Il Prof Remo Bondei così risponde in un'intervista dal titolo "identità personale e coscienza", apparsa su www.caffeeuropa.it. Le trovo parole molto sagge e condivisibili!
Questa è l'idea di Heidegger, che viene anche da Rilke: nella società di massa gli uomini non hanno individualità, non hanno identità personale, in fondo ognuno fa quello che fanno gli altri - “così fan tutti”, per parafrasare Mozart - dunque nell'identità personale della vita inautentica io seguo la maggioranza, evito di pensare a me stesso, di sentirmi un individuo.
Quando però ascolto, se l'ascolto, questa voce di insoddisfazione che viene da me stesso, ho la possibilità di scegliere la mia vita autentica, che si manifesta nell'“essere-per-la-morte”.
Attraverso l'“essere-per-la-morte” prendo coscienza del fatto che il tempo non è scandito dall'orologio, che il mio tempo personale non è - come dire - diviso in parti uguali e omogenee: il mio tempo finirà, il mio tempo è a scadenza e questa scadenza è la morte.
Paradossalmente, quindi, per Heidegger l'individuazione dell'individuo avviene nel momento in cui si distrugge l'individualità. Soltanto se penso alla morte, il tempo che mi rimane da vivere ha senso. E soltanto in questa prospettiva io posso stabilire come piena la mia identità personale, che altrimenti sarebbe, per così dire, annacquata, dispersa o dissolta, come in un “bagno di acido solforico”, dalla vita collettiva, dall'imitare quello che fanno gli altri.
(Reemo Bondei, insegna filosofia alla UCLA di Los Angeles dal 2006, dopo aver a lungo insegnato storia della filosofia ed estetica alla Scuola Normale Superiore e all'Università di Pisa)