Il libro di Simonetta Scandivisci “I figli che non voglio” (Mondadori, 2022) apre un dibattito aperto, molto rispettoso di altre opinioni a cui lascia ricco spazio nel suo libro.
E’ sicuramente una delle riflessioni centrali del movimento femminista, quindi del nostro oggi che coinvolge oltre il 50% degli abitanti di questo pianeta.
Ma è anche una riflessione presente ieri (e forse anche oggi), quando uomini e donne trovavano e trovano il proprio senso del vivere in valori “senza figliolanza”.
Ripropongo alcuni passi, che ho evidenziato in lettura e che reputo riassumano questo brillante testo.
- Prima i figli ci uscivano dal corpo, così senza pensarci, ora siamo diventate come Giove, che ha fatto nascere Minerva dalla testa. Il “sì” e il “no” restano ovviamente una scelta del tutto personale, in barba a cosa dice l’Istat.
…Pensavo a Bridget Jones quando diceva che una donna incinta, in fondo, è una costretta a confessare a tutti di aver appena fatto sesso (sento molto mio questo stralunato pudore britannico).
- Se da una parte risuonavano le parole di mia madre e il terrore che avevano scatenato: “Se non fai figli, arrivi a una certa età in cui la vita inizia a sembrarti vuota”; dall’altra scoppiettava come legna nella notte l’idea di poter scegliere, fino a quel momento sconosciuta.
- Com’era una vita senza figli? Poteva davvero essere un’opzione decisa per e da sé, e non una serie di sfortunati eventi che sfociavano poi nella condizione di zitella?
E dov’erano queste felici donne senza figli?
- In Italia non si fanno più figli, dove andrà a finire la nostra civiltà, ma soprattutto: chi pagherà le nostre pensioni? Ma che senso ha insistere a credere che l’unico modo per tenere in piedi il sistema sia procreare, anche laddove le donne – per la precisione una minoranza di donne quantificata dall’Istat nel 5 per cento – pur essendo nelle condizioni di fare figli, non li vuole?
- In ogni caso la scelta “figlio o non figlio?” è fatta da un cervello che non sarà più il nostro una volta che la risposta sia stata “sì”.
Come le neuroscienze hanno da decenni dimostrato, la materia grigia si modifica fisicamente con la gravidanza e quel “sì” e quel “no” al figlio è una scelta sempre irrazionale dato che, qualunque criterio usato, sarà concepito da un’identità che non esisterà più con la nuova nascita.
Anziché “Voglio avere un figlio?”, occorrerebbe domandarsi: “Voglio partorire un genitore?”
Se una persona si risponde “No, grazie mille” ne ha tutto il diritto – anche perché come specie umana abbiamo ottenuto una recensione a cinque stelle in tema di riproduzione.