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17 febbraio 2014 1 17 /02 /febbraio /2014 10:02

Utilizzo le parole di E. Boncinelli, per presentare il problema che assilla me e l'uomo d'oggi. Boncinelli, nel suo libro forse si è spinto troppo avvanti nelle risposte, però presenta con molta chiarezza il problema. 

   

Pur non trattandosi di processi esclusivamente materiali, i fenomeni vitali hanno ormai ben poco di misterioso, anche se non si conosce certo ancora tutto.

 

Del resto non possiamo non restare ammirati dalla delicata unicità della vita, in equilibrio ma allo stesso tempo in bilico sul baratro.  ...

 

Si potrebbe parlare di un principio ordinatore immateriale. E, in quest'ottica, la cosa più vicina all'anima è l'informazione, in particolare quella fondamentale portata dal DNA di ogni organismo.

 

Si potrebbe dunque intendere come anima della vita il genoma - non c'è vita senza genoma - e la sua interpretazione e attuazione. Se la vita ha un'anima, questa risiede nella vigile presenza del suo genoma.

 

Tale «anima» si trasmette nel mondo vivente attraverso le generazioni e questo processo dura da quasi quattro miliardi di anni, rappresentando e garantendo l'unicità della vita, la quale offre un esempio mirabile di come si può gestire con profitto una certa quantità di ordine anche nel quadro di riferimento di un universo di disordine.

 

In effetti la biologia molecolare ha scoperto che l'essenza della vita riposa su due sue proprietà essenziali:

  • il possesso di un genoma, un assetto strutturale e funzionale che le permette di utilizzare l'energia e
  •  l'informazione prese dal mondo, senza troppi rischi e sprechi.

 

Questa oculata gestione delle risorse permette agli organismi viventi di degradare la minima quantità possibile di energia e quindi di pagare il minimo prezzo possibile alla naturale tendenza dell'universo materiale verso il disordine e la distruzione dell'ordine.

 

Il gioco non può però durare troppo a lungo e infatti tutto quello che nasce deve morire. «Tutto quello che vive deve morire, passando per la natura nel suo cammino verso l'eternità», per dirla con Shakespeare.

 

 

Edoardo Boncinelli, quel che resta dell'anima, ed Rizzoli Milano 2012

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12 gennaio 2014 7 12 /01 /gennaio /2014 17:31

 

"Terremoto L’Aquila, come lupi famelici" di Antonio Padellaro

 Il Fatto Quotidiano, 11 Gennaio 2014

 

 

Nei giorni che seguirono al terremoto de L’Aquila, nell’aprile 2009, "Il fatto quotidiano" titolò in prima pagina: “Fate schifo”. Tale era infatti il disgusto provocato da quell’imprenditore che tutti ascoltammo mentre al telefono gioiva con un suo degno compare per i soldi che sarebbero piovuti sotto forma di appalti e mazzette su quelle macerie e su quei morti.

 

Nessuno poteva immaginare che lo schifo sarebbe tracimato investendo in pieno la giunta aquilana quasi cinque anni dopo in seguito all’indagine della Procura e agli arresti di politici e funzionari. L’esultanza dell’ex assessore raggiante per la fortuna che a gente come lui deriverà dall’immane tragedia non è soltanto sciacallaggio. Quell’individuo rappresenta, sia pure all’ennesima potenza, una mutazione antropologica sempre più estesa: pubblici amministratori diventati lupi famelici e che pur di rubare e spolpare non si fermano davanti a nulla.

 

 

Una volta c’era la bustarella, poi venne la tangente. Oggi sembrano peccatucci di fronte all’orgia di una casta criminale e arrogante che sta vampirizzando un paese allo stremo. E quando i proventi delle rapine non bastano più, costoro sperano nei terremoti e se i morti sono tanti, meglio ancora. Che culo!

 

Non parlo a nome di altri ma a mio nome, vivo a l'Aquila.

La mia casa è lì, in prima periferia, e ad oggi è stato chiarito solo che ha subito lesioni tali che è da abbattere, altro non m'è dato di sapere.

La mia pratica si era anche persa. Persa perché e come? non ci sono state risposte, solo un "purtroppo...".

