Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
12 marzo 2019 2 12 /03 /marzo /2019 11:18

Oggi mi è capitato di leggere su "Lettera43" un articolo di Francesco Peloso (giornalista specializzato sul Vaticano e la Chiesa), dal significativo titolo: "Il papa condanna il clericalismo ma i laici restano in silenzio".

 

Non saprei dirvi se quanto sostiene Francesco Peloso, del cui articolo riporto i passi più significativi, corrisponda a verità o quale doveva essere una plausibile manifestazione di difesa o di disgusto del “popolo” cristiano, certo il giornalista ha posto il dito su una piaga irrisolta quando scrive:

 

"Il mondo associativo cattolico non si è fatto sentire né dopo il summit sugli abusi né davanti alle riforme del papa. Come se gli scandali del Vaticano e i problemi della Chiesa fossero solo una questione interna al clero”.

[...] Con l‘eccezione comunque significativa di alcune testate cattoliche [...] è mancata la voce degli intellettuali cattolici (con qualche eccezione), dei leader o di esponenti laici delle associazioni grandi e piccole.

  • L’Azione Cattolica, pur numericamente ancora rilevante, sembra ormai un gigante addormentato, chiusa in un letargo che dura da troppi anni.
  • I movimenti neocatecumenali hanno taciuto,
  • la Comunità di Sant’Egidio, i focolarini, l’Opus Dei non sono pervenuti,
  • così come non si è udita la voce dei laici impegnati nelle organizzazioni che si occupano di migranti, solidarietà, assistenza sociale.

Tutti assistono a quello che avviene sul grande palcoscenico vaticano confondendosi fra gli spettatori, come la cosa, in definitiva, non li toccasse da vicino.

 

Il caso qui rilevato è emblematico. I due mondi che compongono la Chiesa, la tribù di Levi e il popolo delle altre 11 tribù, mostrano tutta la loro viscerale idiosincrasia. Due mondi che né si toccano né si parlano, solo formalità o annessioni servili. Nel concreto solo esistenze separate. I perché li conosco, o almeno ne conosco tanti, eppure continuo a chiedermi “perché”?   

 

Condividi post
Repost0
26 novembre 2018 1 26 /11 /novembre /2018 06:35

Per la cultura giudaico-cristiana la natura è il prodotto della volontà di Dio che l’ha creata, per cui, come tutti i prodotti di una volontà, la natura ha determinate caratteristiche, ma avrebbe potuto averne anche altre, differenti. Non solo, la natura prodotta dalla volontà di Dio viene poi consegnata agli uomini perché possano trarne sostentamento e su di essa possano esercitare il loro potere. Dio, infatti, affida ad Adamo il dominio sugli animali della terra, sui pesci dell’acqua e sui volatili del cielo. Quindi la natura è concepita come il prodotto della volontà di Dio consegnato al dominio dell’uomo.

 

Nel mondo greco tutto ciò è inconcepibile, perché, per i Greci, la natura è quel Tutto immutabile governato da una categoria potentissima: la necessità (anánke). Come ci ricorda Eraclito, le leggi della natura non possono subire alcuna modificazione, perché “questo cosmo che nessun Dio e nessun uomo fece, sempre è stato, sempre è, e sempre sarà: immutabile”

Secondo la mentalità greca gli uomini devono contemplare la natura e cercare di catturarne le costanti. Sulla base di queste costanti devono costruire l’ordine della città e l’ordine dell’anima. La natura è dunque l’orizzonte di riferimento sia per la politica sia per il buon governo dell’anima, oggi di competenza della psicologia

 

Quindi tutti coloro che pensano che i Greci, e in particolare Platone, siano anticipatori della cultura cristiana, o non hanno capito i Greci o non hanno capito il cristianesimo. C’è un abisso tra i due scenari.

 

Se ora passiamo dal mondo greco alla vigilia dell’epoca moderna, quando ancora si coltivavano i campi esattamente come al tempo dei Greci, constatiamo che, dal punto di vista tecnico, non sono intervenute grosse novità. Nonostante l’architettura e l’idraulica romana, si continuavano a sfruttare le pendenze naturali e le risorse energetiche che la natura offriva. Anche in medicina, il farmaco non era considerato l’elemento che guariva, ma piuttosto ciò che assecondava la natura nel processo di guarigione. Insomma, permaneva l’antico primato della natura.

