Quando utilizziamo un computer, le sue prestazioni sembrano peggiorare progressivamente. Non si tratta soltanto di un’impressione. Una vecchia versione di Firefox, un web browser, era tristemente nota per le sue “perdite di memoria”: consumava quantità sempre più elevate di memoria a discapito di altri programmi. I bachi nel software, infatti, rallentano molto il sistema. E, in tal caso, conosciamo la soluzione: riavviare (il sistema). Riavviamo il computer, la memoria è cancellata e le prestazioni sono ripristinate, finché i bachi non lo rallentano di nuovo.
La filosofia è un po’ come un computer con una perdita di memoria. Inizia bene, trattando questioni significative e importanti, che interessano a tutti. Poi, con il tempo, il suo percorso di successo rallenta. La filosofia inizia a occuparsi più delle questioni dei filosofi che delle questioni filosofiche, dissipando una dose crescente di attenzione intellettuale per parlare di se stessa con se stessa. Lo scolasticismo, infine, congela il sistema; è l’equivalente della “schermata blu di errore” di Windows. Si dedicano così tante risorse a compiti interni che non è più possibile processare alcun input esterno, e il sistema si arresta. Il mondo potrebbe stare attraversando una rivoluzione, ma il discorso filosofico ne rimarrebbe distaccato e totalmente inconsapevole. È venuto il momento di riavviare il sistema.
[Brano tratto dall’introduzione del libro di Luciano Floridi, Pensare l'infosfera. La filosofia come design concettuale, Cortina ed., 2019]
Riflettevo, dopo aver letto questo incipit del libro, che per esperienza il riavvio del computer m’è familiare, sul resettare la filosofia avrei molte perplessità, ma ne ho molte meno se guardo alle formalità religiose cui partecipo. Credo che vorrei esprimere diversamente la mia religiosità, pertanto sono molte le formalità che resetterei.