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22 febbraio 2012 3 22 /02 /febbraio /2012 15:18

Pensierino del mio amico Carlo, diacono, per la I Domenica di Quaresima

 

Nel rito dell’imposizione delle ceneri ripeteremo le parole dell’atto penitenziale: 

          Ricòrdati che sei polvere e polvere tornerai,

          con l’invito:

          Convertiti e credi al Vangelo.

 

E’ tempo di Quaresima: Gesù nel suo deserto umano non viene risparmiato dalle tentazioni che, ieri come oggi, confondono gli uomini (Mc 1,12-15). 

 

Oggi, Mercoledì  delle ceneri, abbiamo ascoltato dal vangelo di Matteo (6,1-6,16-18) alcune precise raccomandazioni per vivere questo tempo: 

 - non praticate la vostra giustizia per essere ammirati, 

- mentre fai l’elemosina non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra, 

- quando pregate non siate simili agli ipocriti, 

- la gente non veda che tu digiuni. 

 

Tempo di riflessione, di conversione e di opere buone, con evangelica discrezione. 

 

Alle raccomandazioni segue una bella notizia:

Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio (1Pt 3,18-22). 

 

Il deserto, luogo di esplorazione della nostra interiorità, ci consenta di capire che "è qui, in mezzo alle difficoltà e alla rinuncia, che ogni goccia d'acqua, ogni attimo di vita diventa prezioso oltre misura... 

Insegni ad apprezzare di nuovo il valore delle cose... in modo che l'energia del desiderio si risvegli e spezzi il rivestimento soffocante che avvolge il cuore. 

 

Perché il fine, che dà significato alla vita,

non è mai una cosa,

ma il senso che collega le cose,

qualcosa di invisibile, che è possibile vedere solo con gli occhi del cuore” (Eugen Drewermann).

 

Buona Quaresima, Carlo

Mercoledì 22 Febbraio 2012 8:48

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1 febbraio 2012 3 01 /02 /febbraio /2012 10:11

Poiché il tuo cuore si è insuperbito 

e hai detto: Io sono un dio, siedo su un seggio divino in mezzo ai mari,

mentre tu sei un uomo e non un dio, eppure hai considerato la tua mente uguale a quella di Dio.

 

Ecco, tu sei più saggio di Daniele e nessun segreto ti è nascosto,
con la tua saggezza e il tuo accorgimento hai creato la tua potenza e ammassato oro e argento nei tuoi scrigni;

con la tua grande accortezza e i tuoi traffici hai accresciuto le tue ricchezze, e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore.

 

Perciò così dice il Signore Dio: poiché hai creduto la tua mente uguale a quella di Dio, ecco,

io manderò contro di te i più feroci popoli stranieri;
snuderanno le spade contro la tua bella saggezza,
profaneranno il tuo splendore.
Ti precipiteranno nella fossa e morirai della morte degli uccisi in mezzo ai mari. 

 

Ripeterai ancora: "Io sono un dio", di fronte ai tuo uccisori? Sei un uomo e non un dio in balìa di chi ti uccide.

 

Ezechiele 28, 2-9

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22 gennaio 2012 7 22 /01 /gennaio /2012 00:43

 

I personaggi dei salmi sono tre:  

-  Dio,

-  l' uomo (che sarei  io),

-  il nemico, che a volte è un infedele solo invidiato, oppure un "altro" che intende farci del male.

 

Del  vicino che non crede ma che è più fortunato di me nella e per  la sua sfrontatezza  è inutile parlarne. Basta alzar gli occhi, ne siamo circondati.

 

 

Ma chi è l' "altro" che vuol farci del male?

 

Oggi crederci diventa difficile. Sembra sia scomparso. I vangeli ne parlano ad ogni pagina. Intorno a Gesu' gli indemoniati non si contano. E' impressionante!

Tante volte mi son chiesto: Si erano concentrati tutti  in Palestina duemila anni fa? o semplicemente siamo noi a non vederli più?

 

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22 gennaio 2012 7 22 /01 /gennaio /2012 00:07

 

 

Cristo parlò ma non scrisse, anche se sapeva scrivere. Si racconta che una volta lo fece, ma sulla sabbia.

