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1 aprile 2013 1 01 /04 /aprile /2013 17:37


Italia Libera

Movimento politico

 

 Questo Pdl è imbarazzante: è sull'orlo del baratro e dice no a Napolitano

Pubblicato: 30/03/2013 16:26

 

C'è qualcosa di surreale che sta accadendo nel Pdl, il partito che ha unito il centrodestra italiano. Che va oltre la spregiudicatezza di Berlusconi, buona per un manuale per diventare una sorta di Maddof politico, colui che raccoglie il risparmio di tanti promettendo moneta sonante, per cumulare un patrimonio politico individuale. C'è qualcosa di profondo che va oltre i riti servili di corte, le ambizioni di piccolo potere di chi ha vissuto anni di frustrazione, l'abitudine a battere i tacchi di una ciurma che solo qualche mese fa accarezzava la destituzione del comandante, il necessitato parassitismo di una classe divenuta dirigente solo grazie al fatto che il leader li disprezza umanamente come politici di professione, e sentendosi circondato da un branco di falliti non sa distinguere il fine stratega dal miserabile, adulante e infestante parassita.

C'è che il Pdl è un partito senza vita, obiettivi e speranze. Un partito pavloviano che agisce in base a un unico riflesso condizionato: sottrarre il leader dalla morsa del nemico di sempre: i pm, non i "rossi". E che si dedica al compito solo per sopravvivenza, non più per affermare un principio di civiltà giuridica, non più per "garantire la partecipazione di Berlusconi" alla lotta politica a favore del proprio blocco sociale. Ed è per questo che non si tratta di "impresentabili", ma di "imbarazzanti", di inetti, di "buoni a nulla e dunque capaci di tutto".

Forza Italia prima e il Pdl poi sono nati come una forza liberale di massa, capace di riunire laici e cattolici in un disegno in grado di rispondere a una crisi epocale: la fine della Prima Repubblica. Attraverso una "rivoluzione liberale" che l'Italia non ha mai conosciuto, e che avrebbe dovuto portare alla liberazione dalle tre oppressioni fiscale, burocratica e giudiziaria. Una rivoluzione che con la rottura del sistema economico statalista, corporativo e familistico costruito dal fascismo e perfezionato in piena continuità dalla Repubblica costituisce la catena che strangola la libertà e la crescita.

A partire da metà 2011 Berlusconi - che quella forza politica ha intuito prima ancora che progettato, che ha reso popolari idee di una élite fiere della sua irrilevanza - ha travolto, rottamato, snaturato ogni principio. Nonostante Silvio Berlusconi sia stato sulla poltrona di Presidente del Consiglio più a lungo di tutti dalla nascita della Repubbblica, (terzo soltanto dopo Benito Mussolini e Giovanni Giolitti dall'Unità di Italia ad oggi) l'Italia è la nazione in Occidente con la più elevata pressione fiscale, la maggiore spesa pubblica in rapporto al Pil, il più oppressivo sistema tributario, la burocrazia più irresponsabile e meno efficiente, il più elevato debito pubblico, la peggiore recessione in atto. Contemporaneamente il suo sistema istituzionale è giunto al capolinea e il suo sistema giudiziario, sia penale che civile, sono gironi danteschi che solo l'ipocrisia politica dell'ultracasta dei magistrati può considerare nell'alveo della Convenzione di Ginevra e della Carta Costituzionale.

La mutazione genetica letale è evidente nel rapporto con il Pd. Un tempo chiamato Pci-Pds-Ds-Pd al quale ci si dichiarava "uniti solo dal baratro che ci separa", e con cui oggi si dice di volere un duraturo governo di larghe intese, addirittura guidato da Bersani, lasciando ben intendere che del governo, e delle sorti del Paese, poco importa. E che l'unico vero obiettivo sia - come ha ben scritto Fabio Martini su La Stampa di giovedì - "un Capo dello Stato non ostile e che presiede il Csm, ha il potere di grazia e anche quello di nominare i senatori a vita. Tutte prerogative preziose per un imputato sul quale aleggiano diverse possibili condanne in via definitiva". In altre parole un puro e semplice scambio di potere, privo di prospettiva politica.

