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22 luglio 2019 1 22 /07 /luglio /2019 15:41

(Brano tratto da una intervista di Jesús Bastante al teologo José María Castillo, gesuita spagnolo, apparsa su Religión digital il 24 luglio 2018.

Per prima cosa, le chiese primitive si diffusero attraverso l’Impero senza conoscere il vangelo, poiché l’apostolo di quelle chiese fu principalmente san Paolo. Paolo non conobbe Gesù, e perciò nemmeno il vangelo. Ciò che egli visse nel famoso episodio sulla via per Damasco quando, così si narra, cadde da cavallo (sebbene la storia non menzioni alcun cavallo), fu l’esperienza del Risorto. Ovvero: Cristo, non più di questo mondo, ma oltre questo mondo, nella pienezza della sua gloria nell’eternità.Rimane  il fatto che Paolo non conobbe Gesù. Di più: l’apostolo afferma, nella Seconda lettera ai Corinzi, che il Gesù incarnato (cioè il Gesù umano) non rientra fra i suoi interessi.


La chiesa oggi è più Paolo o più Pietro? O forse nessuno dei due?
La chiesa non si riduce né a Pietro né a Paolo.
Se con Pietro intendiamo la chiesa che proviene dal Gesù storico, chiaramente il vangelo segue più Pietro. Mentre dalle lettere apostoliche che Paolo ha inviato alle chiese sparse per tutto l’Impero, dall’Oriente alla Spagna, deriva una chiesa elaborata da Paolo a partire dalla sua esperienza del trascendente, del Risorto. E molto condizionata dalle sue idee e dalla sua formazione: egli si formò nella cultura greca, fu molto influenzato dal pensiero stoico e sembra si possa affermare che fosse influenzato da correnti gnostiche. E tutto questo non è Gesù: si tratta di altro, di altre vie.
1.    Da notare è anche che i vangeli iniziarono a diffondersi dal 70 d.C., circa quarant’anni dopo la morte di Gesù, quando la chiesa si era già organizzata in comunità e assemblee nelle grandi città dell’Impero. Questo è il primo problema.
2.    Il secondo è che le assemblee che organizzavano le chiese di Paolo non avevano dei templi, delle chiese come oggi le intendiamo (nel senso degli edifici). Si riunivano in case, che dovevano però essere grandi, e solo i ricchi e i potenti disponevano di grandi abitazioni. Pertanto, la chiesa si organizzò attorno alle case della gente ricca e importante, e dunque attorno ai loro interessi.
3.    Un terzo fattore, che molti non tengono in considerazione, è che nei primi secoli l’Impero era bilingue: si parlavano soprattutto greco e latino. Ma i vangeli furono scritti in greco, che era la lingua della gente colta, di un certo livello sociale, culturale ecc. E i poveri, che facevano? Quello che han sempre fatto e che seguitano a fare: stavano ai margini. La prima traduzione della Bibbia di cui siamo a conoscenza non è quella del 180 d.C. (siamo già un secolo e mezzo dopo la morte di Gesù). Secondo Tertulliano, è nel III secolo che si hanno notizie di una traduzione della Bibbia in latino. Pertanto, nei primi due secoli il popolo non poteva conoscere il vangelo.
4.    Vi è un quarto fattore molto importante: all’inizio del IV secolo avviene la famosa “conversione di Costantino”. A partire da quel momento, la chiesa comincia a godere di diversi privilegi. Non mi dilungherò su questo aspetto, ma conviene tenerne conto.

 

Fu poi Teodosio a dichiarare il cristianesimo religione ufficiale dell’Impero.


Sì: l’imperatore Teodosio fece un passo in più rispetto a Costantino. Costantino permise al cristianesimo di manifestarsi come religione e Teodosio lo dichiarò unica religione di stato, così tutte le altre religioni divennero clandestine. 
Da quel momento fino all’inizio del VI secolo ha origine un fenomeno che è stato studiato con attenzione da uno degli storici più competenti in materia, se non il più competente al mondo: Peter Brown, professore a Oxford, autore del libro Per la cruna di un ago. Brown dimostra come in quella fase si produsse un fenomeno sorprendente: l’ingresso in massa delle persone più ricche e potenti nella chiesa. Il processo giunse fino al caso estremo di alcuni che vennero nominati vescovi senza nemmeno essere battezzati: il caso più noto è quello del vescovo di Milano, sant’Ambrogio. Ambrogio era catecumeno, e da catecumeno venne consacrato vescovo, perché lo ritennero l’unico in grado di governare una chiesa ingovernabile, a causa della situazione troppo complessa. Così avvenne anche in Gallia e nella Spagna romana.
Vorrei tornare su un altro aspetto che mi sembra estremamente importante: il vangelo non è una teoria, è uno stile di vita. Ed è presente nella misura in cui viene vissuto. Se così non fosse, avremmo un mucchio di teorie, di detti evangelici convertiti in detti popolari; ma una cosa è raccontare, altra cosa è vivere. 
Ed è questo il problema della chiesa: che abbiamo una istituzione bene organizzata, ben gestita e strutturata, ma al contempo lontana e distante dal vangelo. Certamente vi sono anche persone, movimenti e gruppi che lo vivono, che si sforzano di viverlo. Ma troppi segni sono scandalosi.
 

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