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3 luglio 2020 5 03 /07 /luglio /2020 06:50

Per capire cristianesimo dei cattolici di oggi, ho provato ad aprire una delle varie formule del credo cattolico e a schematizzarlo.

 

Il più completo m’è parso il credo di Paolo VI, quello scritto a quattro mani con Jacques Maritain e pronunciato in chiusura del concilio Vaticano II. Ed ecco, sotto, lo schema che m’è venuto fuori

 

E’ evidente sin dal primo sguardo, nel settore basso a destra, che la Gerarchia si è auto-riconosciuto un potere assoluto di gestione e di controllo. Gestire i testi, le tradizioni e addirittura l’operare di Dio è governare, più precisamente assumere un potere quasi divino, come gli antichi sacerdoti egizi.

 

Capisco le giustificazioni (... c’è una “verità” da conservare e da difendere, un’unità ecclesiale da assicurare) ma sono giustificazioni non protette neanche dall'obiettivo, che è ormai perso.

 

Oggi la gerarchia annuncia che il pulpito non serve, o almeno serve a poco se non riempie la pancia.

Pertanto il buon cristiano è invitato a lasciare il pulpito per passare in cucina, a far la spesa e cucinare, sgomitando con l’ONG di turno cui ci stiamo rendendo simili.

 

 

 

 

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29 giugno 2020 1 29 /06 /giugno /2020 09:47

 

Il 24 giugno 2020 è stato presentato un novo direttorio per la catechesi, cioè un nuovo catechismo. Non l’ho ancora acquistato ma ho letto i commenti che circolano. Non mi sono piaciuti.

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Un anno fa, esattamente il 4 agosto 2019, registravo questo commento al catechismo cattolico di ignoto autore web: 

 

Da una parte c'è l'impianto teologico di cui capirne i meccanismi, ma che non è sufficiente, dall'altra dovremmo di fatto esercitare una assunzione passiva della verità di fede, senza sperimentarla. Nel mezzo, la nostra "sete" di verità e di senso. 

 

Ma nel mondo di oggi quando qualcosa non ci torna, dobbiamo capirne di più. Ci corre in aiuto la risposta pronta, una sorta di FAQ come può essere il compendio del Catechismo cattolico: ma questo può non bastare più. Non è solo una questione verbale: non è spiegando ad una persona un concetto, che la persona lo accetta e lo vive come fede. Bisogna forse coniugare quell'aspetto intellettuale/logico con il nodo sentimentale dell'uomo e con il suo rapporto con Cristo persona, che a quel punto si favorisce la vera esperienza di dialogo. 

 

Ed è qui che si confrontano le diverse visioni all'interno della Chiesa.  Infatti c'è anche chi ritiene questo passaggio inutile e sostiene che basta capire bene di cosa stiamo parlando, per avere la "giusta" fede. Se non la si prova "sentimentalmente", tanto peggio: l'importanza di averla capita travalica ogni altra considerazione. L'essenziale è accettare il rito, la tradizione, i dogmi. Ma c'è una visione ancora più rigida e consiste nel ritenere ancora più importante non metterli mai in discussione.

 (Stralcio da un articolo trovato su web) 

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Se questo pensiero lo condividevo 11 mesi fa, dopo aver letto i commenti di presentazione al libro di questi giorni (avvenire, vaticano, giornali laici, etc) ribadisco le stesse posizioni di allora.

 

Penso di non essere il solo, visto che ci son voluti ben quattro mesi dall’approvazione di papa Francesco alla divulgazione, forse qualche interrogativo c’era ed è stato sopito, poi l’hanno fatto pubblicare ai Paolini ma non alla stamperia vaticana come fu per la precedente edizione (come mai?)

 

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28 maggio 2020 4 28 /05 /maggio /2020 06:31

 

Ieri 27 maggio 2020 tanti giornali italiani e anche le TV nazionali davano notizia del pesante intervento “ufficiale” del Vaticano sul monastero di Bose.