 

Nel 1600, fa la sua comparsa quello sguardo assolutamente nuovo inaugurato dalla scienza moderna. I nomi di riferimento sono Bacone, Galileo, Cartesio, per i quali non bisogna più procedere come i Greci, che si limitavano a contemplare la natura nel tentativo di catturarne le leggi. Occorre, dicono costoro, un’operazione inversa: formuliamo delle ipotesi sulla natura, sottoponiamo la natura a esperimento e, se la natura conferma l’esperimento, assumiamo le nostre ipotesi come leggi di natura.

 

Questo è il metodo scientifico, il fondamento della cosiddetta scienza moderna.

 

(Umberto Galimberti, I MITI DEL NOSTRO TEMPO, Feltrinelli, Milano, 2012)    

Condividi post
Repost0
12 novembre 2018 1 12 /11 /novembre /2018 06:22

Nel febbraio del 1963 Paul Tillich tenne in California una serie di lezioni sull’incidenza del cristianesimo nel mondo di oggi. Lezioni pubblicate postume nel 1996 in un volumetto da cinquanta pagine titolato “L’irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano per l’umanità oggi” (edito in Italia due anni dopo dalla Queriniana).

 

Tillich è un uomo di fede che cerca di capire perché il suo pensiero di cristiano continui a perdere mordente e, quindi, si chiede perché la sua fede diventi irrilevante nella società in cui respira.

 

Nonostante siano trascorsi oltre 50 anni, trovo che le cause individuate siano ancora valide.

 

  1. Il linguaggio

 

 La potenza originaria dei grandi simboli cristiani è andata perduta.

 

Essi hanno perso i l potere di trafiggere l'anima: di rendere inquieti, ansiosi, disperati, gioiosi, estatici, recettivi nei confronti del significato. In origine essi rispondevano a delle domande. Ora sono delle pietre d'inciampo che è necessario credere per tradizione e autorità. L'impossibilità della persona moderna di comprendere il linguaggio della tradizione riguarda quasi tutti i simboli cristiani..

 

Ad aggravare il problema è la confusione fra fede e credenza.

  • La fede è lo stato consistente nell'essere afferrati da qualcosa che ha un significato supremo, e nell'agire e pensare in base ad esso come persona dotata di un centro.
  • Le credenze sono opinioni che si ritengono vere, che possono essere o meno realmente tali. Noi abbiamo continuamente bisogno di credenze nelle faccende pratiche. Ma esse non sono mai questione di vita o di morte.

 

Una delle cose peggiori che rendono irrilevante il messaggio cristiano è identificare la fede con la credenza in certe dottrine. Particolarmente grave è la richiesta di credere l'incredibile. Dobbiamo affermare chiaramente che 'fede' è l'essere afferrati da una potenza che ci interessa in maniera suprema, e che 'credenza' non è l'essere certi, ma l'accettare qualcosa di preliminare. 

 

 

  1. Il contenuto.

 

Gli insegnamenti di Gesù vengono presentati come incentrati sui suoi comandamenti morali e come conferma di questi ultimi. Hanno perso l'essenza di ciò che il vangelo originariamente significava: la 'buona notizia' della presenza di una nuova realtà che dà prima di domandare, che accetta prima di trasformare.

 

Più in generale, la mancanza, nella predicazione odierna, di un contenuto caratteristicamente religioso tende a trasformare quella che i l Nuovo Testamento chiama l'assemblea di Dio (ecclesia) in un club di attività sociali.

 

Alcune di queste attività sono degne di essere perseguite, altre del tutto superflue. In ogni caso il ministro, in quanto direttore di queste attività, ha poco tempo per lo studio e la preparazione del sermone - o per offrire consulenza psicologica agli innumerevoli individui del nostro tempo che si trovano in difficoltà. Questi vanno dall'analista laico o non vanno da nessuno.

 

Di quando in quando, viene fuori la questione della rilevanza, e ci si domanda se le attività del club non potrebbero essere promosse da un qualunque gruppo etico. Perché tenersi la chiesa, se questo è tutto quello che essa fa?

 

 

  1. L'atteggiamento tradizionalistico

 

Il terzo esempio di irrilevanza è particolarmente importante. E’ l'atteggiamento tradizionalistico verso la tradizione cristiana che trova ampia accoglienza fra laici e ministri. La tradizione è buona. Il tradizionalismo è cattivo.

