Le acque di oggi dove viaggia chi crede
Ci sono libri che ti segnano più di altri. Uno di questi è stato per me il libro di Carlo Rovelli il cui titolo è già un programma: “La realtà non è come appare” (cortina editore, 2014).
In questo libro Rovelli racconta l’avventura della scienza da Galileo ai nostri giorni. Racconta il continuo susseguirsi di soluzione a problemi ereditati e dei problemi in lascito a chi seguiva. Il tutto prendeva il via da una tecnica nuova, il cannocchiale. L’umanità aveva percepito che per capire il mondo non bastava pensare dedurre, occorreva aiutarsi con strumenti. Fu un matrimonio, scienza e tecnica s’erano incontrate e sposate e filiavano. La tecnica andava così a sostituirsi al pensiero senza confronto, era nato il pensiero scientifico che pretendeva dalle sue asserzioni la ripetitività. Era la tecnica che inveritava la parola.
Mentre nel Medioevo ciò che noi chiamiamo ora il significato simbolico di una cosa costituiva in qualche modo la sua realtà primaria, l’aspetto della realtà si modificò nella direzione di ciò che possiamo percepire con i nostri sensi. Reale soprattutto divenne ciò che possiamo vedere e toccare. E questo nuovo concetto di realtà potrebbe venire connesso a un nuovo tipo di attività: noi possiamo fare degli esperimenti e vedere come le cose stanno realmente.
[...] In questa controversia i rappresentanti della scienza naturale potevano mettere in rilievo che l’esperienza presenta una verità indiscutibile, che non può essere rimesso ad alcuna autorità umana il decidere su quanto accade realmente in natura, e che una decisione del genere è presa dalla natura e, in questo senso, da Dio. I rappresentanti della religione tradizionale, d’altra parte, potevano controbattere che con il prestare attenzione al mondo materiale, a ciò che percepiamo con i nostri sensi, perdiamo il contatto con i valori essenziali della vita umana, cioè proprio con quella parte della realtà che è al di là del mondo materiale. Sono due argomenti che non s’incontrano e perciò il problema non poteva venire risolto con alcun genere di accordo o di decisione.
[...] Nello stesso tempo l’atteggiamento umano verso la natura si mutò da contemplativo in pragmatico. Non tanto ci si interessava alla natura come essa è, quanto ci si chiedeva piuttosto che cosa se ne potesse fare. Per questo la scienza naturale si trasformò in scienza tecnica; ogni progresso conoscitivo veniva legato al problema circa l’uso pratico che se ne poteva fare.
(Werner Heisenberg, Fisica e filosofia, Saggiatore, 2018)
Guarda una fotografia satellitare della Terra di notte per dare un’occhiata a questo organismo molto grande.
I brillanti grappoli di luci palpitanti delle città tracciano schemi organici sul terreno scuro. I contorni dei centri urbani sfumano gradualmente a formare autostrade lunghe, sottili e illuminate che collegano altri grappoli di città lontane. I percorsi delle luci verso l’esterno sono dendritici, simili ad alberi.
L’immagine è profondamente familiare. Le città sono i gangli delle cellule nervose. Le autostrade illuminate sono gli assoni dei nervi che raggiungono una connessione sinaptica. Le città sono i neuroni dell’Holos. Viviamo dentro questa cosa.
(dal libro di K.Kelly, l’inevitabile)
[…] Mentre tradizionalmente il grandioso piano cosmico dava un senso alla vita degli umani, l’umanesimo capovolge i ruoli e prevede che le esperienze degli umani diano un senso al cosmo. Secondo questo sistema di valori, gli uomini devono ricavare dalle loro esperienze interiori il significato non solo delle loro vite, ma anche dell’intero universo.
Questo è il principale comandamento che l’umanesimo ci ha lasciato: dare un senso a un mondo che un senso non ha. Di conseguenza la rivoluzione religiosa fondamentale della modernità non è stata smarrire la fede in Dio, bensì accrescere la fede nell’umanità.
[…] La religione umanista adora l’umanità e prevede che essa ricopra il ruolo che Dio interpretava nel cristianesimo e nell’islam, e che le leggi di natura hanno interpretato nel buddhismo e nel taoismo.
[…] Mentre tradizionalmente il grandioso piano cosmico dava un senso alla vita degli umani, l’umanesimo capovolge i ruoli e prevede che le esperienze degli umani diano un senso al cosmo. Secondo questo sistema di valori, gli uomini devono ricavare dalle loro esperienze interiori il significato non solo delle loro vite, ma anche dell’intero universo.
Questo è il principale comandamento che l’umanesimo ci ha lasciato: dare un senso a un mondo che un senso non ha. Di conseguenza la rivoluzione religiosa fondamentale della modernità non è stata smarrire la fede in Dio, bensì accrescere la fede nell’umanità.
(da "homo deus" di Y.N.Harari)
Non possiamo guardare le stelle come una volta, perché sappiamo che sono sassi invivibili, non c’è un sopra e un sotto, non esiste un tempo uguale per tutti, non esiste il pieno e il vuoto, non c’è solo il percepibile ma anche gli algoritmi e i cellulari e le posizioni sulle mappe, molta salute sta nella chimica e negli ospedali, esiste l’enormemente grande ma anche l’enormemente piccolo. Tutto è diverso da come sembrava e sembra. Questo è il cambiamento L’uomo moderna è questo. È qui che vivo.
Ma la religione e il suo Dio? Cosa significa credere? Credo che alla fede resti un solo testimone: la morte. La morte è l’unica realtà certa e che rende impotente il potente.
Pertanto sto rivisitando e cercando tra le "rivelazioni", quelle del primo secolo (i testi sacri) e quelle rielaborate dai Padri (la tradizione). E poiché Dio non ha scritto niente, ma si è limitato a servirsi della penna e cervello di scuole di pensiero del periodo, sono ripartito da Cullmann per gli influssi ellenici e da Adriana Destro e Mauro Pesce per l'analisi della formazione dei testi sacri (gli influssi ebraici).
Questo lo faccio solo perché convinto che meriti il mio tempo e la mia attenzione. Non penso ci sia niente di più importante.