 

“Il corriere della sera” scriveva: "La scelta è arrivata dopo l’ispezione disposta sei mesi fa. Una decisione clamorosa, nella storia della Chiesa italiana: il Vaticano, con un decreto «approvato in forma specifica dal Papa», ha disposto di allontanare Enzo Bianchi (con altri tre confratelli) dal monastero di Bose da lui fondato.

 

Ma che cosa succede a Bose?

 

Non è stato facile trovare nel web un perché accettabile alla notizia, forse per ignoranza degli scribacchini incaricati o forse per non aizzare ritorsioni da parte degli editori. Unico articolo con un minimo di messa a fuoco sul problema l’ho reperito su “Vita Pastorale” (ed. Paoline).  Allego copia dell'articolo, firmato dallo stesso Enzo Bianchi, e quindi sono certamente parole di difesa. Ma sono anche un'accusa alla Gerarchia, quando il Bianchi ci rivela che non si è trattato di una lite tra confratelli come si cerca di far credere ma la punizione per un pensiero critico non gradito. Siamo alle solite?  

 

Da parte mia posso solo aggiungere di aver mosso le stesse critiche in questo Blog il 30.3.2020 quando scrissi del mio fastidio  per la spettacolarità attribuita alla preghiera di papa Francesco in San Pietro per la pandemia, ma io ho il vantaggio di essere un vecchietto insignificante che pochissimi leggono.

 

Buona lettura e buone riflessioni, ma stando in piedi... come faceva Giobbe.

 

 

 

 

 

Dalla pandemia all'epidemia della paura

Vita Pastorale - Rubrica “Dove va la chiesa” - Maggio 2020

di ENZO BIANCHI

 

Che cosa è successo? Dove siamo precipitati? Sono domande poste da credenti e non credenti, smarriti e a volte angosciati. Siamo stati colpiti dalla pandemia, ma c’è stata anche un’epidemia della paura.

 

Le stesse chiese si sono trovate inizialmente esitanti e poi si sono espresse con una voce tenue, consolatoria, sì, ma priva di una capacità di “guidare”, di discernere i segni dei tempi; senza una parola autorevole e performativa nei confronti dei fedeli e della gente. “Non mi è sembrato di aver udito nella chiesa italiana il pronunciamento di una parola autorevole, partecipe, consolatrice, ma anche profonda, illuminante, orientatrice”, ha scritto don Giuliano Zanchi in I giorni del nemico. Ancora una volta è stato papa Francesco, soprattutto con i suoi gesti, scaturiti dalla sua umanità profonda e dalla sua capacità profetica, a essere un riferimento affidabile, un intercessore presso il Signore, un pastore in mezzo al gregge.

 

Certamente questa emergenza merita il nome di apocalisse, nel suo autentico significato biblico: si è alzato un velo ed è avvenuta una rivelazione sulla chiesa stessa, sulla sua fede, sulla sua liturgia. E quando giungerà la fine della pandemia, occorrerà interrogarsi e fare una grande operazione di discernimento evangelico, senza il quale è inutile invitare alla conversione. Non basta infatti dire: “Convertitevi!” ma, come facevano i profeti e Gesù, occorre indicare e smascherare gli idoli che impediscono la vera adorazione del Dio vivente e quindi la sua testimonianza all’umanità.

 

Confesso di aver sofferto molto in questo tempo.

 

Innanzitutto per quelli, tra i quali alcuni amici, che sono stati colpiti dal virus; per quelli che sono morti soli, abbandonati e senza il conforto dei sacramenti religiosi. Ma ho sofferto anche per la vita della chiesa che, insieme ad autentici atti di carità e profondo valore spirituale, per l’iniziativa di alcune persone ha assunto forme non adeguate e a volte neppure degne della fede cristiana che professiamo. Dobbiamo confessarlo: è emerso che la riforma liturgica del Vaticano II ha cambiato i riti ma non ha mutato in profondità le mentalità e dunque non ha fatto maturare i cristiani verso un “culto spirituale” (loghiké latreìa: Rm 12,1), un culto secondo la Parola, nel quale si offrono a Dio i propri corpi in sacrificio vivente. Le numerose celebrazioni tecnologiche e virtuali, celebrazioni eucaristiche in chiese vuote – messe senza popolo e popolo senza messa - non sono state vie offerte con intelligenza. Non si è detto con chiarezza che queste non potevano essere autentiche liturgie dei sacramenti ma solo strumenti di devozione e di aiuto alla preghiera personale.