 

Una conseguenza fatale del tradizionalismo è l'elusione di questioni assai serie. Sembra che le conferenze ministeriali tendano ad evitare i problemi teologici basilari. In un tempo in cui vengono attaccati tutti gli elementi fondamentali del cristianesimo, tale atteggiamento acuisce fortemente l'irrilevanza.  L'atteggiamento tradizionalistico nei confronti della tradizione impedisce di andare in cerca del significato vivente dei suoi elementi. Questi sono dati per scontati e non vengono più messi in discussione.

 

E poi particolarmente penoso quando avviene che gli insegnanti della scuola di catechismo, che sanno destare l'interesse degli allievi - accade, talvolta! - perché affrontano interrogativi che occupano le menti dei ragazzi, vanno incontro alle accuse dei genitori o addirittura al licenziamento, mentre sono al sicuro quelli che controbattono a tali interrogativi con un «dovete credere». Poche cose hanno contribuito all'irrilevanza del cristianesimo quanto la scuola di catechismo.

 

Una cosa che favorisce ed incoraggia il tradizionalismo è l'attesa, da parte di molti laici, che le chiese debbano essere un caposaldo del conformismo e in generale del conservatorismo. Essi dimenticano che un tempo esistevano i profeti di Israele, e che nell'intera storia del cristianesimo - per non dire di Gesù e degli apostoli - sono stati proprio i riformatori rivoluzionari ad effettuare continuamente i passi determinanti nello sviluppo delle chiese. A molti le controversie sui fondamenti paiono indebolire le basi che ci sorreggono.

 

 

  1.  La personalità dei ministri e del praticante tipico.

 

Ciò di cui la chiesa ha bisogno in ogni epoca (e che ha posseduto in gran parte della sua storia) è una leadership esercitata dalle persone più forti, più dinamiche e coraggiose - da coloro in cui ad un'alta vitalità fa da contrappeso una profonda spiritualità. Tale è i l leader ideale della chiesa, laico o sacerdote.

 

Oggi una tale leadership è rara, perché i più forti vanno a finire nelle funzioni creative della cultura, dove scorgono le occasioni migliori.

 

Vi è, naturalmente, una 'sacra debolezza' di cui Paolo dice: «Dove sono debole, è allora che sono forte». Ma questa debolezza, come lo stesso Paolo dimostra in ogni parola e in ogni istante della sua vita, non ha nulla a che spartire con la debolezza di vitalità e la mancanza di forza creativa. Se mi si dice che nella chiesa è necessario l'ascetismo, e forse il sacrificio della vitalità, rispondo: «L'ascetismo è prezioso soltanto se non è il risultato di un'incapacità naturale o indotta ad affermare la vita - soltanto se è il sacrificio di qualcosa di realmente forte che è presente». Se la religione è sospinta in un angolo emozionale dove non ha alcun impatto sul pensiero e sull'azione, è destinata a scomparire.

 

 

  1. L’interesse e la passione.

 

Fu Hegel a dire che senza interesse e passione non avviene nulla di grande nella storia. Ho in mente la scarsa quantità di interesse e di passione che la nostra società investe nel cristianesimo, a paragone di quanto va a finire nelle attività di altre sfere della cultura.

 

Il paragone è assai penoso. La scienza, le tecniche dell'esplorazione spaziale, la questione politica dell'Est e dell'Ovest e la sopravvivenza sono oggetto di enorme passione ed interesse. Si possono citare anche il conflitto delle ideologie, il problema della sovrappopolazione, la vittoria sulle maggiori malattie, la competizione fra le scuole psicanalitiche, lo sviluppo delle università laiche, il teatro, il romanzo, tutte le arti, la stessa filosofia se si occupa di questioni rilevanti.

 

Tutti gli occhi sono puntati su queste cose. Pochissimi sono puntati sulle chiese - se non quando celebrano tragici e ridicoli processi di eresia od esprimono una consapevolezza della loro irrilevanza come al concilio Vaticano II.

 

 [Riassunto liberamente tratto dal volume sopra citato]

 

Condividi post
Repost0
23 ottobre 2018 2 23 /10 /ottobre /2018 17:51

A questa domanda, lo scrittore Wolfgang Koeppen, nel corso di un’intervista ha così risposto:

 

La domanda circa il mio rapporto con Dio, da principio mi ha spaventato; mi ha spaventato quando ho incominciato a riflettere su di essa.  A bruciapelo avrei risposto: «Buono». Ma dopo un po’ di riflessione devo dire: «Non so».

 

Si può in generale “essere in rapporto con Dio”?

