Se c'è una cosa che mi appassiona è la lettura dei salmi, ma ancor più l'ascolto dei salmi. Li ho inserito nell'MP3 e li ascolto estasiato mentre cammino.
Questo mi ha permesso di avvertire un'armonia di fondo che emerge da quei suoni, cioè i temi ricorrenti che li unificano.
Gli attori fondamentalmente della recita sono tre: chi subisce, chi voracemente domina e la divinità che tutto può.
Il tema più ricorrente è il povero bistrattato che trova in Dio unico riparo alla prepotenza. Nei salmi il bistrattato però non è solo l'uomo, ma anche il popolo, e i due soggetti si accavallano o si sostituiscono in continuo.
Questo è il tema di fondo che poi viene recitato in tante sfaccettature. Ad esempio:
- come ripagare Dio per l'aiuto invocato o ricevuto, da cui il concetto dei "comandamenti", prima essenziale unica moneta nei confronti di un Dio che ha già tutto.
- gli uomini che han tutti pari dignità. Non esiste altro padrone che Dio. La stessa schiavitù o servizio o debito ha una durata, un tempo determinato. Il concetto di giubileo nell'ottica della dignità umana è geniale. Solo gli ebrei vendevano, o si vendevano, ma per un periodo determinato. Un debito, un impegno va onorato, ma solo Dio è padrone dell'uomo e delle cose, con l'uomo tutto ha un tempo finito.
- Altro concetto portante è l'alta idea di Dio. Dio è oltre, è potente, eppure non disdegna di curvarsi sul sofferente, è giudice paziente e non corrompibile. Chi ha fiducia in lui gode dei suoi favori.
- Nei Salmi il racconto della propria storia si colora di epopea, più che altrove. Israele si racconta, si canta, si riveste di miracoloso. Ogni scaramuccia è un battaglia epica. Ma tra le pieghe si disegna anche la sagoma del regista. E' Dio il regista non il caso. Dio è il vero autore della sua storia. E' Lui che, dettando una meta, trasforma l'esistenza dell'umanità da strada circolare ripetuta all'infinito, per il sorgere e morire di ogni vita, nella strada diritta di un popolo verso una promessa. Così facendo introduce il concetto di tempo lineare.
Tutto questo assume peso e valore se posto a confronto con le altre forme religiose di allora e di oggi.
Nella storia delle religioni la prima forma di religiosità nasce dalla paura, dall'ignoranza dei grandi fatti naturali. La divinità era la spiegazione agli eventi naturali: i fulmini i tuoni le mareggiate i terremoti le stelle. Tutte cose queste che solo la divinità poteva generare e governare.
Ma quando la società cominciò a formarsi e a strutturarsi nacque la prepotenza del forte sul debole, si formarono le classi sociali e la religione divenne una delle strutture portanti per la loro conservazione. Cioè nacque la servitù e la schiavitù, cioè passò il concetto che alcuni uomini, per cause naturali o sfortune belliche, fossero bestie, macchine di produzione, proprietà da utilizzare a piacimento.
Eppure anche lo schiavo si sentiva persona come il suo padrone. Padrone di cui vedeva e sentiva uguale l'identità e avvertiva che niente giustificava i diritti che proditoriamente vantava. Tante furono le lotte, le ribellioni, le guerre degli schiavi di cui la storia non porta neppure memoria. Anche i fatti concreti sono stati cancellati, roba da bestie che non meritava memoria. Ma se la società non permetteva ribellioni fisiche, l'unica ribellione accettata era la speranza del cadavere di vivere ancora, era l'altrove che non ribaltava le strutture sociali dei vivi.
Anche i salmi conoscono questo vivere, seppur addolcito dai giubilei, quando celebrati. Ma poi anche i salmisti erano figli della loro epoca e non potevano o sapevano concepire altro modo di vivere. Ma sapevano sperare e da quelle parole, da quei canti è nata la civiltà della nostra epoca.
Perché nei salmi gli uomini sono tutti uguali, ricco il povero sono equiparati, lo schiavo e il padrone sono uguali, e questo concetto ebraico noi europei l'abbiamo fatto nostro e gli abbiamo dato un nome, i diritti dell'uomo.
I salmi sono poesia ma anche filosofia di vita. È bello ascoltarli.