 

I Vangeli sono il ricordo che di Cristo avevano alcune ben localizzate comunita' di estrazione prevalentemente ebraica.  Sono la trasposizione scritta di un ricordo, e per loro stessa natura la rielaborazione che di Cristo aveva fatto quella comunita'.

 

Poi venne la Patristica, cioè la trasposizione (traduzione) in concetti occidentali di quel ricordo semitico. Ci impiegarono 600 anni, cui seguirono quasi altri 600 di silenzio.

 

Poi ci fu il medioevo (a partire dal 1100-1200), e il pensiero di Dio si rivestì di immagini verbali aristoteliche. Si usò Aristotele per tradurre e rendere comprensive la parola di Dio agli uomini. Ancora oggi è lecito chiedersi quanto era di Cristo e quanto di Aristotele

 

Poi la riforma a inizio del 1500. E il pensiero di Dio si adattò al nuovo senso dell'universo e dell'uomo, in questo nuovo sentire. Erano gli anni della scoperta dell'America, della terra divenuta rotonda e calata al rango di semplice pianeta, di una Roma che veniva deflorata dai Lanzichenecchi, di un'intelligenza libera ed orgogliosa che tutto giudica e libera nell'approccio a se stessa e quindi  alla rivelazione.

 

Poi noi. Ed ecco che 2500 vecchietti ci traspongono quel messaggio millenario nel linguaggio dei nostri giorni, giorni globalizzati dalla scienza e dai mass-media. Non e' facile riconoscere in quei documenti le antiche parole di Cristo, ma quei "tanti" vecchietti ce le propongono come le stesse elaborate dalle antiche comunità. Sarebbero solo tradotte.

 

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25 ottobre 2011 2 25 /10 /ottobre /2011 08:22

Non sempre le traduzioni sono felici, così si perdono dei concetti che magari l'originale conteneva.

 

Salmo 33 (32)

 

La versione della Bibbia delle Ed. Paoline, così recita ai versetti 18 e 19:

18 Ecco, l'occhio del signore è su quelli che lo temono,

su quelli che sperano nel suo amore,

 19 Per liberare dalla morte la loro vita

E per farli sopravvivere in tempo di fame.

 

La versione della Bibbia di Gerusalemme è:

18 Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

 19 per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame.

 

 La versione "di cui sopra" traduce così:

18 Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme,

su chi spera nella sua grazia,

 19 per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame.

 

 

Tutte e tre le versione esprimo gli stessi concetti, ma la versione Paolina mi ha portato a rilevare dei concetti altrimenti velati, soprattutto nel versetto 19.

 

Mi ha fatto venire alla mente la frase paolina "dov'è morte il tuo pungiglione?" e allora una corretta interpretazione esige risposta alla domanda "di quale morte stiamo parlando?"

 

Secondo me stiamo parlando dello stato dell'uomo e di quel gradino che l'uomo da solo non potrà mai salire.

 

"Il tempo di fame" non può che essere il nostro presente con le sue lacrime e le sue schiavitù. Per definire la nostra vita "tempo di fame" ci vuole fede, cioè necessita il concetto di sazietà.

 

A questo si aggiunge il fine della richiesta, cioè il concetto di sopravvivenza. Chiedere di sopravvivere non è lo stesso che richiedere il dono di un presente roseo e agiato.

 

In questo salmo la vita è presentata come lotta come sforzo. La critica che il salmista pronuncia a nome di Dio riguarda il modo, meglio l'obiettivo di questi sforzi. Sembra il sorriso di un padre mentre osserva il piccolo che scimmiotta i grandi. Sorride perché vede tanta fatica senza risultati. La vera vittoria è sulla morte, ci dice il salmista. Infatti il terzo concetto è liberazione. Si libera un prigioniero, una persona legata. Qui si libera la vita dalla morte. La morte è la nostra prigione. 