Se entro in rapporto con Dio come con una persona, con la quale si può stare bene o male, evidentemente credo all’esistenza di questa persona, credo in Dio, e se credo in Dio, la sua grandezza è così diversa dalla mia piccolezza che posso dire soltanto: «Sono una sua creatura». Se credo in Dio! Ebbene, ci credo.

Un’esperienza vissuta di Dio, invece, una rivelazione, come quella ricevuta da Pascal e fissata nel famoso Memoriale del 1654: «Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti», una tale rivelazione non mi è stata concessa. Dio non ha bruciato in me.

 

Suonerà forse blasfemo all’orecchio dei credenti ortodossi, ma se voglio essere onesto devo dire che il mio rapporto con Dio è cordiale. Ho ricevuto da lui qualche grazia, mi ha assistito nel bisogno e nel pericolo, per parte mia l’ho ringraziato con i pensieri, non con le preghiere, l’ho ringraziato nelle ore più impensate, qua e là, per strada tra la folla, a volte nella sua casa. Sono stato battezzato e cresimato nella Chiesa protestante, ma attualmente non ho un vero rapporto con la comunità. Non frequento il servizio religioso, non sento il bisogno di ascoltare la predica, non sento la mancanza del pastore e non ho bisogno di un mediatore.

 

Il mio colloquio con Dio è intimo. A volte apro la porta di una chiesa cattolica, a qualsiasi ora, fiuto un po’ l’incenso dell’ultima messa, mi godo il bell’ambiente e penso con piacere al Creatore. Egli tuttavia non è il Dio di Pascal, il «Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti», comunque gli parlo cordialmente, e anche lui, penso, parla cordialmente a me. I teologi non se la prendano con me. So che EGLI è presente! I negatori coerenti di Dio li ho trovati sempre stupidi. (Veramente gli scettici, come Gide, possono essere molto saggi).

 

Quando credevo al progresso, a esso soltanto, soltanto al piccolo cervello dell’uomo, soltanto ai settant’anni di vita terrena, la scienza era noiosa e girava a vuoto. La nuova fisica (che è per me il fenomeno culturale più importante dei nostri giorni) è invece tornata a vivere di nuovo in pace con Dio. (La bomba atomica non è una protesta contro Dio, anche se forse proviene dal diavolo).

 

Vorrei concludere con Kierkegaard. Egli scrive che i legittimi pastori d’anime delle Chiese sono gente seria. E prosegue: «L’apostolo Paolo non era un uomo serio». Neppure io sono un uomo serio.

 

_____

[Dal libro di Hans Küng,   Dio Esiste? Una risposta per oggi, Fazi Editore, Roma 2012] 

 

Condividi post
Repost0
7 luglio 2018 6 07 /07 /luglio /2018 05:50

Non è un periodo facile per un pensiero autenticamente laico!  

 

Scrive Massimo Gramellini sul Corriere della Sera del 7 Jul 2018:

 

Non è un periodo facile.

  • E se dici che le paure degli italiani vanno comprese, i comunisti col Rolex ti danno del salvinista.
  • E se non fai la ola per i respingimenti «disumanitari», i salvinisti ti danno del comunista col Rolex. (In entrambi i casi, nessuno ti dà mai un Rolex).
  • Se sbeffeggi il potente di turno, sei arrogante e paternalista.
  • Se ti commuovi per un gesto di cuore, sei retorico e buonista.
  • Se poi ti azzardi a far funzionare il cervello (per fortuna non è il mio caso), diventi prevedibile e noioso.
  • Internet peggiora la situazione, perché l’assenza di contatto esaspera gli insulti che davanti a un bicchiere di vino si trasformerebbero in pacche sulle spalle.
  • Ma anche per strada si avverte una dose atomica di aggressività e una mancanza sconfortante di curiosità per le opinioni degli altri.

 

Ormai si può solo essere pro o contro qualsiasi cosa — dai migranti ai vaccini ai vegani — e chi non si schiera a prescindere è complice del nemico.

Condividi post
Repost0
20 aprile 2018 5 20 /04 /aprile /2018 10:04

 

«In quest’epoca, nella quale le persone sono così indaffarate da non avere tempo sufficiente per ascoltare la voce di Dio», ha spiegato il Pontefice, i monasteri e i conventi benedettini rappresentano «oasi, dove uomini e donne di ogni età, provenienza, cultura e religione possono scoprire la bellezza del silenzio e ritrovare sé stessi, in armonia con il creato, consentendo a Dio di ristabilire un giusto ordine nella loro vita». 
 (Osservatopre Romano del 19.4.18 - Udienza del Pontefice alla confederazione benedettina)

Condividi post
Repost0
2 aprile 2018 1 02 /04 /aprile /2018 05:13

Quando questa mattina ho letto queste righe provenienti dal SAS Forum Milano 2015, ho pensato al voto e al concetto di povertà nei conventi, al tenore di vita dei religiosi.