Quando la ripresentai, guarda caso, la pratica da alcune centinaia di pagine era stata ritrovata... ma i mesi scorrevano. Ora hanno scoperto che c'è un modulo da ricompilare e i mesi passano... e sono passati ormai cinque anni.

L'ingegnere dice che è colpa del comune e dell'amministratore del condominio, il comune dell'ingegnere e dell'amministratore, ovviamanete per l'amministratore è l'ufficio dell'ingegnere che la prende troppo calma e il comune che rallenta perché non ha soldi.

Avverrà mai qualcosa? Quando uscirò da questa situazione di sfollato? quando riuscirò a tornare in casa mia?

 

Il Dott. Padellaro ha ragione, descrive una sensazione che rivivo ogni volta che son costretto a recarmi in quegli uffici. 


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9 gennaio 2014 4 09 /01 /gennaio /2014 07:25
Un articolo intelligente di cui voglio tener memoria

Luca Soffri, 
La fine dei libri 
 9 gennaio 2014 su "ilpost.it"
Il problema è che ne parliamo da decenni, di un declino dei libri e della loro centralità, e quindi pochi prendono sul serio quello che invece sta succedendo in questi ultimi anni e mesi, e che succederà ancora di più. Malgrado le resistenze psicologiche di nostalgici e affezionati – che sono ancora molti e protestano, ma io credo che vedano solo un pezzetto della scena – il libro non è più l’elemento centrale della costruzione della cultura contemporanea. Non parlo, insomma, dell’annosa e noiosa questione del “si leggono pochi libri” eccetera: parlo di quelli che prima li leggevano, i libri; e parlo di quello che comunque ritenevamo “fossero”, i libri, letti o no.
Le vendite dei libri sono in grande crisi, in Occidente e in Italia. Tutti i maggiori editori italiani hanno perdite più o meno cospicue e grafici in discesa: una cappa di desolazione rassegnata incombe su ogni loro riunione o incontro occasionale.Il dato insomma c’è: ma la questione è culturale, non commerciale. E sono due questioni, dicevo.

Una è che leggiamo meno libri, per due grandi fattori legati entrambi a internet.

Il primo è che la Rete ha accelerato la nostra disabitudine alla lettura lunga, alla concentrazione su una lettura e un’occupazione sola, al regalare un tempo quieto a occupazioni come queste. È una considerazione ormai condivisa e assodata: la specie umana sta diventando inadatta alla lettura lunga.
Il secondo fattore è che gli spazi e i tempi un tempo dedicati alla lettura di libri stanno venendo occupati in gran parte da altro, e subiscono la competizione di videogiochi, social network, video online, e mille altre opportunità a portata di mano sempre e ovunque. Quelli che leggevano libri sui tram o nelle sale d’aspetto o sui treni oggi stanno sui loro smartphone, e non a leggere ebooks.  Ormai stanno sui loro smartphone anche prima di addormentarsi, molti. Tutto quel tempo, non è più a disposizione delle lentezze dei libri: è preso.
La seconda questione centrale nella crisi dell’oggetto libro è che è diventato marginale come mezzo di costruzione e diffusione della cultura contemporanea, che invece sempre più trova luoghi di dibattito, espressione, sintesi, su internet e in formati più brevi. Che non sono necessariamente più superficiali, anzi spesso sono molto più densi e ricchi di certi saggi di 300 pagine allungati intorno a una sola idea (vediamo anche di dire che il libro ha spesso costretto, “per scrivere un libro”, a stirare in lunghezze ridondanti buone riflessioni da cinquanta pagine, se non dieci): ma qui starei alla larga dai litigi inutili su cosa sia meglio e cosa sia peggio e se il mondo peggiori o migliori con il declino dei libri. Limitiamoci a registrarlo e capire cosa succede.
Il “pubblicare un libro” come sintesi e sanzione di uno studio, una riflessione, un’idea, un tema da condividere o una storia da raccontare, è una pratica che non ha più il rilievo di un tempo. Da una parte perché quelli che leggono quella sanzione, e poi ne discutono e la fanno diventare un pezzo del dibattito e della cultura, diminuiscono ogni giornoDall’altra perché il mezzo è superato anche su questo. 
Mi capita qualche volta che qualcuno – editori o amici – mi suggerisca di scrivere un libro, per “dare un senso” e “concretizzare” le molte cose che scrivo online, e mostrarle a “un numero maggiore di lettori”, “perché restino”. Una volta rispondevo che sono pigro e non sono tanto capace di applicarmi su un lavoro di impegno e tempo così esteso e assiduo. Adesso spiego loro che le loro ragioni non valgono più e sono invertite: se c’è un posto dove quello che scrivo “resta” e “raggiunge più lettori”, è internetI libri spariscono dalla vendita e dall’attenzione – e dall’esistenza – dopo pochi mesi, o pochi anni al massimo (salvo rare eccezioni): ne escono a centinaia ogni mese, e se non vi passano sotto il radar subito, non esisteranno mai più. 
Vi ricordate il successo – molto pompato – che ebbe quel libretto “Indignatevi”? Cos’era, due anni fa? Oggi è quasi impossibile che un giovane che non ne abbia ricevuto notizie allora ci si imbatta di nuovo. Mentre grazie ai social network e ai link e a Google, cose pubblicate online anche dieci anni fa continuano a trovare nuove attenzioni e tornare a essere lette. Questo post, con buona approssimazione, sarà letto da circa diecimila persone: è un numero che sarebbe considerato un buon successo per un saggio di qualunque autore di non grandissima fama come me (il mio libro Un grande paese ha venduto poco di più), e che rende economicamente sempre meno. E questo post, sarà ancora ricircolato tra un anno, tra due, tre (se non altro per rinfacciarmi di quanto poco ci avessi preso di fronte al grande boom dei libri del 2017).
Poi, ripeto, restano gli appassionati “romantici” dei libri: lo siamo un po’ tutti, e c’è il piacere e c’è la bellezza, eccetera (e internet offre loro nuovi spazi di sopravvivenza, anche se sempre più riserve indiane ). E ci sono libri bellissimi, se uno li legge. 
Come per il teatro, la cui importanza e meraviglia nessuno mette in discussione, ed è bello che esista ancora. Ma non “esiste” più, il teatro: è una nicchia laterale della cultura contemporanea che non interagisce più con la sua crescita e le sue evoluzioni. 
I libri non sono ancora arrivati a quel punto lì, e magari non ci arriveranno. Ma entrerei nell’ordine di idee che sia plausibile.
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19 dicembre 2013 4 19 /12 /dicembre /2013 16:30

