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3 marzo 2025 1 03 /03 /marzo /2025 05:28

Trump, Musk e l’illusione dell’efficienza. Come ti trollo il mondo
da HuffPost Italia il 3-3-2025 (autore non citato)

"Quando sarò presidente, farò terminare la guerra in Ucraina in un solo giorno". "Potremo tagliare almeno 2mila miliardi dal budget federale". Parole rispettivamente di Donald Trump e Elon Musk: con ogni probabilità la coppia più potente della Storia – e anche da soli sarebbero molto ben piazzati. Due personaggi molto diversi, dalle storie molto diverse, ma che nell’ultimo anno hanno scoperto di avere molto da spartire. Una cosa in particolare li accomuna: l’aver costruito la propria fortuna sulla promessa dell’efficienza.
 
Sia Trump che Musk nella loro vita si sono distinti per la capacità di rilanciare sempre, di mettere l’asticella così in alto da non poter essere ignorati, di fingere di avere già ottenuto risultati che invece erano molto lontani dal raggiungere. Nonostante moltissime perdite e fallimenti, nonostante innumerevoli gaffe ed errori, entrambi sono riusciti in qualche modo a guadagnarsi un’immagine di vincenti – cosa che poi, in qualche modo, li ha fatti diventare tali. Ma come è stato possibile?

Gran parte del loro successo è stato dovuto al fatto essere riusciti a far credere di poter rendere le cose più efficienti. Attenzione, non più efficaci: più efficienti. Musk per esempio ha sostenuto di poter lanciare razzi e costruire auto in maniera molto più efficiente della Nasa e delle storiche case automobilistiche. Cosa che è poi effettivamente in buona parte accaduta, ma grazie a ingentissimi aiuti statali, prolungate perdite e diversi costosissimi fallimenti: tutte cose che i suoi concorrenti non si sarebbero mai potuti permettere. Ma questo è passato in secondo piano, perché gli occhi di tutti erano sull’efficienza – o meglio, sulla sua promessa.

Discorso simile si potrebbe fare per Trump sulla questione Ucraina. La parte che fa davvero presa della sua promessa non era e non è la pace, ma il fatto di raggiungerla “in un giorno”. Dal punto di vista degli americani non è così importante cosa succede in Europa orientale: la priorità è risolvere la questione in fretta, meglio se senza variare i rapporti di forza tra Stati Uniti e forze in gioco. Di nuovo, però, è la promessa di Trump di sbattere i pugni sul tavolo e far procedere spediti i negoziati ad attrarre e deviare l’attenzione dai veri risultati (anche per questo, personalmente non credo che Trump perderà consenso dopo il disastro avvenuto alla Casa Bianca con Zelensky).

C’è una parola, fatta propria dalla cultura popolare negli ultimi anni, che descrive piuttosto bene l’atteggiamento di Trump e Musk: “troll” o “trollare” – su questo blog se ne parlava già ben quattro anni fa. Trump lo fa da anni con la politica e i media, Musk con l’imprenditoria e il capitalismo. La strategia è quella di ridicolizzare un attore legittimato, “istituzionale”, mettendo in risalto la sua inefficienza. Questo porta l’attenzione del pubblico su di sé, e anche una certa apertura di credito. A quel punto, quando l’attaccato replica, il tema della conversazione non è più tanto sul “cosa” fa, sul suo ruolo o sulla sua esperienza, ma sul “come”. E il come è sempre molto più opinabile e facile da manipolare.

Forse l’esempio più chiaro di questo modo di agire lo ha dato Musk in questi giorni. La scorsa settimana ha fatto mandare dal suo dipartimento – denominato DOGE: dipartimento per l’efficienza del governo, per l’appunto – una e-mail a tutti i dipendenti federali in cui chiedeva illustrare in 5 punti quello che avevano fatto la settimana passata, pena la perdita del posto di lavoro. Di nuovo, tutta l’attenzione è sull’efficienza: poco importa che tu stia lavorando a un dossier molto complicato, che tu sia un esperto nel tuo campo, che magari tu abbia avuto nell’ultima settimana un problema personale o familiare… L’unica cosa che conta è l’efficienza: quante cose misurabili hai fatto in meno tempo possibile.