 

Fate attenzione un attimo perché qua il mondo ci sta cambiando sotto i piedi e se non cambiamo anche noi il mondo ci lascia indietro eh.

  • Per capirci, airbnb è il più grande "albergatore" del mondo e non possiede nemmeno una stanza.
  • Uber è il più grande servizio taxi al mondo e non possiede nemmeno un'auto.
  • Ali Baba è il più grande negozio del pianeta e non possiede un metro di magazzino.

Mi pare evidente che il possedere le cose, gli oggetti, stia diventando sempre più inutile....il possesso è da Perdenti.

 

Tutto è iniziato con la musica, online, in streaming e con il Car sharing e con tutto quello che è non più possesso ma accesso.

  • A cosa serve avere una macchina quando posso usare una macchina?
  • A cosa serve possedere un libro quando posso leggere un libro?
  • A cosa serve possedere un cd quando posso ascoltare la musica?

[...]  Forse è il caso di capire che l'epoca del possesso è finita e inizia l'epoca dell'accesso.

Rudy Bandiera,  22 aprile 2015

 

Completo la mia citazione con una delle conclusione dell'intervento, una frase che spiega il decadere di tante abbazie e ordini monacali lungo i secoli:

[...] se è verissimo che se qualcuno si fa dare un passaggio in macchina qualcun altro la macchina la deve avere.

 

 

Condividi post
Repost0
4 febbraio 2018 7 04 /02 /febbraio /2018 17:36

 

 

"Ciò che hai ereditato dai padri riconquistalo,

se vuoi possederlo davvero"

Questa frase si trova nel Faust di W. Goethe (ed è citata spesso da Sigmund Freud).

 

 

Commento letterario

Faust è l'opera più famosa di Goethe ed era anche l'opera della sua vita: dai primi frammenti al termine della seconda parte dell'opera passarono 60 anni, in cui si susseguono varie versioni.

Faust è uno scienziato, insoddisfatto dei limiti del sapere umano che vende l'anima al diavolo per avere in cambio tutto quello che vuole, amore, gioventù e conoscenza dei segreti della vita.

Ma Goethe non vede in Faust il grande peccatore come lo voleva la tradizione popolare, per lui la volontà di Faust di sapere, di andare oltre è positiva e così alla fine Dio salva l'anima di Faust.

Il Faust di Goethe rappresenta l'umanità, la sua insofferenza dei limiti della coscienza e il tentativo di superarli è per Goethe "il più nobile delle aspirazioni dell'uomo" (commento di autore sconosciuto)

 

Commento di uno psicanalista

La psicoanalisi insegna che l'eredità che più conta non è fatta tanto di beni, di geni, di rendite o di patrimoni. Essa concerne le parole, i gesti, gli atti e la memoria di chi ci ha preceduti. Riguarda il modo in cui quello che abbiamo ricevuto viene interiorizzato e trasformato dal soggetto.

Nell'ereditare non si tratta dunque di un movimento semplicemente acquisitivo, passivo, come quello di ricevere una donazione. I nostri figli ereditano ciò che hanno respirato nelle loro famiglie e nel mondo e che hanno fatto proprio. La più autentica eredità consiste di come abbiamo fatto tesoro delle testimonianze che abbiamo potuto riconoscere dai nostri avi.   (Massimo Recalcati,  la Repubblica.it, 13/09/2013)

 

Commento libero

Non basta l'obbedienza supina alla dottrina della Chiesa, per cui si finisce per non sapere di cosa si sta parlando, cioè se raccontiamo fatti storici o miti, se trasmettiamo dottrine o credenze.

Bisogna cioè tornare alle origini. Bisogna riaffrontare i nodi della nostra fede: di quando e di come si è configurata.