Un neologismi che è utile  conoscere bene 

 

 Nelle reti telematiche e di telecomunicazioni il termine

 

roaming

significa  "Rintracciabilità nel territorio"

(dall'inglese to roam = vagare, andare in giro),

 

 e identifica l'insieme di procedure, normative e apparecchiature che permettono di rintracciare un terminale mobile desiderato e di metterlo in comunicazione con l'utente chiamante all'interno di una stessa rete o tra reti di comunicazione distinte ma interoperanti.

 

Il roaming viene utilizzato in particolare dagli operatori telefonici di telefonia cellulare per permettere agli utenti mobili di collegarsi tra loro eventualmente utilizzando anche una rete non di loro proprietà dietro una quota di pagamento all'altro operatore.

 

Ciò può accadere ad esempio quando l'utente si trova all'estero e l'operatore telefonico non possiede una rete propria ("roaming internazionale") oppure quando l'utente si trova nel paese di origine dell'operatore telefonico, ma questo non possiede una copertura totale della nazione (in entrambi i casi l'operatore si appoggia su reti telefoniche appartenenti ad altri operatori, nazionali o esteri) oppure semplicemente quando l'utente destinatario appartiene alla rete di un altro operatore telefonico.

 

Attraverso il roaming, quindi, l'operatore consente all'utente la possibilità di utilizzare il servizio in tutta la nazione e oltre.

 

Un metodo simile viene utilizzato da alcune schede di rete Wi-Fi per passare da un access point a un altro in modo del tutto trasparente garantendo sempre una connessione anche durante gli spostamenti.  Questo tipo di roaming viene detto generalmente involontario.

 

In generale il roaming è reso possibile dalle informazioni relative all'utente (SIM e USIM) e al telefono cellulare (IMEI) che il terminale di utenza invia periodicamente alla stazione radio base di copertura la quale le invia ad un apposito database, chiamato VLR (Visitor Location Register), rendendolo così disponibile a tutta la rete.

