Sia l'evangelista Marco che l'evangelista Matteo definiscono l’annuncio di Gesù «Vangelo». Un termine ormai entrato nel nostro uso comune per indicare sia il contenuto della predicazione di Gesù che i testi che lo raccontano.

Benedetto XVI, nel suo libro “Gesù di Nazaret”, si pone la domanda sulla provenienza, uso e significato originario del termine "VANGELO" ed ecco la risposta che ci propone. L'ho trovata curiosa, al di là della stiracchiata interpretazione che vi aggiunge.

[...] La traduzione e l'interpretazione che si dà al termine "vangelo", di recente almeno, è di «buona novella». Suona bene, ma resta molto al di sotto dell’ordine di grandezza inteso dalla parola «vangelo».

Infatti questa parola apparteneva al linguaggio degli imperatori romani che si consideravano signori del mondo, suoi salvatori e redentori. I proclami provenienti dall’imperatore si chiamavano «vangeli», indipendentemente dalla questione se il loro contenuto fosse particolarmente lieto e piacevole. Ciò che viene dall’imperatore – era l’idea soggiacente – è messaggio salvifico, non è semplicemente notizia, ma trasformazione del mondo verso il bene.

Se gli evangelisti riprendono questa parola, tanto che a partire da quel momento diventa il termine per definire il genere dei loro scritti, è perché vogliono dire: quello che gli imperatori, che si fanno passare per dèi, pretendono a torto, qui accade veramente: un messaggio autorevole, che non è solo parola, ma realtà.

Nell’odierno vocabolario proprio della teoria del linguaggio si direbbe: il Vangelo è discorso non solo informativo, ma operativo, non è solo comunicazione, ma azione, forza efficace, che entra nel mondo salvandolo e trasformandolo. Marco parla del «Vangelo di Dio»: non sono gli imperatori che possono salvare il mondo, bensì Dio.

E qui si manifesta la parola di Dio che è parola efficace; qui accade davvero ciò che gli imperatori solo pretendono, senza poterlo adempiere. Perché qui entra in azione il vero Signore del mondo: il Dio vivente.

(liberamente estratto dal libro: Joseph Ratzingerf, Gesù di Nazaret, Rizzoli, 2007, pp 69-86)