 

Mi rincresce dirlo: inutile istituire la “domenica della Parola”, se poi non si invitano i cristiani a cibarsi della Parola, anch’essa vero corpo di Cristo, quando diventa necessario il digiuno eucaristico. Inutile parlare di assemblea celebrante senza tenere conto della sua presenza (dell’assemblea) nel celebrare, quando il Catechismo della chiesa cattolica giunge a dire con audacia: “Tutta l’assemblea è liturgia” (n. 1144). Perché i pastori tutti non hanno coralmente e unanimemente invitato i fedeli a celebrare in famiglia una liturgia domestica della Parola, soprattutto nel Triduo pasquale? E perché molte comunità piccole, anche religiose, hanno preferito seguire i riti in streaming piuttosto che celebrare la liturgia della Parola, essendo “un regno e dei sacerdoti per Dio” (Ap 1,6)? La chiesa di Pio XII – ne sono testimone – non permetteva la celebrazione della messa senza che almeno un laico vi assistesse, a nome del popolo di Dio. Spero vi sarà la possibilità di esprimere queste perplessità e di sollevare queste domande nello spazio ecclesiale, per trovare strade di obbedienza alla Parola e alla grande tradizione. Lo faremo, ogni cosa a suo tempo…

 

Qui comincio con l’affrontare uno degli aspetti più semplici, più visibili ma anche contestati in questa emergenza: che preghiera fare? E soprattutto: Dio interviene nella nostra vita? Tentiamo una risposta in obbedienza alla fede cristiana.

 

In questo periodo moltissimi cristiani sono tornati a pregare e la chiesa appare più che mai un popolo che implora Dio, chiedendogli la liberazione dal male e la fine della pandemia. Il papa, i vescovi e i pastori si fanno intercessori e invitano i credenti a pregare nelle diverse forme possibili, in una situazione in cui la liturgia eucaristica comunitaria è diventata impraticabile. Sono riapparse forme di preghiera dimenticate, desuete, e soprattutto il culto mariano si mostra ancora capace di attirare molti fedeli. Di fronte a questo inaspettato impegno nella preghiera – nelle sue forme più devozionali, va riconosciuto –, vi è chi grida allo scandalo, chi s’indigna giudicando tale preghiera uno stalking, un’ossessiva invocazione di un Dio ridotto a idolo, una smentita dell’immagine di Dio rivelataci definitivamente da Gesù. Secondo questi pareri, ciò che avviene nella liturgia della chiesa di fronte al male sofferto sarebbe un abuso, un ritorno alla ripetizione pagana di parole che in realtà affaticano Dio.

 

Non mancano quanti pongono nuovamente la sterile e stolta domanda: “Dov’è Dio?”, nella loro incapacità di chiedere a se stessi innanzitutto: “Dov’è l’umanità?”. Molti tentano risposte intellettuali, astratte, e finiscono per giudicare l’invocazione della povera gente come fede infantile, più superstiziosa che fede autentica, pensata e adulta. Diventa dunque urgente metterci ancora una volta in ascolto della Parola contenuta nelle sante Scritture e accettare di esserne illuminati. È infatti la parola di Dio che giudica ogni nostra preghiera, ogni nostra parola di risposta al Dio che per primo ci ha parlato e che ci chiede innanzitutto di ascoltare la sua voce. Dimentichiamo facilmente che la preghiera cristiana è prima di tutto ascolto. Preferiamo dire a Dio: “Ascolta, Signore, perché il tuo servo ti parla”, piuttosto che: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,9).

 

Ma cosa ci dice questa parola? Innanzitutto che il nostro Dio si è rivelato perché ha ascoltato il grido che saliva a lui dai figli di Israele oppressi in Egitto. Ha ascoltato il grido degli umani ed è entrato nella nostra storia; non è restato lontano, nel cielo, ma si è fatto presente in mezzo a noi (cf. Es 3,7-8). Ecco dunque che il Signore agisce, ma non senza di noi e con un’azione onnipotente che s’impone, modificando il funzionamento normale delle cose. No, agisce in noi affinché, ispirati dalla forza interiore che egli ci dona, possiamo operare nella storia conformemente alla sua volontà.

