Cara GEA
Socrate non scrisse niente, lui chiacchierava, Platone non amava scrivere ma scrisse immaginando di parlare, e io ?
Io non sono che uno dei 5.000.000.000 (in numero fa più impressione) di persone in giro per l'universo imbarcato sulla tua astronave, cara GEA, e non sono certo né Socrate né Platone, ma da loro imparo, pertanto cercherò di fare altrettanto.
Con chi parlare? Me lo son chiesto e, dapprima ho pensato a una Beatrice o altra figura simile, poi ho scelto te, GEA.
Ti immaginerò come una donna saggia e matura, come appari nelle decorazioni vasali ateniesi dove venivi ritratta come una donna dall’aspetto matronale che emergeva dalla terra soltanto per metà. Sarai tu la mia musa, la mia confidente, la mia ispiratrice.
In realtà io ti amo, GEA. Tu rappresenti la madre terra in cui per metà affondo, anche se l'altra metà mia punta altrove. Infatti il pensiero della morte, della dipartita, mi fa soffrire solo quando penso a quello che lascio: i colori, i sapori, le forme, i fiori, i tramonti, l'universo apparentemente infinito o il suo piccolo sempre più divisibile. Cioè soffro pensando alla tua assenza, ma spero, spero ci sia dell'altro e lo cerco.
Confidarmi con te, tanto matrona da essere quasi asessuata pur nella tua sensibilità e intuito femminile, sarà come parlare con me stesso. I miei monologhi possono e voglio diventino dialoghi.
Pertanto d'ora in poi, su questo blog, svilupperò il mio pensiero con te. Lo svilupperò in forma di lettere o in forma di dialogo o altro, e sempre a te mi riferirò, a te spiegherò o racconterò.
In fede
Piero