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17 gennaio 2024 3 17 /01 /gennaio /2024 11:43

Riflessioni al risveglio

Il pensiero religioso oggi

 

Giorni fa leggevo un articolo su sulla “teologia della liberazione”. Mi ha colpito un passo sul pensiero di Gesù, cioè sulla teologia che lo interpreta, che pretende di sapere cosa abbia rivelato e insegnato. Ma veramente il pensiero di Gesù può essere interpretato in tanti modi?

 

Negli anni Ottanta il teologo Jon Sobrino ha proposto un’interessante formulazione della teologia della liberazione, definita "intellectus amoris", integrando così la classica formulazione della teologia come "intellectus fidei". 

 

«È nostra convinzione che l’avere dato il primato all’intellectus fidei abbia allontanato la teologia dalle sue radici bibliche e l’abbia portata verso l’irrilevanza e l’alienazione storica, con danni per la realtà del mondo della sofferenza e per la stessa teologia. Questo è avvenuto a motivo della separazione che si è generata tra ciò che la rivelazione di Dio è ed esige fondamentalmente (l’amore) e quello di cui si occupa formalmente (spiegazione, approfondimento di verità)». 

 

Allora: la teologia della liberazione, più che una nuova teologia intende essere un nuovo modo di fare teologia. Con questa novità si spezza per la prima volta nella storia del cristianesimo l’orizzonte eurocentrico del pensiero teologico. Quella che fino a ieri si considerava la teologia deve oggi accettare di essere una teologia: la teologia europea, accanto a cui vanno – e andranno – sorgendone altre, che rivendicano il proprio diritto di pensiero e di parola. 

 

Questa consapevolezza del carattere regionale di ogni teologia sostituisce il presunto universalismo della teologia tradizionale con quella universalità effettiva che consiste nell’ampiezza ormai planetaria del dialogo tra le teologie.

(da Breve storia della «teologia della liberazione» di Armido Rizzi)

 

L’ho trovato convincente perché corrisponde a quanto leggevo sulle tendenze ormai presenti negli studi di antropologia culturale.

[…] l’antropologia non può fare propria la categoria delle cose ‘contro natura’, se non come categoria che determinate culture usano per giudicare altre culture o per bollare certi comportamenti. 

[...] Proprio perché non si impiega la categoria del ‘contro natura’ come categoria valutativa, ci si apre la strada all’analisi culturale, ossia l’analisi dei significati, dei presupposti e delle scelte che sono alla base di credenze e di pratiche che, a tutta prima, ci possono sembrare tanto strane da essere catalogate come ‘contro natura’.

[…] A un esame appena un po’ sistematico, si vede assai bene che queste pratiche ‘contro-naturali’ non sono affatto eccezionali, ma sono invece piuttosto la norma nelle diverse configurazioni culturali

[...] In fondo, in quanto ‘costruzione’ ogni cultura si configura come un allontamento più o meno spinto dalle condizioni naturali (siano esse le condizioni dell’organismo umano, siano esse le condizioni degli ambienti naturali); e in questo allontanamento possiamo anche intravedere, con modalità e gradi diversi, elementi di contro-naturalità. Per dirla tutta, ogni cultura non può non essere, in qualche modo e misura, ‘contro-natura’. 

(Francesco Remotti, Contro natura. Una lettera al Papa. Laterza 2010)  

 

Mi son chiesto allora quali siano questi punti base di partenza, quello che solitamente chiamiamo naturale.

 

Per l’occidente son due: 

  • l pensiero greco-latino: Aristotele e Platone, il diritto romano, l’organizzazione sociale.  
  • uno sviluppo religioso “governato” con pugno di ferro (infallibile) e reso naturale da un continuo rinnovarsi di nuclei di Opinion Leader, a partire dagli anacoreti e continuare con conventi di clausura, autentici fari ancora presenti nelle nostre società.

 

Per l’America Latina

  • un retaggio sciamanico amazzonico o di provenienza africana.  
  • una situazione sociale di sfruttamento e di ingiustizia, rinvigorita dal  pensiero Marxista.

 

Parlo dell’america latina ma potrei riferire di situazioni simili in altri continenti, e per le quali  il concetto di più forme di teologie, cioè di religiosità, vanno affrontate e risolte. Non basta un tutti liberi, altrimenti c’è da chiedersi perché Cristo si sia incarnato, visto che si stava bene anche prima.  

 

Il problema è però di attualità perché il pontefice attuale è di estrazione e cultura americo-latina. Questo spiega perché i suoi interventi partano da Cristo ma si sviluppino su due temi alternativi ben precisi, seppur senza configurarsi come obiettivi di marketing. 

  • Il sociale, contro le ingiustizie e le guerre, che erano considerate naturali fino a qualche decennio fa. Gli esempi non mancano. 
  • La conservazione e protezione della Terra in cui viviamo. Una sfacciata invasione di campo su temi cari alla Greta Thumberg. 

 

Però queste tematiche mi spiegano perché ci sia tanta avversione a papa Francesco e non solo a livello di popolino… anzi. Credo ci sia un equilibrio da trovare.

 

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