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24 ottobre 2011 1 24 /10 /ottobre /2011 16:38

 

Correttamente il teologo tedesco Walter Kasper dedica il primo capitolo del suo libro sulla Trinità (il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia, 1997) al concetto di Dio per evitare, afferma, equivoci cui seguono oziose discussioni. E' dunque necessario, prima di tutto, accordarsi su cosa ognuno intende con il termine "DIO".

 

Definire solo i punti essenziali è di difficile accordo. Ho trovato però che il salmo 33 (32) tratteggia un'immagine piuttosto completa di Dio. Ovviamente è l'ottica di un credente, di un uomo di Dio, di un autentico profeta, di un salmista. Ma ha il merito di focheggiare i temi su Dio che considero necessari per accettarlo o negarlo, con il pregio di essere extra filosofici e non tomistici. 

 

Per l'autore di questo salmo DIO è:

 

(1) è una persona magnifica.

Infatti, nella sua mentalità da israelita, il salmista lo immagina come una persona. Gli attribuisce rettitudine, affidabilità nella linearità delle sue decisioni, correttezza verso gli altri, attenzione paterna verso tutti e tutto.

 perché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera.

Egli ama la giustizia e il diritto; dellamore del Signore è piena la terra.

 

(2) è il creatore è dominatore della natura. : Dio crea dal nulla. La natura non emana da Lui, non è Lui, è altro da Lui. Lui non è una creatura, ma è Lui che compie la magia ed essa è. E' tanto potente che gli basta volerlo, gli basta dirlo.

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera. 

Come in un otre raccoglie le acque del mare, chiude in riserve gli abissi

Tema il Signore tutta la terra, tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,

perché egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto.

 

(3) I fatti umani, la storia, sono sono guidati e finalizzati da Lui. Niente si muove a caso. Volenti o nolenti, anche se non comprendiamo, perseguiamo i suoi obiettivi.  

Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli.

Ma il disegno delSignore sussiste per sempre,

i progetti del suo cuore per tutte le generazioni

 

(4) sa tutto, vede tutto, conosce i pensieri di ogni uomo, passati presenti e futuri. Non è un'intimità violata, la nostra è una privacy inesistente, solo presunta.

Il Signore guarda dal cielo: egli vede tutti gli uomini;

dal trono dove siedscruta tutti gli abitanti della terra,

lui, che di ognuno ha plasmato il cuore e ne comprende tutte le opere.


(5) L'uomo è creatura incompleta, ferita, braccata. L'uomo non è Dio, non ha energie sufficienti per vivere decentemente. E' debole, incapace, ma la sua vita potrebbe non finire qui.   

Il re non si salva per un grande esercito un prode scampa per il suo grande vigore

Un’illusione  è il cavallo per la vittoria, e neppure un grande esercito può dare salvezza.

Ecco, locchio delSignore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore,

per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame.

 

 

 

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9 ottobre 2011 7 09 /10 /ottobre /2011 16:56

E chiaro che, come la scorsa settimana, Gesù sta rileggendo la storia di rifiuto e di violenza toccata ai profeti e a Giovanni Battista, questa forse è la ragione del ricorrente doppio invio dei servi.

 

Ma questo rifiuto appare provvidenziale perché apre all’accoglienza di quelli che non erano preparati e che vengono raccattati per le strade.  
Buoni o cattivi, belli o brutti non fa problema.
E la sala si riempie di invitati. 

 E vai con la festa! 

Fino a qui tutto sembra chiaro e lineare: c’è chi rifiuta e chi accoglie l'invito

 

 

Ma d’improvviso scatta un nuovo colpo di scena il re passa tra gli invitati, ne trova uno senza abito nuziale. Lo fa legare e dopo averlo rimproverato, lo fa buttare fuori dalla festa. Ma come? Certo che non ha l'abito nuziale - verrebbe da dire - è stato raccattato per strada! 

 

Ovviamente la parabola non vuole mettere in luce la "folle"  pretesa del re, quanto piuttosto sottolineare il rischio dei commensali di sentirsi "garantiti” per il semplice fatto di trovarsi lì.

  Don Roberto Seregni 9-10-2011

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4 ottobre 2011 2 04 /10 /ottobre /2011 08:41

Sulla speranza si scrive poco. Si parla tanto di amore, di fede ma poco di speranza.

