Onestamente io "credo?". Pensavo di credere, ma forse non è così.
Ho compiuto 77 da pochi giorno e non ho paura di guardare avanti, di attendere pazientemente la fine che mi attende, come attende tutti.
Mi dicevo pure di credere in un giudizio, e l'accettavo. Supinamente?
Si supinamente. Perché accettare per fede che ci sia un giudizio "dopo" significa accettare un post-mortem, esserci ancora, esserci comunque.
Mi son reso conto cioè che l'eternità non fa parte della fede, è la prima "realtà" per chi crede. Come il bruco che diventa farfalla, una vita da bruco col compito di preparare i propri geni cromosonici per la trasformazione.
I vangeli, cioè la nostra fede, insegnano che ci saranno dei dannati, cioè non si scompare, il nulla non esiste, Non nasciamo per morire nasciamo per vivere, e vivere in eterno. Pertanto viene meno la terza opzione "il non essere". Le opzioni sono solo due: beato o dannato, ma saremo.
Per chi crede non c'è scommessa alla Pascal, non c'è la possibilità di rinunciare come filosofi e scienziati insinuano, non possiamo regalarci l'inconscia speranza del nulla. Mi piacerebbe scomparire, ma vivrò in eterno.