Da quasi due anni Silvio Berlusconi ha reciso il legame che univa i suoi interessi di imprenditore e di uomo perseguitato dalla giustizia da quelli del suo blocco sociale ed elettorale. Tra la fine del 2010 e l'estate del 2011 ha imposto più tasse su imprese e consumatori di Romano Prodi e Vincenzo Visco. Cento miliardi di euro in tre anni per raggiungere il pareggio di bilancio un anno prima del necessario e affondare nella recessione almeno un anno più degli altri. Solo la dabbenaggine comunicativa e la boria professorale di Mario Monti hanno consentito a Berlusconi di indicare il Presidente del consiglio in carica come il "premier delle tasse", quando al professore si devono solo, in più di quanto architettato da Tremonti, quattro miliardi di Imu sulla prima casa. Il resto è tutto made in Pdl-Lega.

Ora Berlusconi forte di sei milioni di voti persi invece che di quindici, come sarebbe stato lecito attendersi se qualcuno gli avesse fatto uno straccio di concorrenza nel centrodestra, pensa di poter dettare condizioni sotto la minaccia di una sua possibile vittoria elettorale, così come direbbero alcuni sondaggi.

Sondaggi che nessuno dovrebbe nemmeno leggere, visto che Grillo è stato sottostimato di cinque punti e di altrettanti sovrastimato Bersani. E che la crescita del non voto nella stessa misura non è stato neppure oggetto di attenzione. Errori clamorosi, non statistici. E, in ogni caso, se Berlusconi si trovasse a parti rovesciate con Bersani, sarebbe nella bufera, non avendo altri alleati nel mondo che "l'amico Putin".

Bersani è andato totalmente fuori strada e ha palesemente disatteso il preciso mandato ricevuto da Napolitano. Berlusconi invece punta ad eleggere prima il Capo dello Stato, condizionando a questa scelta la nascita di un eventuale governo. Trascurando forse che per eleggere il Capo dello Stato bastano i voti di Bersani e di Monti. E dunque gli conviene venire a più miti consigli per evitare di mettersi da solo nell'angolo e accelerare il suo possibile tracollo giudiziario

Entrambi evitino di distruggere l'Italia. Per Bersani Grillo è "un fascista". Per Berlusconi "ripete i discorsi di Hitler". Entrambi lo usano uno contro l'altro. E Grillo può permettersi di dire - non senza qualche buona ragione - che questi leader sono più un "caso da psichiatria che della politica". Elezioni a breve e con questa legge elettorale rischiano di dare la maggioranza assoluta del Parlamento a Grillo e Casaleggio.

Goldman Sachs ha affermato che Grillo è il principale pericolo per l'Europa. Qualche giorno fa lo aveva scritto Der Spiegel. Altrettanto lucide sono state le parole di Piero Ostellino sul Corriere della Sera di qualche giorno fa. La sera dopo le elezioni lo storico Giordano Bruno Guerri ha paragonato queste elezioni a quelle del Primo dopoguerra, quando socialisti, popolari e liberali non si allearono tra loro per arginare il fascismo appena approdato in Parlamento, paragonando i giovani fascisti di allora con i giovani grillini di oggi.

Occorsero tre anni - dal 1919 al 1922 - a Mussolini per conquistare il potere grazie all'inettitudine dei leader politici di allora. La Storia è maestra, ma noi siamo pessimi allievi. Si eviti che bastino soli sei mesi perché la tragedia si ripeta non in farsa, ma in disastro. Giorgio Napolitano sembra essere ancora l'unico che si sia reso conto del pericolo. Si operi sotto la sua dettatura, non lo si costringa a gettare la spugna

(di Giorgio Stracquadanio)

 

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