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10 giugno 2012 7 10 /06 /giugno /2012 09:53

Cara Gea

Oggi mentre andavo a messa, guardavo il cielo. Era azzurro con una luna ben visibile, quasi evanescente nel suo biancore su sfondo azzurro.

 

Consideravo mentalmente la distanza che c'è tra noi e quel sasso. Una distanza ancora misurabile e qindi immaginabile.


Poi il pensiero correva a dove stavo, a un basso ed un alto che non esistono.

Mi sono avvertito immerso … immerso dove? in che cosa?

Mi son sentito uno dei tanti insetti che animano il nostro grosso sasso. Un sasso che galleggia  in compagnia di altri sassi più o meno incandescenti, tanti, quasi infiniti nel numero e nelle distanze

 

Poi pensai all'altra dimensione di cui la mia religione parla: il cielo. E, d'istinto, recitai mentalmente il "Padre nostro".

 

Più ci riflettevo più trovavo soddisfazione in quelle parole, l'unica preghiera che Lui ci abbia insegnato e consigliato.

 

Comincia con un atto di fede: che sei nei cieli, cioè afferma l'esistenza di un'altra dimensione.

 

Il Cristo disse che non ci sarebbe stata altra prova che la sua resurrezione e così fu. Lui è risorto ed è salito al cielo, questa è la testimonianza dei suoi discepoli, e solo questa è la prova. Questa è la nostra fede.

 

I discorsi, dei filosofi prima e dei teologi dopo, se li porta via il vento. Il vostro parlare sia "si, si" o "no, no", il resto vien dal Maligno. Lo disse Lui, e parlava dei giuramenti ciò delle affermazioni più importanti, quelle che vogliamo siano vere anche per gli altri.

 

Poi la preghiera del "Padre nostro" passa ad esaminare altri aspetti della nostra esistenza,

i nostri rapporti con Dio ( adorazione, appartenenza e ubbidienza),

i nostri bisogni fisici (cita il pane per intendere acqua, ossigeno, salute etc, ciò riceviamo dalla natura senza nulla operare),

il come rapportarci agli altri (verso i quali ci viene chiesta, esigita la comprensione),

le  influenze esterna (il demonio esiste, inutile illuderci),

ma tutto parte dalla constatazione di fede che esiste il cielo. Non lo sappiamo e niente può dimostrare che il cielo esiste, ma ci crediamo perché crediamo che Cristo è risorto.

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7 giugno 2012 4 07 /06 /giugno /2012 06:39

 

Non credo sia vero che « Gesù e gli apostoli non avevano mai posseduto niente », la figura di Giuda dice altro,  ma certo non erano ricchi e neanche se lo proponevano.

Ecco un breve escursus storico su come nella storia il rapporto del cristianesimo con il denaro fu visto ed interpretato .  

 

Pauperismo medievale

Il pauperismo fu un sistema di pensiero spirituale , caratteristico di alcuni esponenti degli ordini mendicanti e di altri predicatori cristiani durante il medioevo . In contrapposizione con l'opulenza delle gerarchie ecclesiastiche , i pauperisti intendevano basarsi soltanto sugli insegnamenti e sugli esempi di Gesù Cristo così come sono riportati dai Vangeli ; predicavano l'altruismo e una vita modesta, e la preminenza delle ricchezze spirituali sopra quelle materiali.

 Il pauperismo appartiene sicuramente alla più ampia corrente dell'ascetismo cristiano, ma se ne differenzia in alcuni aspetti.

  • L'ascetismo, per esempio, ha sempre posto l'accento sulla povertà individuale, del singolo cristiano (religioso o secolare che fosse), e su altre forme di penitenza e di austerità, mentre raramente poneva in discussione la possibilità che l'istituzione (il monastero, l'Ordine, la Chiesa stessa) potessero possedere ricchezze. 
  • Il pauperismo medievale, invece, non era tanto una ricerca della povertà personale quasi fosse una forma di penitenza o una via di perfezionamento, ma spesso sceglieva di rinunciare alle ricchezze per condividere la vita degli strati più umili della società e aderire più fedelmente all'esempio di Gesù Cristo. Inoltre a differenza dell'ascetismo il quale è una ricerca volontaria della povertà, il pauperismo ne è un'accettazione filosofica.