 

Per questo il Signore nostro è da sempre il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Mosè, dei profeti: perché è in essi e attraverso di essi che egli è stato ed è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, colui che agisce nella storia. Il nostro Dio non si presenta come una forza esteriore che noi dobbiamo invocare per compiere ciò che non possiamo fare, né ha la possibilità di un’azione distante da quella degli umani. Che ne è allora della preghiera di domanda? Sappiamo bene che non possiamo domandare miracoli né segni, ma possiamo, anzi dobbiamo chiedere ciò che ci consente di vivere la nostra fiducia in Dio e il nostro abbandono a lui.

Senza questa fiducia, che conta molto più delle nostre formule, le nostre preghiere sarebbero superstizione.

 

In verità – come avverte Paolo – noi non sappiamo cosa domandare al Signore, non sappiamo come pregare, ma lo Spirito santo, che è all’origine della nostra preghiera, con gemiti inesprimibili fa giungere il nostro grido a Dio, il quale guarda più al nostro cuore che alle nostre parole (cf. Rm 8,26). Per questo Gesù ci ha invitato a pregare, a domandare (cf. Lc 11,9-10), assicurandoci di essere esauditi attraverso il dono dello Spirito santo che agisce in noi con efficacia (cf. Lc 11,13).

 

L’angoscia che noi viviamo in certe situazioni ci fa innalzare preghiere che, nella misura in cui non sono pretese, non sono illegittime ma sono parole e gesti di fiducia nel Signore. L’onnipotenza del nostro Dio è onnipotenza nell’amore, perché Dio non può mai intervenire se non attraverso l’amore, un amore gratuito per ognuno e per tutti, buoni e malvagi, credenti e non credenti. I “fedeli credenti” nel buon messaggio, nell’Evangelo, possono dunque pregare chiedendo a Dio con semplicità di dare loro il pane quotidiano e di liberarli dal male (cf. Mt 6,11.13; Lc 11,3). Dio, attraverso il suo Spirito santo, ispirerà vie per procurare il pane quotidiano, per noi e per gli altri che sono nel bisogno, e ci spingerà a combattere contro il male per vincerlo. Così e solo così Dio agisce nelle nostre vite, perché è lui la sorgente della nostra resistenza al male.

 

Sì, il nostro Dio non è un Dio cieco al quale dovremmo aprire gli occhi; non è un Dio sordo al quale dovremmo ridare l’udito. È il Dio che, invocato, apre i nostri occhi e nostri orecchi e ci rende capaci di amare come lui “è amore” (1Gv 4,8.16), nella cura e nel servizio dell’umanità, nella lotta contro il male che ci assale.

 

Pubblicato su: Vita Pastorale

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30 marzo 2020 1 30 /03 /marzo /2020 07:04


Venerdì 26 marzo, ore 18, in piazza San Pietro, presente il “crocifisso miracoloso” della peste di Roma del 1522, si è tenuta una processione in forma moderna contro la peste dei nostri giorni, il coronavirus che ci sta tormentando.

 

E’ stato uno spettacolo emozionante.

 

Ma dopo giorni, quando l'emozionalità si va spegnendo, mi rendo conto di aver visto un bel film, come tanti. 

  • Una location impareggiabile, ben valorizzata da un'accorta regia casualmente coadiuvata dal temporale. 
  • Una splendida fotografia a supporto di un cerimoniale simbolico che si ripete immutato da secoli e che dava consistenza all'episodio della barca, raccontato da Marco e re-interpretato per l'occasione. 

 Tutto eccessivo, troppo perfetto, troppo parlante.

 

Eccessive anche le parole di papa Francesco: 

  • parla di fede ma non parla dei neocatecumenali di Salerno, cioè dei perimetri della fede ingenua; 
  • sottolinea i tanti episodi di generosità laica, di professionalità ed empatia in questi funesti giorni, ma poi travalica verso significati che forse quegli atti non hanno. 
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17 marzo 2020 2 17 /03 /marzo /2020 18:27

 Due fatti temevo e ambedue si sono avverati.