 

Ogni tanto mi capitava di rifletterci e quasi invidiavo i Maomettani. Per loro l'attesa del paradiso pareggia l'istinto a vivere. E' tramite l'idea del paradiso che molti giovani vengono convinti al suicidio, nel sottile gioco che trasforma la politica in religione e la religione in politica e la vita in attesa. Ma non avevo una soluzione, convincente per me, alla domanda: per noi che ci diciamo cristiani, cos'è la speranza?

 

Poi ho ascoltato un libro, anonimo e pieno di luoghi comuni, che ha incrinato le mie radicate convinzioni sulla speranza. Infatti, per sostenere le proprie tesi molto new-age, trasportava la speranza nel presente, ne faceva attesa di qualcosa nel presente e non proiezione verso un futuro solo creduto.

 

Ho consultato molti testi, dai documenti del Vaticano II, al catechismo della chiesa cattolica, a ricerche su internet. Mi ci è voluto del tempo ma infine sono arrivato ad un mio punto di messa a fuoco, a un'idea presente solo in nuce nel Vaticano II e nel catechismo. Non pretendo che sia la verità, son però certo che sbagliata non è, altrimenti perché pregare?

 

Per definire la speranza questo è il miglior esempio che sono riuscito a trovarmi: "il malato che sta in ospedale ha come bisogno primario la speranza di guarire, poi sogna pure le cose che avrebbe piacere o speranza di fare dopo, quando torna a casa guarito."  Cioè ho rilevato che nella speranza ci sono due valenze:

Una riguarda il presente, e i Vangeli ce lo ricordano di continuo con il loro "niente è impossibile a Dio". Il "salto ontologico", da semplici uomini a figli adottivi di Dio grazie alla croce e al dono dello Spirito Santo (Simon Mago ci aveva visto giusto), è la prima speranza del Cristiano.

Ricevere il dono del "salto ontologico", tornare in salute dopo il peccato originale con le sue conseguenze, cioè rientrare in amicizia con Dio fino ad essere adottati da Lui è la prima speranza.

La seconda riguarda il dopo, un dopo che arriverà naturale, e allora non ci sarà più dono ma giudizio, saremo giudicati. Il salto ontologico si fa prima, in vita. E non è nelle nostre capacità, ma nel Suo aiuto, un aiuto in cui speriamo per cui preghiamo.

 

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9 agosto 2011 2 09 /08 /agosto /2011 10:53

Domenica, 7 agosto 2011

 

Sono cattolico e pertanto, come mio solito, sono stato a messa ma qualcosa ha solleticato la mia curiosità. Ero incuriosito dalla diversità dei racconti proposti nelle tre canoniche letture.

 

Perché erano state messe insieme quelle tre letture e quale era il messaggio dell'intero trittico? Le avvertivo come fossero colori distanti tra loro (tipo il rosso, il verde e il blu nelle televisioni RGB) eppure, come nelle TV i tre colori ci fanno vedere tutta la gamma della tavolozza, perché non anche qui?

 

Il bandolo della matassa penso di averlo trovato nel concetto di divinità. Concetto che nei tre episodi viene messo a confronto: 

Il divino nelle religioni naturali (1), 

il divino nell'ebraismo (2), 

il divino per Gesù (3).

 

(1) La prima lettura (1RE 19,11-13) descrive l'incontro di Elia con Dio.

Si narra che le prime religioni nacquero dagli eventi naturali. Ma Dio non è là. Oggi la forza della natura, è imbrigliata (tentativamente) nella scienza, sia essa medica, ingegneristica, informatica, alimentare, etc. etc.. La scienza è diventata la panacea a tutti i nostri mali, il sostituto di Dio.

Ma Lui viene sempre dopo e non fa rumore. La sua forza è, non ha bisogno di clamore o dimostrazioni. Certo va capito e riconosciuto, soprattutto atteso.  

 

(2) La seconda lettura è di Paolo, tratta dal 9° capitolo della lettera ai Romani, dove si parla della situazione e salvezza di Israele.