 

Il pauperismo oggi

Alcuni punti in comune con il pauperismo sono stati riconosciuti anche in encicliche papali come la Rerum Novarum e la Quadragesimo Anno , facenti parte della cosiddetta dottrina sociale della Chiesa cattolica : la predominanza accordata alla ricchezza spirituale rispetto a quella materiale e una certa volontà di comprendere le reali condizioni dei più poveri.

Il pauperismo oggi è ancora presente nella predicazione di alcuni ordini religiosi, nella ideologia di alcune associazioni politiche o culturali come il Movimento dei lavoratori cattolici , ed è preso come base fondamentale di determinate teorie economiche quale il distributismo .

 

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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2 giugno 2012 6 02 /06 /giugno /2012 22:24

 

Cara Gea

scusa se mi permetto uno sfogo poiché dissento e m'infastidisce, e molto, il mail che mi è stato propinato e che qui riporto. 

 

Ma che importa a me della sapienza e dei gusti musicali dell'uomo che veste i panni da papa con il nome di Benedetto XVI? Credo che Benedetto XVI abbia un bellissimo stereo per ascoltarsi la nona di Beethoven in Vaticano, nessuno glielo vieta, o forse non ama l'aria che tira in quel colle? 

 

Atteso a Milano da migliaia di pellegrini si è fatto convincere dai "Signur" di Milano a partecipare con loro, e solo con loro, al loro lusso. Questo constato. La spiegazione-giustificazione a fondo mail del giornalista peggiora la situazione, perché significa che anche lui si rende conto e che si arrampica sui vetri.

 

Aveva ragione san Francesco, san Domenico e i movimenti di mendicanti del 1200 nei riguardi del potere della gerarchia ecclesiastica e con il potere collusa. Constato cioè che quei problemi sussistono, ancora irrisolti, e sono passati quasi mille anni. 

 

Un saluto

Piero Azzena

 

 

Da: Forum delle Associazioni Familiari [mailto:info@forumfamiglie.org] 
Inviato: sabato 2 giugno 2012 10:42
A: xxxxxxxxxxx

Oggetto: MILANO 2012. APPUNTI DI VIAGGIO 2 giugno - 1

 

 

   MILANO 2012. APPUNTI DI VIAGGIO 2 giugno - 1

   

SCUSATE IL DISTURBO, MA DI FRONTE ALLA BELLEZZA

Ieri avevamo dichiarato chiuso questo piccolo “diario di bordo” dall’Incontro mondiale delle famiglie di Milano; però ieri sera ho avuto il dono di poter partecipare alla serata offerta dal Teatro alla Scala di Milano al Santo Padre, con l’esecuzione della Nona di Beethoven, e non posso non comunicare la travolgente sensazione di bellezza e di commozione che la musica ha generato in me – e sicuramente in tanti altri presenti. 
Benedetto XVI ha poi rivolto un breve saluto conclusivo: poche parole, ma quanta verità e profondità, sia nel gusto della bellezza, sia nel richiamare le domande profonde dell’uomo, di fronte al dramma del terremoto emiliano – e onore al Sovrintendente Lissner, che con brevi parole non formali ha dedicato il concerto proprio alle popolazioni emiliane colpite dal sisma, a nome di tutto il Teatro, lavoratori compresi. 
In particolare il Santo Padre ha sottolineato, con sapienza e gusto musicale, quella parola, “ATTESA”, che segna tutta la trama della Nona di Beethoven, e che davvero si sperimentava, fisicamente, nell’ascolto vicino dell’imponente orchestra della Scala, nel potente coro, nella intensità con cui il direttore Daniel Barenboim guidava e insieme assecondava il gioco di contrappunti del grande Beethoven. Fino all’esplosione dell’Inno alla gioia, dove questa attesa diventava finalmente pienezza di bellezza e di verità: una verità ancora da svelare, come è umano che sia, perché, sempre con le parole del Santo Padre, la gioia di Schiller e di Beethoven non è la gioia cristiana, tanto più di fronte alle sofferenze di oggi.
Però una gioia posta a ragione nell’orizzonte dell’umano, perché è alla gioia e alla felicità che siamo chiamati: magari attraversando sofferenze e incertezze, perché, con le parole di Sant’Agostino riportate da Famiglia Cristiana in chiusura dell’editoriale di questa settimana, dedicato proprio all’Incontro Mondiale delle Famiglie, “l’anima mia è inquieta finché non riposa in te, Signore”.
Un unico neo, nella serata? Forse, tra platea, gallerie e loggione, meritavano più spazio le colorate e festose delegazioni straniere del Congresso Iinternazionale, famiglie, arrivate a Milano da Paesi lontanissimi forse per la prima e ultima volta, persone semplici, che meritavano questo tuffo nella bellezza di quel prezioso gioiello di Milano, quale è la Scala. Però molti di loro hanno certamente goduto della serata milanese, nella preghiera e nell’adorazione eucaristica nel Duomo: un’altra perla milanese di bellezza umana, contemplando la Bellezza che non delude.

