3 novembre 2010
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Perché ci incontriamo, ci riconosciamo, abbiamo piacere a stare insieme? La filosofia studiata in gioventù mi ha insegnato che "conoscere" è "adequatio rei et intellectus". E questo è vero. Ma non mii ha detto chiaramente, lo imparo solo adesso, che ci sono due tipi di conoscenze: io-esso e io-tu. Io-esso è esperienza, io-tu è incontro. Perciò i nostri sono incontri. E qui la seconda riflessione. Il "tu" che incontro è un volto, una persona ben definita, una persona che conoscevo e che riconosco. So pure che Lui mi sta riconoscendo, che io per Lui sono, che io per Lui valgo. Non è come l'incontro con il cassiere, di cui mi sono servito al supermercato, e di cui non ricordo più neppure se era maschio o femmina. L'epifania del volto è, almeno per me, un obiettivo nuovo. Finito l'incontro, lungo o breve che sia stato, conservo nel cuore il rinnovato ricordo di ogni singolo amico incontrato, la sua vita, la sua storia, il suo sorriso, la sua rabbia e anche il suo dolore. Ma è importante anche l'altro dono che mi porto via, cioè la sensazione di non essere solo, il sapere che qualcuno mi pensa, di appartenere, la piacevole sensazione di essere vivo. Dimenticavo di aggiungere che, per me, anche Dio è persona e merita lo stesso trattamento (vedi Isaia cap 55). Ps: Niente di nuovo sotto al sole, gli autori che sto studiando, scoprendo, trasmettendovi sono M. Bubber (1905-1995) e E. Levinas (1878-1965) |