 

Per "roaming originato" s'intendono le chiamate fatte da un utente nella rete non di contratto, per esempio all'estero. Questo roaming originato viene di solito caricato di spese per l'altro operatore, maggiorando il costo.

 

Il "roaming in entrata" sono le chiamate ricevute quando si è all'interno di una rete diversa dal proprio operatore, per esempio stando all'estero.

In questo caso (diversamente da quando ci si trova con il proprio operatore nella sua rete nel proprio paese d'origine) l'utente paga una parte della comunicazione e precisamente quella tratta dal suo operatore all' operatore estero nel paese dove si trova.

Occorre tenere presente che un utente che chiama un cellulare con prefisso del proprio paese paga la stessa cifra indipendentemente se il ricevente si trova all'estero o meno.

 

Un ipotetico Utente A che si trova nel proprio paese e che chiama un numero del proprio paese (Utente B) paga sempre e soltanto secondo il proprio piano tariffario, incluso tutte le promozioni, non c'è alcuna differenza se Utente B si trova all'estero oppure no.

 

È vero invece che colui che si trova all'estero (Utente B) in quel caso paga anche le telefonate ricevute, la cosiddetta "tratta internazionale" (usufruendo del servizio di trasferimento della chiamata dal proprio paese a quello in cui si trova paga per questo servizio), quindi paga per il "roaming in entrata".

 

Roaming Involontario[modifica | modifica sorgente]

Il roaming involontario si verifica quando un telefonino è vicino al confine della nazione di appartenenza agganciandosi ai ripetitori della nazione vicina.

 

In questo modo è come se si chiamasse da quella nazione. Di questo problema si sono fatte interpreti associazioni di consumatori come l'ADOC che a Gorizia hanno organizzato iniziative per chiedere di modificare i sistemi di trasmissione delle compagnie nazionali per evitare eccessivi aggravi di spesa per gli utenti delle città di confine.

 

Il roaming è una procedura di segnalazione tra reti mobili che presuppone obbligatoriamente un accordo di roaming (nazionale o internazionale) tra gli operatori di rete. Non è sufficiente che una determinata area geografica sia coperta da più operatori. Ad ogni modo anche se un'area geografica è coperta da più operatori con accordo di roaming l'utente può selezionare sul proprio terminale l'operatore preferito.

 

 Da wikipedia - 19 dic 2013

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4 dicembre 2013 3 04 /12 /dicembre /2013 06:45

 

 
       

Autore

Titolo

Data

1

Testo cinese classico

Libro dei Mutamenti

tardo IX secolo a.C.

2

Testo ebraico

Antico Testamento

XIII secolo a.C. – IV secolo a.C.

3

Omero

Iliade e Odissea

VIII secolo a.C. – VII secoloa.C.

4

Testo induista

Upaniṣad

VII secolo a.C. – VII secolo a.C.

5

Laozi

Daodejing

III secolo a.C.

6

Testo dello Zoroastrismo

Avesta

III secolo a.C. – III secolo

7

Confucio

Analecta

V secolo a.C. – IV secolo a.C.

8

Tucidide

Guerra del Peloponneso

V secolo a.C.

9

Ippocrate

Opere

400 a.C.

10

Aristotele

Opere

IV secolo a.C.

11

Erodoto

Storie

V secolo a.C.

12

Platone

La Repubblica

380 a.C.

13

Euclide

Elementi

280 a.C.

14

Testo del Buddhismo Theravada

Dharma

252 a.C.

15

Virgilio

Eneide

19 a.C.

16

Lucrezio

De rerum natura

55 a.C.