Francesco Belletti


 

 

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8 maggio 2012 2 08 /05 /maggio /2012 17:13

 

Già la teologia preconciliare del laicato, purtroppo ancora molto interessata e viva, propose un radicale rinnovamento della figura del laico, ma lo fece sulla base di un’ecclesiologia che conservava antichi fondamenti teorici, obiettivamente ispirati alla "teologia dei due ordini" che opponeva ragione/fede, storia/ cristianesimo, natura/sopra natura, ed assegnava all’interesse del laico solamente gli ambiti caratterizzati dalla ragione, dalla storia e dalla natura, cioè l’ambito del "mondo", mentre riservava ai chierici e ai religiosi i compiti più concernenti la realtà ecclesiastica.

 

L’ecclesiologia di oggi, basata sul Vaticano II,  invece ha una visione fondamentalmente unitaria tra  fede/ragione,  cristianesimo/storia, natura/sopra natura; tra l’uomo e le sue relazioni fondamentali che interessano sempre e inseparabilmente la sua attuazione nel mondo e il suo rapporto con la trascendenza.

 

Da questa prospettiva unitaria è possibile cogliere un’immagine nuova del laico; un’immagine pluridimensionale e non appiattita sul compito della "santificazione delle realtà temporali"; un’immagine pienamente ecclesiale in quanto è figura che trova la sua prima e più profonda caratterizzazione e dignità nella prospettiva della sequela e non nei valori presunti della laicità o della competenza mondana.

 

Ne consegue che il momento pratico o sociale dell’azione del laico non dovrebbe essere interpretato come un momento successivo alla sua fede, ma come un qualcosa che nasce con la fede stessa e quindi  un momento che concorre ad istituirne il senso e le modalitàIl valore del rapporto con le realtà mondane è un valore ed una dimensione che sono intrinseci alla fede stessa, in quanto questo rapporto con la realtà storica è necessario per la sua attuazione.

 

Ma c'è una seconda conseguenza in questa prospettiva: la secolarità  è una dimensione che comprende tutti indistintamente. L'uomo, indipendentemente dal fatto che sia chierico o religioso o laico, o uomo o donna, vive e opera in questo mondo sull’onda del tempo. Siamo tutti coinvolti in egual misura nei fatti della vita:

   il nascere e morire;

l’intreccio dei rapporti quotidiani con gli uomini e con le cose;

l’insieme delle istituzioni in cui si esprime la nostra esistenza;

il lavoro, la cultura, la tecnica, la poesia;

il mondo interiore dei nostri sentimenti e quello esteriore delle nostre opere;

la complessità dei problemi e il miracolo del nostro progresso.

 

I cristiani tutti, siano essi chierici o laici, religiosi professi o uomini nel mondo, maschi o femmine,  trovano l’occasione per esprimere la propria identità cristiana, nell’avere a che fare con tutte queste cose, vivendo nel mondo e condividendo le sorti del proprio tempo.

