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7 dicembre 2021 2 07 /12 /dicembre /2021 10:51

 

Riflessioni su libro di Giobbe di C.G. Jung: il Dio di Abramo appare "ingiusto" ma non è estraneo all'uomo come il Giove dell'Olimpo.

 

Si potrebbe essere ancora più sorpresi della cognizione che Giobbe ha di Dio se questa fosse la prima volta in cui si ha notizia dell’amoralità di Yahwèh. 

 

Gli imprevedibili malumori e i catastrofici attacchi d’ira di Yahwèh erano invece ben noti fin dai tempi più antichi. Egli si atteggiava a geloso custode della morale; in particolare era molto sensibile per quanto concerneva la giustizia. Egli doveva perciò venire sempre magnificato come “il Giusto”, cosa alla quale, a quanto sembra, teneva non poco. 

 

Grazie a questa circostanza, о meglio a questa particolarità, egli possedeva una personalità ben distinta, che si differenziava però soltanto nella dimensione da quella di un re più о meno arcaico. La sua natura gelosa e sensibile, che scrutava sospettosamente i cuori infedeli degli esseri umani e i loro pensieri segreti, creava forzatamente un rapporto personale tra lui e l’uomo, che non poteva non sentirsi da lui direttamente interpellato. 

 

Ciò distingueva fondamentalmente Yahwèh da Giove che, pur disponendo di tutto a suo piacimento, lasciava benevolmente e con un certo distacco che l’economia del mondo continuasse a scorrere lungo percorsi consacrati da antiche consuetudini e che puniva soltanto il disordine. Egli non faceva della morale, ma si limitava a comandare seguendo il suo istinto. Dagli uomini egli non pretendeva nulla oltre ai sacrifici che gli spettavano; con loro non voleva aver assolutamente nulla a che fare, dato che non aveva progetti che li riguardassero. 

 

Giove padre era infatti una figura ma non una personalità. Yahwèh invece aveva molto interesse per gli uomini. Questi rappresentavano per lui addirittura un’esigenza di prim’ordine. Egli aveva bisogno di loro come loro avevano bisogno di lui, in maniera urgente e personale. 

 

Giove poteva effettivamente scagliare la sua folgore, ma solo contro singoli sovvertitori dell’ordine. Egli non aveva niente da obiettare contro l’umanità nel suo complesso; non sembrava che questa lo interessasse effettivamente in modo speciale. Yahwèh poteva invece cadere in preda a furie terribili contro gli uomini quale genere о quali singoli individui, quando non si comportavano nel modo che egli desiderava e che si aspettava da loro, senza tuttavia rendersi conto che, grazie alla sua onnipotenza, avrebbe anche potuto creare qualcosa di meglio di questi “vasi senza valore” (Geremia 48.38).

 

(Carl Gustav Jung, Risposta a Giobbe, ed Boringhieri, 1952)

 

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