesti.”
Questo non lo condivido. Lo contesto perché non è vero. Ho faticato, e non poco, a trovare una soluzione. La soluzione sta nel reperire e usare un software non banale. Questo, se “ben coccolato”, ti regala le stesse sensazioni, ti regala “in piccolo, il teatro della memoria e della conoscenza”.