 

Dov'é allora la specificità del laico?

 

 

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Per quest'articolo ho utilizzato a piene mani l'articolo "Chierici e laici nello “spazio chiesa”?" di p. Nadir Giuseppe Perin. ùNon me ne voglia, in quanto non ho altro obiettivo che metter a disposizione  i miei pensieri,  nella speranza che possano risultare utili a qualcuno. Ho messo in corsivo le piccole modifiche apportate al testo,   senza travisare il pensiero del dott. Perin, o almeno spero. 

 

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6 maggio 2012 7 06 /05 /maggio /2012 07:15


Mi sono imbattuto casualmente in un breve opuscolo che ho trovato molto illuminante per cui ne propongo una sintesi.

E' un  documento pontificio, quindi reperibile sul sito del Vaticano, dal titolo "Gesù Cristo portatore d'acqua. Riflessioni cristiane sul New Age" del 3 feb 2003

 

Oggi molte persone e io per primo oscilliamo fra certezza e incertezza, in particolare per quanto riguarda la propria identità.

Alcuni sono del parere che la religione cristiana sia patriarcale e autoritaria, che le istituzioni politiche siano incapaci di migliorare il mondo e che la medicina ufficiale (allopatica) non riesca a guarire efficacemente le persone.

Il fatto che quelli che una volta erano elementi centrali nella società vengano ora percepiti come indegni di fiducia o privi di autentica autorità, ha creato un clima in cui le persone guardano dentro di sé, in se stesse, alla ricerca di senso e di forza. Si rivolgono anche a istituzioni alternative, nella speranza che possano soddisfare i loro bisogni più profondi.

 

La vita caotica o non strutturata delle comunità alternative degli anni '70 ha promosso una ricerca di disciplina e di strutture che sono evidentemente gli elementi chiave dei popolarissimi movimenti « mistici ». Il New Age è attraente soprattutto perché molto di quanto offre soddisfa aspirazioni, spesso non soddisfatte dalle istituzioni ufficiali.

Sebbene molto del New Age sia una reazione alla cultura contemporanea, per molti versi ne è figlio. Il Rinascimento e la Riforma hanno plasmato l'individuo occidentale moderno, che non è oppresso da fardelli esteriori come l'autorità meramente estrinseca e la tradizione. Le persone sentono sempre meno il bisogno di « far parte di » istituzioni (e tuttavia la solitudine è una vera e propria piaga della vita moderna) e non sono inclini a sottoporsi a giudizi « ufficiali ». Con questo culto dell'uomo, la religione viene ricondotta alla sfera intima, ciò che prepara il terreno per una celebrazione della sacralità del sé.

Il New Age attira persone imbevute dei valori della cultura moderna. La libertà, l'autenticità, l'autonomia e altri valori simili sono considerati sacri. Affascina quanti hanno problemi con la società patriarcale. « Non richiede più fede che andare al cinema » e tuttavia pretende di soddisfare le aspirazioni spirituali delle persone.

 

Il New Age non è un movimento nel senso normalmente attribuito all'espressione « Nuovo Movimento Religioso » e non è neanche quanto si intende abitualmente con i termini « culto » e « setta ». Essendo trasversale alle culture e presente in vari fenomeni quali la musica, il cinema, i seminari, i gruppi di studio, i ritiri, le terapie e molte altre attività ed eventi, è molto più diffuso e informale, sebbene alcuni gruppi religiosi o para-religiosi incorporino consapevolmente elementi New Age. Secondo alcuni, questa corrente è stata una fonte di idee per varie sette religiose e parareligiose. 

 Il New Age non è un movimento unico o uniforme, ma piuttosto una rete a maglie larghe di praticanti il cui approccio consiste nel pensare globalmente, ma agire localmente. Chi fa parte di questa rete non ne conosce necessariamente gli altri componenti e li incontra raramente, se non addirittura mai. Nel tentativo di evitare la confusione che può derivare dall'uso del termine « movimento », alcuni si riferiscono al New Age come a un « milieu » o a un « culto di ascoltatori » (audience cult). 

