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4 ottobre 2011 2 04 /10 /ottobre /2011 08:41

Sulla speranza si scrive poco. Si parla tanto di amore, di fede ma poco di speranza.

 

Ogni tanto mi capitava di rifletterci e quasi invidiavo i Maomettani. Per loro l'attesa del paradiso pareggia l'istinto a vivere. E' tramite l'idea del paradiso che molti giovani vengono convinti al suicidio, nel sottile gioco che trasforma la politica in religione e la religione in politica e la vita in attesa. Ma non avevo una soluzione, convincente per me, alla domanda: per noi che ci diciamo cristiani, cos'è la speranza?

 

Poi ho ascoltato un libro, anonimo e pieno di luoghi comuni, che ha incrinato le mie radicate convinzioni sulla speranza. Infatti, per sostenere le proprie tesi molto new-age, trasportava la speranza nel presente, ne faceva attesa di qualcosa nel presente e non proiezione verso un futuro solo creduto.

 

Ho consultato molti testi, dai documenti del Vaticano II, al catechismo della chiesa cattolica, a ricerche su internet. Mi ci è voluto del tempo ma infine sono arrivato ad un mio punto di messa a fuoco, a un'idea presente solo in nuce nel Vaticano II e nel catechismo. Non pretendo che sia la verità, son però certo che sbagliata non è, altrimenti perché pregare?

 

Per definire la speranza questo è il miglior esempio che sono riuscito a trovarmi: "il malato che sta in ospedale ha come bisogno primario la speranza di guarire, poi sogna pure le cose che avrebbe piacere o speranza di fare dopo, quando torna a casa guarito."  Cioè ho rilevato che nella speranza ci sono due valenze:

Una riguarda il presente, e i Vangeli ce lo ricordano di continuo con il loro "niente è impossibile a Dio". Il "salto ontologico", da semplici uomini a figli adottivi di Dio grazie alla croce e al dono dello Spirito Santo (Simon Mago ci aveva visto giusto), è la prima speranza del Cristiano.

Ricevere il dono del "salto ontologico", tornare in salute dopo il peccato originale con le sue conseguenze, cioè rientrare in amicizia con Dio fino ad essere adottati da Lui è la prima speranza.

La seconda riguarda il dopo, un dopo che arriverà naturale, e allora non ci sarà più dono ma giudizio, saremo giudicati. Il salto ontologico si fa prima, in vita. E non è nelle nostre capacità, ma nel Suo aiuto, un aiuto in cui speriamo per cui preghiamo.

 

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  • : Blog di Piero Azzena
  • : Questo blog è solo la mia voce, resa libera dall'età. Questo blog è un memo, seppur disinvolto nei tempi e nei modi, dove chioso su argomenti la cui unica caratteristica è l'aver attirato la mia attenzione. Temi esposti man mano che si presentano, senza cura di organicità o apprensione per possibili contraddizioni. Temi portati a nudo, liberi da incrostazioni , franchi e leali.
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