  • L'ieratica preghiera del vescovo di Milano alla madonnina 
  • Il raduno dei neocatecumenali ad Atena Lucana (SA).

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Chiedere è corretto, e bene ha fatto il vescovo, però le forme a volte parlano più della sostanza. Il filmato sapeva di antica rappresentazione magica.

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I religiosissimi neocatecumenali per ignoranza, ma forse solo per presunzione, invece hanno commesso due errori o peccati che loro e altri stanno pagando.

  1. Il primo contro la legge civile, senza giustificazione alcuna.
  2. Poi contro Dio , perché hanno voluto mettere alla prova Dio stesso, esattamente come nella seconda tentazione di Gesù nel deserto.
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26 febbraio 2020 3 26 /02 /febbraio /2020 11:12

La fede fa parte della scienza e non della fantascienza, della realtà e non della fantasia, della fisicità non dei sogni. Eppure si esce di chiesa come da una multisala, come da un film che si spegne a fine spettacolo

 
 
 
 
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22 gennaio 2020 3 22 /01 /gennaio /2020 19:05

La fede fa parte della scienza e non della fantascienza, della realtà e non della fantasia, della fisicità non dei sogni. Eppure quando la domenica finita la messa si esce di chiesa, è come uscire da una multisala, come da un film quando finisce lo spettacolo. Immagini e parole in costume, lontane, che sanno di stantio

"Ai nostri giorni l'umanità, presa d'ammirazione per le proprie scoperte e la propria potenza, agita però spesso ansiose questioni 
•    sull'attuale evoluzione del mondo, 
•    sul posto e sul compito dell'uomo nell'universo, 
•    sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi,
•    infine sul destino ultimo delle cose e degli uomini. 

Per questo [… ] il popolo di Dio riunito dal Cristo, non potrebbe dare una dimostrazione più eloquente di solidarietà, di rispetto e d'amore verso l'intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. 

Si tratta di salvare l'uomo, si tratta di edificare l'umana società.

È l'uomo dunque, l'uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, l'uomo cuore e coscienza, pensiero e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione.

Pertanto il santo Concilio, proclamando la grandezza somma della vocazione dell'uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all'umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione. Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa."

[COSTITUZIONE PASTORALE SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO, GAUDIUM ET SPES (Par. 3)]
 

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13 gennaio 2020 1 13 /01 /gennaio /2020 17:26

Che un papa si dimetta l'accetto.
Che continui ad abitare in Vaticano, riverito e vestito di bianco un po' meno. L'ho trovato di pessimo gusto se non offensivo verso il nuovo Papa. Infatti a nessun titolo mi risulta che papa Francesco sia il portavoce dell'ex Benedetto XVI.
Ma che si opponga fino a criticare l'operare del suo successore lo trovo grave e foriero di guai per la Chiesa.

Il tema dei preti sposati che è  argomento di derivazione e di carattere puramente storico (visto che gli ortodossi hanno i preti sposati ed è normale per i pastori protestanti) eppure parrebbe che l'ex-papa assurga questa caratteristica a dogma di fede. L'avrà anche detto Sant'Agostino, è  un'opinione colta, ma non è  detto che sia vera, evangelica. Allora perché?

Mi auguro che, nonostante l'età, il colto reverendo Ratzinger si renda conto che, pronunciando una critica tanto "pesante" al suo successore, si concede a chi con il vecchio Vaticano campava e a chi vi trovava riparo. Diciamo che sicuramente farà da sponda ai tradizionalisti, i quali prontamente  isseranno la sua immagine sui loro labari. Come non immaginare un altro periodo di scismi?

Spero tanto di sbagliarmi...!