Tuttavia, si è anche sottolineato che « è una corrente di pensiero molto coerente », una sfida deliberata alla cultura moderna. Si tratta di un struttura sincretica che incorpora molti elementi diversi, permettendo alle persone di condividere interessi o legami a gradi molto diversi e a vari livelli di impegno.

E' difficile separare i singoli elementi della religiosità New Age, per quanto innocenti possano apparire, dal quadro di riferimento dominante che permea l'intero pensiero globale del movimento New Age. I temi centrali del pensiero New Age sono:

Dio è un essere con il quale abbiamo un rapporto oppure è qualcosa da usare o una forza per essere più potenti?

Il Dio del New Age è un'energia impersonale, una particolare estensione o componente del cosmo.

 

Esiste un solo Gesù Cristo oppure ve ne sono migliaia?

La letteratura del New Age presenta spesso Cristo come uno fra i tanti saggi, iniziati, avatar.

 

L'essere umano: esiste un solo essere universale oppure molti individui?

Lo scopo delle tecniche del New Age è la riproduzione deliberata di stati mistici, come se si trattasse di materiale da laboratorio.

Quando l'esercizio consiste nel reinventare se stessi, si pone la questione reale del Chi sono « io ». Il « dio interiore » e l'unione olistica con tutto il cosmo ripropongono tale questione.

 

Ci salviamo da soli o la salvezza è un dono gratuito di Dio?

Salviamo noi stessi mediante le nostre azioni come spesso spiega il New Age, oppure veniamo salvati dall'amore di Dio? Le parole chiave sono auto-compimentoauto-realizzazione auto-redenzione. 

Il New Age è essenzialmente pelagiano per quanto riguarda la sua maniera di comprendere la natura umana.

 

Inventiamo la verità o la riceviamo?

La verità del New Age riguarda buone vibrazioni, corrispondenze cosmiche, armonia ed estasi, in generale esperienze piacevoli.

Si cerca di individuare la propria verità secondo un criterio di benessere.

 

Preghiera e meditazione: ci rivolgiamo a noi stessi o a Dio?

Le tecniche di meditazione ora in voga non sono preghiera. Le esperienze che ne scaturiscono sono veramente intense, ma restare a questo livello significa restare soli, non essere ancora al cospetto dell'altro

 

Abbiamo la tentazione di negare il peccato oppure ne accettiamo l'esistenza?

Nel New Age non esiste un vero concetto di peccato, ma piuttosto l'idea di conoscenza imperfetta

A chi partecipa alle attività del New Age non viene detto che cosa credere, che cosa fare o non fare, ma: « vi sono mille modi di esplorare la realtà interiore. Vai dove ti portano l'intelligenza e l'intuizione. Abbi fiducia in te stesso »

Nella prospettiva cristiana « la realtà del peccato, e più particolarmente del peccato delle origini, si chiarisce soltanto alla luce della Rivelazione divina.

 

Veniamo incoraggiati a rifiutare la sofferenza e la morte o ad accettarla?

Alcuni scrittori del New Age considerano la sofferenza come qualcosa che ci siamo auto-imposti oppure come un karma negativo o ancora come l'incapacità di sfruttare appieno le nostre risorse.

 

Bisogna evitare o perseguire l'impegno sociale?

Molto nel New Age è solo un'indegna auto-promozione

 

Il nostro futuro è scritto nelle stelle o dobbiamo aiutare a costruirlo?

Il cristianesimo dev'essere eliminato e lasciare il posto a una religione globale e a un nuovo ordine mondiale.

Uno degli esponenti del movimento del New Age ha paragonato le religioni tradizionali alle cattedrali e il New Age a una fiera mondiale.

 

Un adeguato discernimento cristiano del pensiero e della pratica New Age non può non riconoscere che, come nello gnosticismo del secondo e terzo secolo, esso rappresenta una specie di compendio di posizioni che la Chiesa ha identificato come eterodosse. Giovanni Paolo II mette in guardia sulla « rinascita delle antiche idee gnostiche nella forma del cosiddetto New Age. 