La logica, si noterà, è pienamente meccanicistica: si interpretano i processi umani e le organizzazioni come automatismi e ingranaggi che possono funzionare in un modo e un modo soltanto, e l’unico obiettivo è quello di farli lavorare più velocemente possibile. Che poi chi pretende tutta questa efficienza si balocchi continuamente sui social media o dia spettacolari esibizioni di inadeguatezza poco importa, perché la cosa importante è l’efficienza della macchina; l’abbattere gli sprechi; l’eliminare il compromesso; il ridurre la complessità.

Il vero guaio di puntare all’efficienza è appunto scambiarla per l’efficacia, ovvero per il fine ultimo. Cosa che non dovrebbe mai accadere. Perché l’efficenza ha a che fare con strumenti e rilevazioni, e se queste diventano il fine quello che accade è che tutto viene piegato e allineato ai mezzi, alla tecnologia, e non agli scopi e alle persone. I valori verso cui un’organizzazione dovrebbe avviarsi – la salute, la sicurezza, l’innovazione, la pace… Orizzonti che orientano il cammino ma che non sono mai completamente raggiungibili – vengono rimpiazzati con metriche e prodotti che possono sì essere ottenuti ma che non solo non possono dare vero senso all’agire individuale e comune ma sono spesso essi stessi arbitrari.

Il desiderio di muoversi diventa la necessità di possedere un’auto; il bisogno di stare bene di assumere un certo farmaco; quello di comunicare di avere uno smartphone nuovo. Anche a livello di industria e di mercato, se a imporsi è l’efficienza l’obiettivo diventa non fornire un servizio o prodotto di qualità e far contenti fornitori, dipendenti e fornitori, ma conquistare quote di mercato, raggiungere metriche di produzione, ottenere un certo numero di certificazioni e di riconoscimenti. Il management, insomma, si mangia la leadership; la gestione e il controllo rimpiazzano la vera creazione di valore.

Tutto questo porta a un vero paradosso: l’ossessiva ricerca dell’efficienza crea essa stessa inefficienza. Per esempio nelle aziende di assumono schiere di middle-manager per controllare che i dipendenti rispettino tempi e consegne, o si utilizzano software per fare selezione del personale, o si indicono continue riunioni o nuove app per verificare lo stato di avanzamento dei lavori. Ciò porta crescente insofferenza e quindi reale improduttività, ma tutto questo passa in secondo piano perché si sta perseguendo l’Efficienza con la “e” maiuscola, e quindi anche errori e scontri sono interpretati come passaggi obbligati verso una migliore produttività futura.

Anche a livello macro si osservano dinamiche simili. Si pensi a come oramai la tecnologia sia diventata il fine, e di come si pensi oramai comunemente che siano le persone e le comunità a doversi adattare ad essa, e non viceversa. Si pensi a quanto si discute di come le persone e le aziende dovrebbero capire come funziona l’intelligenza artificiale per inserirle nel proprio flusso di lavoro pena perdere il proprio posto, e non tanto di quanto l’intelligenza artificiale possa aiutare gli esseri umani a stare meglio e raggiungere i loro obiettivi individuali e collettivi. Si pensi a come la Silicon Valley, da luogo fatato in cui si costruiva un futuro migliore per tutti, sia diventato un conglomerato di aziende intente a massimizzare profitti e quote di mercato.

Qual è l’esito finale di tutto ciò? Che le ultime a essere sacrificate sono le regole, le norme, fino ad anche le buone maniere e le consuetudini virtuose. Dovendo continuamente rilanciare la loro promessa di efficienza, e non potendo se non limitatamente far valere risultati concreti, gli alfieri dell’efficienza come Trump e Musk non possono che prendersela con chi gli mette i bastoni fra le ruote: quelle stupide leggi sulla divisioni dei poteri o sul controllo del pubblico sui mercati; e infine, quegli sciocchi che si oppongono alla pace perché difendono il loro Paese o che non producono abbastanza perché vogliono vivere una vita fuori dal lavoro. Ma prima o poi l’illusione finisce: o quando le persone si ribellano o quando la realtà porta tutti duramente con i piedi per terra. Speriamo molto che a verificarsi sia la prima opzione.

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