Nel presentare Gesù i Vangeli ci propongono o le fantasiose genealogie ebraiche di Matteo e Luca, o i voli visionari dell'evangelista Giovanni frutto di un pensiero ormai grecizzante. E Marco?
Marco usa il Battista per introdurre Gesù. Ma non dice altro? La mia impressione che Marco dica molto più degli altri tre. M’è parso di leggere un timido tentativo di proporre un parallelo tra due personaggi fondamentali, Mosè e Gesù, ambedue inviati a salvare le pecore sparse di Dio.
Il pensiero m’è sorto per un particolare in comune tra i due episodi: i sandali. I sandali come indice di sacralità. A Mosè viene intimato di togliersi i sandali perché la terra che calpesta è sacra. Il Battista dice che non è degno neppure di sciogliere i suoi calzari.
Poi riflettendo, e magari sforzando un po’ l’interpretazione, ho trovato una specie di linea parallela tra l’inizio del popolo di Israele e il popolo di Gesù.
- Il roseto non è proprio un fiorellino, qualche spina ce l’ha, e Giovanni un po’ ruvido e spigoloso lo era.
- Dio fa sentire la sua voce tramite il Battista e il roseto, voce con cui dà testimonianza di sé e consegna la missione di radunare e liberare il suo popolo, tutto il popolo di Dio, cioè l’umanità intera.
- Mosè è spinto in Egitto mentre Gesù finisce nel deserto.
Mosè libera Israele superando la resistenza egiziana con 10 vittorie.
Gesù di scontri ne vince solo tre:
- i bisogni corporali (fame, sete, salute),
- la schiavizzazione di Dio tramite le catene della sua bontà (liturgie rese formule magiche)
- e, infine, non si presta al capovolgimento dei rapporti interpersonali. Infatti rifiuta il potere fine a se stesso, quello che tramuta l’aiuto all’altro in sfruttamento, in appropriazione.
- Poi il popolo Israelitico inizia una lunga traversata verso una terra promessa, un viaggio incupito da sete, rimpianti, paure, falsi idoli… la storia di ogni vita.
- Mosè non entrerà nella terra promessa, e neanche Gesù vi entra poiché muore prima. La guida nel resto del cammino, il nostro oggi, è affidata ad altri, forse perché il regno di un popolo o di una Chiesa non sono la terra promessa ma solo il proseguo di una lunga strada. Una strada difficile sotto guide non sempre affidabili. Che Dio ce la mandi buona!
Riconosco di aver dato spazio ad con una fantasia poco "esegetica", ma Natale per me è questo. Nessuna fantasia francescana, ma la rinnovata attenzione in una strada che attraversa un deserto infestato da forze non certo amiche e con guide levitiche spesso ipovedenti, ma che ci rammenta che non siamo soli.
Vi auguro un Buon Natale.