Le letture liturgiche odierne capitano a fagiolo in questo momento storico. Oggi che le nazioni tutte sono attraversate da istinti di prepotenza.
La prepotenza di chi si sente forte e pretende diritti inesistenti, mi riferisco alla Russia verso Ucraina o dello stesso Israele verso i palestinesi, da anni relegati in un angolo dall'autentico razzismo di chi sente superiore.
Ma parlo pure di Hamas che manifesta una sua prepotenza, la prepotenza dei deboli, quella fatta di ricatti, di il tirare il sasso ma pretendendo di essere scusati, di nascondersi dietro cavie innocenti usate come scudi umani, come persone inutili.
Ma questa non può essere fede, né da parte del patriarca di Mosca, né da parte della pletora di Iman sparse nei 5 continenti.
Le letture di oggi a noi cristiani insegnano altro.
Ci insegnano che non basta onorare Dio, come dice il salmo. Matteo ci ricorda, invece, che oltre al comandamento “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Esiste un secondo comandamento simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Un comandamento definito simile al primo, cioè "secondo" solo per modo dire.
L’Esodo ne spiega il perché, quando dice “Altrimenti quando griderà verso di me io l’ascolterò, perché io sono pietoso”. E conclude con una minaccia "la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada"
Il concetto di ira di Dio di cui si parla nell'Esodo, è poi ripreso da Paolo. Ma Paolo apre la porta della speranza e della pazienza a chi crede. Una speranza che un nome ben preciso: Gesù. Quel Gesù, che "ci libera dall’ira che viene". Perché ira ci sarà…!