  • Va capito il periodo assiale quello del sesto-quinto secolo avanti cristo, quando si formarono le grandi religioni attuali, bibbia compresa per la penna dei grandi profeti e delle loro scuole.
  • Va capito il resoconto dei primi discepoli (Vangeli e lettere) sull'insegnamento di Gesù, un insegnamento trasmesso in una lingua non loro, con immagini di uomini illetterati del primo secolo.
  • Va capito il terzo-quarto secolo dopo cristo, quando furono innestate idee greco-latine in una setta giudaica sotto la guida di un potere per altri motivi interessato. E' allora che i Padri hanno configurato la Chiesa di oggi.
  • Va capito cosa successe dopo il 1500 quando, a partire da Galileo, scompare il cielo, e la terra diviene prima tonda poi sempre più piccola, fino a diventare un sassolino in mezzo a miliardi di pianeti stelle galassie, e quando Lutero con tanti altri iniziarono a contestare le verità per autorità.
  • Va capito infine quali sono le rivoluzioni che han sovvertito le nostre società e il nostro sapere. Non c'è stata solo Parigi, ma anche Kant e Nietzsche, Einstein e Freud, l'informatica e la biologia.  E quindi, la relatività, la fisica quantistica, i viaggi interstellari, il concetto di evoluzione delle specie, l'archeologia che analizza il passato, la sociologia e la psicologia, il cinema la televisione e i telefonini, la biologia e la medicina, l'informatica nei suoi addendi più profondi, che vanno dalla modifica del sistema operativo umano (il DNA)  all'intelligenza artificiale.

 

Un unum si va riformando, ma è ancora ben lontano, un unum altro dagli aristotelismi, dalla scolastica e dalle encicliche, uguale ma diverso. Dio c'è, c'è solo da capire dove sta, ora.

 

Stark nel suo libro "la scoperta di Dio" nell'esaminare la cultura come altro fattore causale della nascita della religione asserisce che

"le nuove culture non nascono dal nulla,

e tribù e società non inventano niente.

Le innovazioni sono opera di individui

o al massimo di piccoli gruppi".

 

Che abbian ragione gli Ebrei che attendono da sempre un sempre nuovo Messia, un pensiero libero che parla con autorità? Di certo abbiamo bisogno di veri teologi, cioè di qualche profeta e di meno talari.

 

 

Condividi post
Repost0
15 gennaio 2018 1 15 /01 /gennaio /2018 10:17

Debito. I primi 5000 anni

David Graeber

 

In uno stile colloquiale e diretto, attraverso l'indagine storica, antropologica, filosofica, teologica, Graeber ribalta la versione tradizionale sulle origini dei mercati. Mostra come l'istituzione del debito sia anteriore alla moneta e come da sempre sia oggetto di aspri conflitti sociali: in Mesopotamia i sovrani dovevano periodicamente rimediare con giubilei alla riduzione in schiavitù per debiti di ampie fasce della popolazione, pena la deflagrazione di tutta la società.

 

Da allora, la nozione di debito si è estesa alla religione come cifra delle relazioni morali ("rimetti a noi i nostri debiti") e domina i rapporti umani, definendo libertà e asservimento.

 

Mercati e moneta non sorgono automaticamente dal baratto, come sostengono gli economisti fin dai tempi di Adam Smith, ma vengono creati dagli stati, che tassano i sudditi per finanziare le guerre e pagare i soldati. Gli ultimi 5000 anni di storia hanno visto l'alternarsi di fasi di moneta aurea e moneta creditizia, fino al definitivo abbandono dell'oro come base del sistema monetario internazionale nel 1971.

 

In altre parole: prima della moneta, c'era il debito. Questo libro affronta la questione che è al centro dei dibattiti politici odierni e che sta sconvolgendo gli equilibri dell’intero mondo capitalistico: illustra come il debito abbia determinato la storia dell’umanità e ci spiega qual è il suo ruolo nella crisi globale e nel futuro dell’economia.

 

Graeber esplora infine la crisi attuale, nata dall'abuso di creazione di strumenti finanziari da parte delle grandi banche deregolamentate, e sostiene la superiorità morale di cittadini e stati indebitati rispetto a creditori corrotti e senza scrupoli che vogliono ridurre libertà e democrazia alla misura dello spread sui titoli pubblici.

 

Editore: Il Saggiatore

Anno edizione: 2012

 

Traduttore: L. Larcher, A. Prunetti

Pagine: 521 p., Brossura

EAN: 9788842817970

Condividi post
Repost0

Présentation

  • : Blog di Piero Azzena
  • : Questo blog è solo la mia voce, resa libera dall'età. Questo blog è un memo, seppur disinvolto nei tempi e nei modi, dove chioso su argomenti la cui unica caratteristica è l'aver attirato la mia attenzione. Temi esposti man mano che si presentano, senza cura di organicità o apprensione per possibili contraddizioni. Temi portati a nudo, liberi da incrostazioni , franchi e leali.
  • Contatti