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3 gennaio 2020 5 03 /01 /gennaio /2020 11:08

Si parla tanto di come sarà la società futura, ne ha parlato persino Papa Francesco con-alla sua Curia nel discorso per Natale 2019, ma ecco qui un interessante punto di vista sulla nuova cultura cui l'web ci sta portando, volenti o nolenti, coscienti o meno  (il brano è tratto dal libro di Kevin Kelly "L’inevitabile"):

[...] Visibile su uno schermo, un libro diventa una rete di relazioni generate dal librare di parole e idee; connette lettori, autori, personaggi, idee, fatti, nozioni e storie, relazioni che vengono tutte amplificate, migliorate, allargate, accelerate, sfruttate e ridefinite dai nuovi metodi di visualizzazione.

Gli ebook di oggi mancano della fungibilità del testo digitale per eccellenza: Wikipedia. Ma alla fine, nel prossimo futuro, il testo degli ebook verrà liberato, e la natura autentica dei libri fiorirà: scopriremo così che non hanno mai voluto essere elenchi telefonici stampati, cataloghi cartacei di ferramenta o manuali tascabili. Questi sono lavori per i quali gli schermi e i bit sono molto superiori, per i quali né la carta né la narrazione sono adeguati. Quello che i libri hanno sempre voluto è essere annotati, evidenziati, sottolineati, ospitare segnalibri, riassunti, essere confrontati, collegati, condivisi e discussi; la digitalizzazione permette tutto questo e molto altro.

Possiamo vedere i primi scorci di questa rinnovata libertà dei libri nei dispositivi Kindle e Fire: mentre leggo posso (con qualche difficoltà) sottolineare dei passaggi che voglio ricordare, estrarli (non proprio facilmente, a oggi) e rileggere la mia selezione dei luoghi più importanti e memorabili. Ma, cosa più importante, posso permettere che la mia sintesi venga condivisa con altri lettori, e io posso leggere quella di un determinato amico, studioso o critico. È anche possibile filtrare le selezioni più popolari tra i lettori e iniziare così la lettura del libro in un modo del tutto diverso. Ciò consente a un pubblico più ampio di accedere alle annotazioni di altri autori importanti che hanno letto quel testo (sempre con il loro permesso), un beneficio del quale in passato solo pochi collezionisti di libri rari hanno potuto godere.

La lettura diventa sociale.

(dal cap 4 del libro di Kevin Kelly "L’inevitabile"):


 

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27 dicembre 2019 5 27 /12 /dicembre /2019 11:13

Nel discorso natalizio alla Curia Romana del 21 dicembre 2019, papa Francesco invita a camminare, a essere nuovi pur nel rispetto delle tradizioni. E dedica un intero capitolo di questo tema al “Dicastero per la Comunicazione”, dove parla di “novità metodologiche” per una pastorale adatta alla società in cui siamo immersi.

 

La sottile venatura polemica che si coglie nelle parole del Papa, ha la sua ragion d’essere nel contrasto

  • tra la sua convinzione, che se non ci si addentra nei meandri sempre nuovi dei media, se non ci si impossessa dei nuovi linguaggi, il Vangelo è semplicemente out, illegibile, teatro, cerimonie come presepi,
  • e una pigra o poco leale riposta dei suoi collaboratori nonostante il suo sforzo di riunire in un unico dicastero stampa, radio, tv e web.

 

Lui intende aggiornare il modo di raggiungere l’uomo di oggi, ma l’ha capito la Curia?

Ecco le parole del Papa:

 

[…] Alcune considerazioni vorrei riservarle pure al Dicastero per la Comunicazione di recente istituzione. Siamo nella prospettiva del cambiamento di epoca, in quanto “larghe fasce” dell’umanità vi sono immerse in maniera ordinaria e continua.

Non si tratta più soltanto di “usare” strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri. Un approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico»  

 

[…] La nuova cultura, marcata da fattori di convergenza e multimedialità, ha bisogno di una risposta adeguata da parte della Sede Apostolica nell’ambito della comunicazione.

Oggi, rispetto ai servizi diversificati, prevale la forma multimediale, e questo segna anche il modo di concepirli, di pensarli e di attuarli. Tutto ciò implica, insieme al cambiamento culturale, una conversione istituzionale e personale per passare da un lavoro a compartimenti stagni – che nei casi migliori aveva qualche coordinamento – a un lavoro intrinsecamente connesso, in sinergia.

 

 

 

 

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