L'incontro con Dio non è un diritto per atto di nascita o per la divisa che ci portiamo in dote.

Ma questo il Vecchio Testamento già lo dice, Paolo vi aggiunge che neppure la legge ce lo ingrazia. Anzi...! E' stupido ed orgoglio infangante ogni rigida osservanza che non sorga dal cuore.

 

(3) Infine, ci è proposto l'episodio evangelico di Gesà che cammina sulle acque (Mt  14, 24 ss).

Pietro, uomo pratico che ha necessità di prove, è invitato a scendere dalla barca, da quello strumento antico, collaudato, sicuro, fatto dall'uomo per stare sulle superfici liquide. "Vieni" gli viene detto e Pietro pone piede sulle acque, contro ogni legge naturale, sulla fiducia. Però l'euforia scema e Pietro comincia a capire quello che sta facendo, il "buon senso" inizia a riassorbirlo, ma il Dio di Gesù mostra la sua faccia, sorride bonario e lo sostiene.

 

 

 

 

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8 agosto 2011 1 08 /08 /agosto /2011 08:25

 

La preghiera si avvia con un saluto. Un saluto molto datato, non tradotto né traducibile, risalente addirittura all'antica Roma. "Ave" era infatti l'intercalare introduttivo degli antichi romani.

 

Poi ci sono le affermazioni di titolo, cioè la posizione "sociale" dell'interpellato. Non è un titolo tipo "dottore" o "senatore" o "onorevole", è altro.  Altro perché altri sono "i valori" in gioco, sia nell'ottica del mondo degli esseri celesti che nel mondo degli uomini.  

 

Per gli Angeli Lei è l'invidiabile amica di Dio. In bocca a Gabriele, l'evangelista Luca pone due affermazioni: "piena di grazia" e "il Signore è con te".  Siccome la grazia è nient'altro che amicizia con Dio, per gli angeli Ella è la creatura più vicina a Dio. Il concetto di pienezza questo esprime. Una pienezza che si manifesta col  riconoscimento della presenza di Dio in Lei.

 

Per gli Uomini Lei è "la meglio", il miglior frutto tra i figli di Eva e, pertanto, la nostra rappresentante principe. Sempre Luca, infatti, porrà in bocca ad Elisabetta le parole "benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo". Chi o che cosa può essere più importante di Dio? e per di più uomo? Maria partecipa a questa umanizzazione, è la porta attraverso cui Dio si "fisicizza".    

 

Solo dopo questa introduzione, a Lei che è "madre di Dio" e perché tale, l'orante presenta le sue richieste.  Non gli si chiede di dare, ma intercedere presso colui che dà. E, come nel "Padre nostro", la richiesta riguarda l'adesso, l'oggi. Infatti l'avverbio "adesso" non include il domani, i giorni futuri. Il futuro sarà un'altra storia, lasciata nelle mani provvidenziali di Dio.

 

Ma c'è un'eccezione, un'aggiunta che qualifica questa preghiera: l'ora della morte. La seconda richiesta a Maria, oltre all'intercessione, è la compagnia. Compagnia nel momento della resa dei conti, nel momento di maggior nudità, debolezza e solitudine di ogni uomo, durante il trapasso.

 

Una richiesta che rende umanissima questa preghiera. E' un dialogo tra persone non divine, vissute in terra con soli occhi umani in un orizzonte limitato da nuvole bianche. Persone per le quali il cielo è oltre le nuvole, fondato su echi di parole sentite, di aspirazioni imprecisate, in un perenne dubbio sull'esistenza stessa di un lontano, nascosto, solo creduto "oltre".

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  • : Blog di Piero Azzena
  • : Questo blog è solo la mia voce, resa libera dall'età. Questo blog è un memo, seppur disinvolto nei tempi e nei modi, dove chioso su argomenti la cui unica caratteristica è l'aver attirato la mia attenzione. Temi esposti man mano che si presentano, senza cura di organicità o apprensione per possibili contraddizioni. Temi portati a nudo, liberi da incrostazioni , franchi e leali.
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