Papa Francesco, nell'intervista concessa a Fazio, parla della preghiera come un dialogo tra il bambino e suo padre.
Pregare è quello che fa il bambino quando si sente limitato, impotente, [dice] “papà, mamma”. Questo è il primo grido della preghiera. Ma se tu non credi che hai un papà, che hai una mamma vicino, non sai gridare, non sai chiedere. E pregare significa guardare i nostri limiti, i nostri bisogni, i nostri peccati, e dire: “Papà, guardami. Il tuo sguardo mi purifica, mi dà forza”.
[ … ] Pregare significa guardare, dai miei bisogni, dalla mia piccolezza, come fanno i bambini che dicono “papà”. È una cosa interessante: i bambini, nel loro sviluppo psicologico, passano per quella che si chiama l’età dei perché. Perché si svegliano, vedono la vita e non capiscono, e dicono: “Papà, perché? Papà, perché?”. Ma se noi guardiamo bene, il bambino non aspetta la risposta del papà, quando il papà incomincia a rispondere va a un’altra domanda. Quello che vuole il bambino è che lo sguardo del papà sia su di lui. Non importa la spiegazione, importa solo che il papà lo guardi, e questo gli dà sicurezza. Pregare è un po’ tutto questo.
Ma è veramente così semplice pregare? O non è, invece, come sintetizza nel suo libro "GLI ULTIMI" Domenico Quirico (2013) quando scrive che per tanti (troppi!) il pregare si riduce a
- a un semplice chiacchiericcio blaterato;
- al dialogo di un maniaco con la propria ombra;
- a una superstiziosa richiesta, per ottenere in un baratto osceno beni di questo mondo.
Anche per pregare esistono argini e regole. Il parere di Quirico, se lo riflettiamo, riprende i temi presenti nel vangelo di Matteo (Mt 4, 5-10) quando ci racconta del dialogo che intercorre tra Gesù e Satana nel deserto. Un dialogo che ci insegna in quali tentazioni possiamo cadere proprio credendo di pregare.
- La prima tentazione riguarda "il cibo", cioè le necessità del corpo, delle sue tante sazietà che vorremmo soddisfare (sia esso cibo o salute o sesso o pace), convinti di averne diritto.
"di' che questi sassi diventino pane"
Risposta: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
- La seconda tentazione riguarda l'obbligare Dio. Non siamo i padroni di Dio, non esiste moneta o formula magica che possa, anzi lo umilia.
"Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede".
Risposta: Non tentare il Signore Dio tuo.
- La terza tentazione è una richiesta da parte del diavolo di essere adorato, cioè condividere i suoi valori, vivere per essi.
"Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai"
Risposta: Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto.
Ma allora che cosa posso dire a Dio quando prego? Solo tacere?
Non è semplice stare con Dio e accettare la vita, il nostro vivere.
Ha ragione Giobbe quando pronuncia parole che tanto somigliano al "sia fatta la Tua volontà" di Gesù:
Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile.
Chi è colui che, da ignorante, può oscurare il tuo piano?
Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo.
Ascoltami e io parlerò, io t’interrogherò e tu mi istruirai!
Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto.
Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere".
(Giobbe, cap 42)