La morte non è spaventosa. Si entra in un sogno e il mondo scompare, sempre nel caso che tutto si svolga per il meglio.
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Molti sono però i terrori che circondano la morte:
- Terribili possono essere le sofferenze dei moribondi e il lutto dei vivi quando perdono una persona cara.
- Terribili sono spesso le fantasie collettive e individuali che gravitano intorno alla morte. Rasserenarle, confrontarle alla semplice realtà della finitezza della vita è un compito che dobbiamo ancora affrontare.
- È orribile che dei giovani debbano morire prima di aver potuto assaporare le gioie della vita e di aver dato un senso alla propria esistenza.
- È orribile che uomini, donne e bambini debbano vagabondare affamati attraverso paesi deserti dove la morte non ha fretta di colpire.
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Dobbiamo ancora scoprire ciò che gli uomini possono fare per garantire ai loro simili una fine tranquilla e pacifica; l'amicizia di coloro che sopravvivono, la sensazione che debbono avere i morenti di non essere d'ingombro fanno senz'altro parte di tale programma.
La rimozione sociale, l'atmosfera di malessere che spesso oggigiorno circonda gli ultimi istanti di vita, non sono certamente d'aiuto per gli uomini.
- Forse dovremmo parlare con più franchezza della morte, smettendo di considerarla un mistero. La morte non cela alcun mistero, non apre alcuna porta: è la fine di una creatura umana. Ciò che di essa sopravvive è quanto essa ha dato agli altri uomini e ciò sarà conservato nella loro memoria.
- L'etica dell’homo clausus, dell'uomo che si sente solo, decadrà rapidamente se cesseremo di rimuovere la morte accettandola invece come parte integrante della vita. Se l'umanità scompare, tutto ciò che gli uomini hanno fatto, tutto ciò per cui hanno combattuto, tutti i loro sistemi e credenze, umane e sovraumane, non avranno più senso.
(Capitolo conclusivo del libro "La solitudine del morente" di Norbert Elias)