 Non ci si può illudere che esso porti a un rinnovamento della religione. È soltanto un nuovo modo di praticare la gnosi, cioè quell'atteggiamento dello spirito che, in nome di una profonda conoscenza di Dio, finisce per stravolgere la Sua Parola sostituendo parole che sono soltanto umane. La gnosi non si è mai ritirata dal terreno del cristianesimo, ma ha sempre convissuto con esso, a volte sotto forme di corrente filosofica, più spesso con modalità religiose o parareligiose, in deciso anche se non dichiarato contrasto con ciò che è essenzialmente cristiano »

 

A creare problema sono le risposte alternative del New Age alle questioni esistenziali.

 

Se la Chiesa non vuole essere accusata di essere sorda ai desideri delle persone, i suoi membri devono fare due cose: radicarsi ancor più saldamente nei fondamenti della propria fede e ascoltare il grido, spesso silenzioso, che si leva dal cuore delle persone e che, se non viene ascoltato dalla Chiesa, le porta altrove.

L'invito a incontrare Gesù Cristo, il portatore dell'acqua di vita, avrà un impatto maggiore se proverrà da parte di qualcuno che è stato profondamente colpito e in modo evidente dal suo incontro con Gesù, perché non viene fatto solo da qualcuno che ha semplicemente sentito parlare di Lui.

 

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2 maggio 2012 3 02 /05 /maggio /2012 14:25

Nell’antichità cristiana i fedeli si designavano con l’appellativo di “santi”, fratelli, discepoli. Erano coloro che incontrato il Cristo, ricevuto l’annuncio del Vangelo, ne facevano il codice della loro vita, amando e servendo Dio: l’ascolto della Parola e l’annuncio formava il popolo di Dio.

 

Il più antico documento letterario della religione cristiana che possa essere datato, immediatamente posteriore al tempo degli apostoli, è la lettera di Clemente Romano ai Corinzi scritta nell’ultima decade del primo secolo.  Ed è questo il primo testo in cui compare la parola laico. 

 

Clemente indica che la comunità cristiana deve essere ordinata (distingue facendo riferimento al giudaismo: sommo sacerdote, sacerdoti, leviti, laici). I laici  all’interno della compagine ecclesiale sono coloro che, quindi, appartengono al popolo:  i battezzati che non rivestono alcuna funzione nella gerarchia ecclesiastica.

 

Etimologicamente San Girolamo attribuisce il termine laici alla radice greca λαός (popolo). Nella realtà tra i laici si trovano diversi carismi spirituali che corrispondono a vocazioni particolari. Le donne vi partecipano come gli uomini. I primi teologi furono laici, si ricordino Giustino o Tertulliano.  Varia è anche la partecipazione alla vita della Chiesa, alcuni vi partecipano pienamente, altri in parte (catecumeni e penitenti): ci sono vergini e asceti che cercano di realizzare la perfezione evangelica, sposi che cercano di realizzare l’ideale cristiano. In prima linea nella testimonianza della fede “i confessori” e i martiri.

 

E’ interessante osservare il mutamento avvenuto nel modo di pensare dei Cristiani ad appena trent’anni dalla morte di Paolo.

 

Quest’ultimo, Paolo, aveva scritto alla comunità dei Corinzi nell’intenzione di appianarne le controversie; Clemente, 4° vescovo di Roma, si rivolge alla medesima comunità perché essa rifiutava di riconoscere l’autorità del proprio vescovo.

 

Si constata che fin dai primi tempi del cristianesimo nella comunità cristiana si vanno delineando i tratti della sua composizione: una struttura gerarchica e un popolo laico. 

Autorità rivelata dall'alto o acquisita a latere dalle vittoriose centurie romane? 

 Però, nel IV secolo, quando le istituzioni fondamentali della Chiesa sono già costituite, la distinzione tra clero e laici è divenuta netta.       

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25 aprile 2012 3 25 /04 /aprile /2012 16:44

Egli insegnava loro come uno che aveva autorità e non come gli scribi.

