Sono schifato... mi rifiuto persino di sentire il telegiornale.
Sempre più mi convinco che il vero prototipo del giudice italiano è e resta il Dott. Carnevale di Napoli.
Costui, soprannominato dai giornali l'ammazzasentenze, era persona piena di boria, si soddisfaceva e prodigava a trovare il cavillo formale per annullare le sentenze dei suoi colleghi, senza rendersi conto che un delinquente la faceva franca, che un pericolo si rinnovava per la società che l'aveva scelto ad amministrare la giustizia. La giustizia era, per lui, solo una parola, parola da lui resa puttana (Corrado Carnevale nato a Licata, 9 maggio 1930, magistrato italiano).
Tra i commenti letti, ecco quello di Fabio Germinario su Huffingtonpost, che condivido:
*** A questo punto il caso Berlusconi sembra passare in secondo piano, e la domanda che viene da rivolgersi è la seguente: che giudizio potrà farsi l'opinione pubblica su una magistratura che in questa, ma anche in numerose altre occasioni, massacra una persona in primo grado per poi assolverla completamente nel secondo?
A chi giova l'idea che nel nostro Paese valga tutto e il suo contrario, e che non ci si possa fidare di niente e di nessuno?
La forbice tra primo giudizio e appello è enorme: non si tratta di una parziale - per altro attesa - revisione della sentenza, ma di una violenta sconfessione. Al punto che è impossibile non chiedersi se uno dei due collegi giudicanti non abbia commesso un errore grossolano o addirittura non sia in malafede.
Era la prima sentenza a essere davvero esagerata, frutto di un «teorema», come Berlusconi ha sempre sostenuto? Oppure è l'assoluzione totale a essere insostenibile, prodotta da giudici corrotti oppure per far fuori definitivamente ipotesi di scomode alleanze politiche sulla strada delle agognate riforme?
Come si fa a non diventare - forse patologicamente - dietrologi, di fronte a ribaltoni di questo genere? Questa sentenza fa indubbiamente riflettere in modo profondo. E le conclusioni che si possono trarre non sono per nulla allegre.**