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7 marzo 2022 1 07 /03 /marzo /2022 05:59

Lungo i fiumi.. 

Salmo 49 (48) 

 

«Lo so chi tu sei, ti ho vista, o morte, sul volto di amici e fratelli: ti ho vista ieratica e lussuriosa dietro il cataletto di papi, ti ho vista sotto le ruote di un camion sull'asfalto delle autostrade (neppure morte, brandelli di morte). Zingara fantasiosa e beffarda, ti ho vista dentro incendi dove alla fine restavano solo dentiere a ridere: e poi silenzio, oh, quel silenzio!

 

E così c'è morte e morte: una multiforme, svariatissima morte. 

Pensate alla morte dell'Epulone: morto anche lui! E alla morte di Lazzaro, per cui la morte era una speranza. Cè dunque una saggezza anche della morte. 

E poi pensate alla grazia di morire; o al contrario: pensate se non ci fosse la morte!... 

 

La grazia di saper morire, di essere degni di morire. Il dono di chiudere, cantando, il lungo giorno, "poiché i miei occhi hanno visto la luce delle genti". 

La grazia di poter dire di fronte al mondo: "Le valigie sono pronte; arrivederci, figlioli". Una morte sempre più rara, è vero, la bella morte all'antica. 

 

Di contro, questa civiltà di morte, questa morte a battaglioni: una morte industrializzata. Una vita che è già morte: morte mangiata nei cibi stessi che mangi, morte salita con te nel Jumbo, morte che appunto con te viaggia sulla stessa auto, divertita a spingerti lei al folle sorpasso (...) 

 

Ritorna pure, mio antico amore o morte, come al tempo assoluto, ai giorni di fuoco della giovinezza! Attraverso i tuoi occhi mi dilettavo a guardare e per lunghe sere conversavamo su ciò che più vale nella mia cella di pensatore solitario (frate o non frate), da questa frontiera sul mondo: tu dalla sedia vuota io dall' altra parte del banco a preparare i giorni per la grande battaglia. 

 

Vieni e siedi ancora ma in amicizia, che ora non ho conti da esigere ne progetti superbi avanzo: ho pagato molto mi pare, ho creduto col sangue, ho consumato le mie scelte costose, la colonna delle entrate è pari forse alla colonna delle uscite, e lo zero è la somma finale: bene è dunque essere raggiunto su questa linea di povertà estrema. 

 

Semmai lasciami i pochi amici rimasti, i pochi che hanno resistito agli urti implacabili, o che sono per i tuoi insindacabili calcoli sopravvissuti: ormai ci muoviamo tra cimitero e deserto, altro non sono queste città.. 

 

Vorrei prevenirti, dispormi all'incontro, dirti un giorno serenamente: eccomi vengo! Riscattare la tua stessa fama, o morte, ora troppo disonorata, certo del sistema il più squallido frutto: non più naturale morte, divino angelo liberatore.

 

Come mio padre vorrei partire, lui che disse «figlio, io non muoio più»; e poi si disse in perfetto latino, lui uomo dei campi, l'offertorio dei morti. 

 

Se a tanto riuscisse la nostra amicizia, sarebbe la miglior battaglia che vinco: per ridarti la tua perduta dignità, o morte». 

 

David Maria Turoldo

 

[Lungo i fiumi... I Salmi. Traduzione poetica e commento (a cura di Gianfranco Ravasi), Cinisello Balsamo, San Paolo Edizioni 2012.] Pubblicato su l'osservatore Romano del 6.2.2022.

 

 

 

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