 

Gesù ha insegnato che quando verrà il giorno del Giudizio, 

  • non ci sarà chiesto di inveire contro Dio perché ha creato un mondo in cui sono vissute persone affamate, povere e infelici.
  • Egli, al contrario, si aspetta che noi abbiamo incarnato le sue virtù.
  • Egli si aspetta che noi siamo simili a «Dio» nei confronti dei nostri sfortunati vicini.

Poiché Egli era nascosto dentro di loro:

«Perché io ho avuto farne e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.

 

C'è qualcosa di immediatamente accessibile in questa «religione di Gesù» che formò la base dell'enorme autorità di Gesù come maestro morale. 

 

A. N. Wilson: Paolo L'uomo che inventò il cristianesimo. Rizzoli, Milano, 1997, pp 111

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15 aprile 2012 7 15 /04 /aprile /2012 15:51

In questi giorni ho riletto ll libro di Heinrich Schlier, dal titolo "Sulla resurrezione di Gesù Cristo" (ed. Morcelliana, Brescia, 2005).

Un libretto di 58 pagine, senza novità particolari ma ordinato e chiaro e, proprio perciò, capace di metter ordine tra le idee. Un libro adatto a chi è già si professa cristiano  e conosce le Sacre Scritture, un libro da pochi Euro che  vi consiglio.

 

Eccone un libero sommario

 

I quattro evangeli ci raccontano che nell'anno 33 d.c. avvenne un fatto: un uomo ebreo è stato condannato a morte per crocefissione e la condanna è stata espletata.  A questo fatto ne aggiungono un secondo: quell'uomo è risorto. Intendendo per resurrezione non un prolungamento di vita, come accadde a Lazzaro, ma l'elevazione ad un altro tipo di vita, una specie di nascita.

 

I racconti evangelici non sono l'inutile descrizione di una tomba vuota, ma la prima risposta che questi testimoni si sono dati davanti a quanto loro stessi hanno visto o sentito da testimoni diretti.  Gli autori del Nuovo Testamento riportano testimonianze, la parola dei tanti che hanno avuto il privilegio di assistere alle apparizioni di Cristo, e quindi di vederlo e toccarlo.  

 

E la storia che raccontano, non è un banale racconto di tanti anni fa, ma un racconto che ci coinvolge.

Ci coinvolge perché se un uomo morto ora vive e vive altrove, allora c'è un altrove e un dopo la morte.

Ci coinvolge perché, alla domanda "ma allora chi era costui?", anche tu come loro vai a rileggerti quello che ha detto e fatto quell'uomo prima di essere crocifisso e che cosa si diceva di lui.

 

Un racconto che può diventare fede. E nella fede fai tante scoperte.

 

Scopri che era il Figlio di Dio. Previsto nelle scritture, saggio nelle parole, e che era Dio stesso (come affermato dai nostri avi, dopo 4 secoli di faticose riflessioni). 

Scopri che non è solo un racconto ma una redenzione. Tu sei stato veramente pulito e dotato di porta di ingresso.

Scopri che la tua situazione era senza ritorno, che il male imperversava in un mondo incattivito, che Lui ti ha lanciato un salvagente di pace e aperto la porta per il cielo.

 

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8 marzo 2012 4 08 /03 /marzo /2012 11:40

Riflessione estratta da "la teologia di Paolo Apostolo" di Renzo Grassano , 2004.

 

"""

Del resto, una volta affermato che Cristo fu il nuovo Adamo, il nuovo capo di una nuova umanità redenta dalla colpa, si devono fare i conti con evidenti e naturali obiezioni.

 

Basta dire che Gesù fu obbediente, ed in questo si distinse da Adamo, il disobbediente?

 

Chiaro che no.  La storia sacra pullula di uomini obbedienti. Ognuno di essi, da Mosè ai profeti, obbedì ed anche Abramo obbedì, pur non essendo un profeta.

 

Il criterio dell'obbedienza non ha dunque una sufficienza di per sé.  Sarebbe bastato Noè a salvare l'umanità dal peccato perché egli obbedì a Dio nel momento cruciale. Tutti gli altri erano morti. Noè non salvò che pochi esemplari della specie umana. Ma anch'essi, secondo Paolo, non furono redenti.  Sarà lo stesso Paolo ad affermare che l'obbedienza alla Legge non giustifica. ….

