Memo dal web
Bando alla netiquette, chiamiamo con l’unico nome possibile – ricatto – il dare-avere di Berlusconi e del Pdl sulla giustizia. “Pacificazione” e appoggio pieno al governo in cambio di assoluzioni. In caso contrario, se arrivano, come per Mediaset e Ruby delle condanne, minacce di far saltare il tavolo e sopratutto di mettere mano alla riforma della giustizia.
Come la chiamereste voi questa roba qui se non ricatto? Di mezzo, nei momenti dello scontro più duro e come sta avvenendo anche in queste ore, viene tirato di mezzo pure Napolitano, il cui nome è evocato a mezza bocca lasciando intendere che sia l’autore di promesse indicibili al Cavaliere del tipo “tu sostieni il governo, vedrai poi che i giudici ti assolveranno”. Baratto impensabile, soprattutto conoscendo il rigore dell’attuale capo dello Stato.
A Milano i magistrati hanno fatto il loro dovere. I pm hanno indagato senza dire una parola e senza strafare. I giudici hanno emesso una sentenza che motiveranno tra alcuni mesi.
Ma il corso regolare della giustizia è inaccettabile per il Cavaliere e per la sua corte. La rivolta è immediata e inevitabile. Il giorno dopo insistono. Sbandierano la riforma come una sorta di arma letale. Non cambiano mai atteggiamento da vent’anni. Modificare le regole della giustizia non serve, nella loro ottica, per migliorare la macchina, ma per bloccarla, per infilarci dei sassolini che la fermino per sempre.
Per questo il Pdl occhieggia ai referendum dei Radicali sulla separazione delle carriere e sulla responsabilità civile dei giudici. Sono i due temi usati da sempre per intimidire le toghe. Ci hanno provato con l’ordinamento giudiziario dell’ex Guardasigilli leghista Roberto Castelli, ci proveranno di nuovo. Succede lo stesso con l’amnistia, legge di clemenza che nelle mani del Pdl si sporca fino a diventare solo un colpo di spugna.
Purtroppo tutto già tristemente visto. A ogni condanna.
articolo di Liala Milella ,"Il ricatto di Silvio",
da "la reppublica" on line del 28.6.2013