Che il Presidente della Repubblica si preoccupi di conservare l'equilibrio tra i poteri dello Stato fa parte delle sue funzioni fondamentali.
Che cerchi di incanalare nell'alveo costituzionale situazioni pericolose per le istituzioni democratiche è comprensibile.
Ma francamente e con tutto il rispetto dovuto ad un Presidente che ha saputo svolgere il suo ruolo in maniera equilibrata e positiva, il primo dei due comunicati, emesso al termine dell'incontro con la delegazione del Pdl sembra rispondere più ad una logica di equidistanza che di equilibrio. E contiene una dose di ambiguità, che ha permesso interpretazioni disparate e sbilanciate delle sue parole.
… la situazione che doveva a fronteggiare non era quella di un conflitto provocato da posizioni assunte dalle due parti, da richiamare entrambe all'ordine e al rispetto della Costituzione. No. Il contesto era quello di una intimidazione al potere giudiziario, più precisamente a giudici che stanno conducendo processi prossimi al giudizio finale, condotta da un folto gruppo di parlamentari che sono penetrati nel palazzo di giustizia di Milano e sono arrivati fino all'aula in cui si sta svolgendo uno di quei processi
… e in questa vicenda c'è un bene supremo da tutelare: l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla giurisdizione, che non può essere inflessibile per i poveri Cristi e di mani larghissime per gli imputati "eccellenti".
E ancora c'è da tutelare lo Stato costituzionale di diritto, che non può consentire a nessuno di dichiarare
- che la magistratura è peggiore della mafia e
- che chi è stato votato dal popolo non deve rispondere dei reati commessi.
di Mauro Volpi, da il manifesto, 15 marzo 2013