 

 No, l'abisso scavato tra Dio e l'uomo richiedeva ora molto di più. Occorreva che Dio morisse per Dio e per la salvezza degli uomini.

 

Forse era questo il pensiero inseguito da Paolo e spesso afferrato per i capelli, ma subito sfuggito, subito di nuovo inafferrabile. Dev'essere stato duro vivere in questa perenne tensione, in questa ansiosa ricerca.

Ma era inevitabile, proprio alla luce della sua stessa dottrina, che l'angoscia di afferrare la verità di Dio naufragasse a pochi metri dalla spiaggia, sempre a pochi metri, persino a pochi pollici.  

In altre parole: ho il sospetto che Cristo Gesù per Paolo rimase "altro" da Dio fino alla fine della sua grama esistenza. Vicinissimo alla soluzione, ma mai alla soluzione. E questo, sempre che si prenda per buona la dottrina del Sommo Sacerdote che immola sé stesso. 

 

Ma è una buona dottrina? Era veramente necessaria una simile formulazione?

 

Per gli Ebrei, forse sì.

 

Per noi, che siamo del tutto estranei a quella forma mentis ed a tematiche di Alleanze che si fondano sul sangue, credo proprio di no.


Probabilmente, noi preferiamo consolarci con un'immagine del Cristo sofferente, torturato, umiliato, messo in croce da una masnada di delinquenti. E ci ripugna l'idea del kamikaze imbottito d'amore anziché di tritolo.

 

 

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7 marzo 2012 3 07 /03 /marzo /2012 07:02

Chi erano i primi cristiani, le prime comunità?

Renzo Grassano nel suo articolo sulla "teologia dell'apostolo Paolo" scrive queste righe molto significative e ben dedotte. 

 

A leggere le lettere di San Paolo si ha l'impressione di un uso alternato di carota e bastone.

 

A fragorosi proclami di grandezza spirituale ed un po' ipocriti riconoscimenti di meriti alle varie comunità cristiane, seguono ammonimenti pedanti a non ubriacarsi, a non fornicare, a non dire bugie, non rubare e così via, che fanno a pugni sia con l'asserto del primato della fede che con quello dell'ormai avvenuta conquista della spiritualità. Insomma, si finisce col chiedere opere e comportamenti coerenti con la professione di fede proprio agli spirituali. Un po' ridicolo, no?

 
Se davvero tra i fratelli si mentiva, si rubava, si fornicava e ci si ubriacava, era evidente che la trasformazione da chiesa di quadri puri e duri a chiesa di massa aveva comportato qualche prezzo da pagare. Cani e porci erano entrati nel sacro recinto e faticavano non poco a trasformarsi in persone rette.

 

Così si comprendono le riserve sollevate dalla corrente di Giacomo e l'azione sobillatrice di alcuni Giudei convertiti che passavano di comunità in comunità a confutare quanto Paolo aveva proclamato, ovvero a richiedere l'osservanza della Legge, essendo insufficiente per loro la recitazione rituale di un credo. 

 

Crebbero le incomprensioni e nacquero feroci polemiche proprio tra i quadri, per usare un'espressione moderna. Molte lettere paoline contengono denunce accorate contro questi superapostoli dell'ortodossia giudaico-cristiana.

 

La ragione, come spesso accade, stava da entrambe le parti, almeno un po', ma per una serie di sviluppi storici ancora tutti da decifrare, Paolo ebbe partita vinta e la corrente giudaico-cristiana si sciolse come neve al sole 

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Présentation

  • : Blog di Piero Azzena
  • : Questo blog è solo la mia voce, resa libera dall'età. Questo blog è un memo, seppur disinvolto nei tempi e nei modi, dove chioso su argomenti la cui unica caratteristica è l'aver attirato la mia attenzione. Temi esposti man mano che si presentano, senza cura di organicità o apprensione per possibili contraddizioni. Temi portati a nudo, liberi da incrostazioni , franchi e leali.
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