… Già la teologia preconciliare del laicato, purtroppo ancora molto interessata e viva, propose un radicale rinnovamento della figura del laico, ma lo fece sulla base di un’ecclesiologia che conservava antichi fondamenti teorici, obiettivamente ispirati alla "teologia dei due ordini" che opponeva ragione/fede, storia/ cristianesimo, natura/sopra natura, ed assegnava all’interesse del laico solamente gli ambiti caratterizzati dalla ragione, dalla storia e dalla natura, cioè l’ambito del "mondo", mentre riservava ai chierici e ai religiosi i compiti più concernenti la realtà ecclesiastica.
L’ecclesiologia di oggi, basata sul Vaticano II, invece ha una visione fondamentalmente unitaria tra fede/ragione, cristianesimo/storia, natura/sopra natura; tra l’uomo e le sue relazioni fondamentali che interessano sempre e inseparabilmente la sua attuazione nel mondo e il suo rapporto con la trascendenza.
Da questa prospettiva unitaria è possibile cogliere un’immagine nuova del laico; un’immagine pluridimensionale e non appiattita sul compito della "santificazione delle realtà temporali"; un’immagine pienamente ecclesiale in quanto è figura che trova la sua prima e più profonda caratterizzazione e dignità nella prospettiva della sequela e non nei valori presunti della laicità o della competenza mondana.
Ne consegue che il momento pratico o sociale dell’azione del laico non dovrebbe essere interpretato come un momento successivo alla sua fede, ma come un qualcosa che nasce con la fede stessa e quindi un momento che concorre ad istituirne il senso e le modalità. Il valore del rapporto con le realtà mondane è un valore ed una dimensione che sono intrinseci alla fede stessa, in quanto questo rapporto con la realtà storica è necessario per la sua attuazione.
Ma c'è una seconda conseguenza in questa prospettiva: la secolarità è una dimensione che comprende tutti indistintamente. L'uomo, indipendentemente dal fatto che sia chierico o religioso o laico, o uomo o donna, vive e opera in questo mondo sull’onda del tempo. Siamo tutti coinvolti in egual misura nei fatti della vita:
il nascere e morire;
l’intreccio dei rapporti quotidiani con gli uomini e con le cose;
l’insieme delle istituzioni in cui si esprime la nostra esistenza;
il lavoro, la cultura, la tecnica, la poesia;
il mondo interiore dei nostri sentimenti e quello esteriore delle nostre opere;
la complessità dei problemi e il miracolo del nostro progresso.
I cristiani tutti, siano essi chierici o laici, religiosi professi o uomini nel mondo, maschi o femmine, trovano l’occasione per esprimere la propria identità cristiana, nell’avere a che fare con tutte queste cose, vivendo nel mondo e condividendo le sorti del proprio tempo.
Dov'é allora la specificità del laico?
--------------------------
Per quest'articolo ho utilizzato a piene mani l'articolo "Chierici e laici nello “spazio chiesa”?" di p. Nadir Giuseppe Perin. ùNon me ne voglia, in quanto non ho altro obiettivo che metter a disposizione i miei pensieri, nella speranza che possano risultare utili a qualcuno. Ho messo in corsivo le piccole modifiche apportate al testo, senza travisare il pensiero del dott. Perin, o almeno spero.