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20 gennaio 2017 5 20 /01 /gennaio /2017 09:46

Ho letto con stupore l'articolo "Non si legifera sulla verità" dell'avvocato penalista Carlo Blengino, avvocato penalista esperto di diritto delle nuove tecnologie, di copyright e di data protection. Fa della considerazioni forse poco etiche ma molto raginevoli dal punto di vista giuridico. Ha ragione.

 

Ecco i passi salienti del suo articolo:

[...] Nel nostro ordinamento la verità in sé non è mai oggetto di tutela. In campo penale non esiste un solo reato che ponga a fondamento della sanzione la lesione della verità in quanto tale.

 

[...] In realtà tutti i reati che hanno come presupposto la commissione di un falso ideologico non sanzionano la falsità in sé, la menzogna, e non tutelano affatto la verità, ma presidiano altri specifici e differenti beni giuridici che dalla falsità possono esser lesi. Ad esempio, nella falsa testimonianza la menzogna del testimone non è sanzionata perché lede la verità ma perché mina il corretto esercizio dell’attività giurisdizionale.
 

[...] Non è la verità a esser tutelata dai reati di falso, tant’è che al primo anno di università si impara che il falso ideologico del privato in una scrittura privata, cioè la menzogna contenuta in un qualsivoglia scritto (web incluso) che non abbia particolari valenze probatorie prestabilite per legge, non è mai sanzionato. L’ordinamento è indifferente alle nostre menzogne. E bene che così sia.

 

[...] il concetto che mi preme sottolineare mi pare sia chiaro:
il diritto, negli ordinamenti democratici, si tiene ben alla larga dalla verità quale bene giuridico oggetto di tutela. La ragione è intuitiva: più una comunità si avventura nella impervia strada verso la tutela della verità più decresce il suo tasso di libertà e si dirige inevitabilmente verso il baratro di un totalitarismo ideologico più o meno gentile.

 

 

E quindi conclude, con una punta polemica:

 

Il dibattito sulle fakenews ha un suo valore sociologico e forse antropologico.

Nella società dell’informazione, saper distinguere tra un fatto e un’opinione e avere la capacità critica di cogliere l’autorevolezza di una fonte qualificata rispetto al chiacchiericcio, alla propaganda o alla rassicurante disinformazione sono fondamentali.

 

Sentire però politici, ministri e presidenti d’Authority che pensano di tutelare la verità espungendo la menzogna dai media (o solo da internet?) grazie a formule giuridiche, provvedimenti di legge, o peggio deleghe alle piattaforme della Silicon Valley mi pare inaccettabile e sconcertante.
Nel dibattito sulla disinformazione non si cerchino soluzioni in diritto, ché non si legifera sulla verità.

 

____

Carlo Blengino è un avvocato penalista esperto di diritto delle nuove tecnologie, di copyright e di data protection. Articolo pubblicato il 19.1.2017 da "ilpost.it"

 

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