17

Filone di Alessandria

Esposizione Allegorica della Sacra Legge

I secolo

18

Testo cristiano

Nuovo testamento

circa 50–100

19

Plutarco

Vite Parallele

120

20

Publio Cornelio Tacito

Annales

120

21

Valentino

Vangelo della Verità

II secolo

22

Marco Aurelio

Colloqui con se stesso

167

23

Sesto Empirico

Lineamenti Pirroniani

150–210

24

Plotino

Enneadi

III secolo

25

Agostino da Ippona

Confessioni

400

26

Testo islamico

Corano

VII secolo

27

Mosè Maimonide

Guida dei perplessi

1190

28

Testo del misticismo giudaico

Cabala

XII secolo

29

Tommaso d'Aquino

Summa Theologiae

1266–1273

30

Dante Alighieri

La Divina Commedia

1321

31

Erasmo da Rotterdam

Elogio della follia

1509

32

Niccolò Machiavelli

Il Principe

1532

33

Martin Lutero

Preludio alla cattività babilonese della chiesa

1520

34

François Rabelais

Gargantua e Pantagruel

1534 e 1532

35

Giovanni Calvino

Istituzioni della Religione Cristiana

1536

36

Niccolò Copernico

De revolutionibus orbium coelestium

1543

37

Michel de Montaigne

Saggi

1580

38

Miguel de Cervantes

Don Chisciotte

1605 e 1615

39

Johannes Kepler

L'Armonia dei mondi

1619

40

Francesco Bacone

Novum Organum

1620

41

William Shakespeare

First folio

1623

42

Galileo Galilei

Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo

1632

43

Rene Descartes

Discorso sul metodo

1637

44

Thomas Hobbes

Leviatano

1651

45

Gottfried Leibniz

Opere

1663–1716

46

Blaise Pascal

Pensieri

1670

47

Baruch Spinoza

Ethica more geometrico demonstrata

1677

48

John Bunyan

Il viaggio del pellegrino

1678–1684

49

Isaac Newton

Philosophiae Naturalis Principia Mathematica

1687

50

John Locke

Saggio sull'intelletto umano

1689

51

George Berkeley

Trattato sui principi della conoscenza umana

1710, modificato 1734

52

Giambattista Vico

La Scienza nuova

1725, modificato 1744

53

David Hume

Un trattato della natura umana

1739–1740

54

Denis Diderot

Encyclopédie

1751–1772

55

Samuel Johnson

Un dizionario della lingua inglese

1755

56

Voltaire

Candido

1759

57

Thomas Paine

Senso comune

1776

58

Adam Smith

La ricchezza delle nazioni

1776

59

Edward Gibbon

Declino e caduta dell'impero romano

1776–1787

60

Immanuel Kant

Critica della ragion pura

1781, modificato 1787

61

Jean-Jacques Rousseau

Confessioni

1781

62

Edmund Burke

Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia

1790

63

Mary Wollstonecraft

Rivendicazione dei diritti della donna

1792

64

William Godwin

Inchiesta riguardo alla giustizia politica

1793

65

Thomas Malthus

Saggio sui principi della popolazione

1798, modificato 1803

66

Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Fenomenologia dello spirito

1807

67

Arthur Schopenhauer

Il mondo come volontà e rappresentazione

1819

68

Auguste Comte

Course in the Positivist Philosophy

1830–1842

69

Carl von Clausewitz

Della guerra

1832

70

Søren Kierkegaard

Aut-Aut

1843

71

Karl Marx e Friedrich Engels

Manifesto del partito comunista

1848

72

Henry David Thoreau

Disobbedienza civile

1849

73

Charles Darwin

L'origine delle specie

1859

74

John Stuart Mill

Saggio sulla libertà

1859

75

Herbert Spencer

First Principles

1862

76

Gregor Mendel

Saggio sugli ibridi vegetali

1866

77

Lev Nikolaevic Tolstoj

Guerra e pace

1868–1869

78

James Clerk Maxwell

Trattato sull'elettricità e il magnetismo

1873

79

Friedrich Nietzsche

Così parlò Zarathustra

1883–1885

80

Sigmund Freud

L'interpretazione dei sogni

1900

81

William James

Pragmatismo

1908

82

Albert Einstein

Teoria della relatività

1916

83

Vilfredo Pareto

La mente e la società

1916

84

Carl Gustav Jung

Tipi psicologici

1921

85

Martin Buber

Io e tu

1923

86

Franz Kafka

Il processo

1925

87

Karl Popper

Logica della scoperta scientifica

1934

88

John Maynard Keynes

Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta

1936

89

Jean-Paul Sartre 

L'essere e il nulla

1943

90

Friedrich von Hayek 

La strada per la servitù

1944

91

Simone de Beauvoir

Il secondo sesso

1948

92

Norbert Wiener

Cibernetica

1948, modificato 1961

93

George Orwell

1984

1949

94

Georges Ivanovic Gurdjieff

Racconti di Belzebù a suo nipote

1950

95

Ludwig Wittgenstein

Ricerche filosofiche

1953

96

Noam Chomsky

Strutture sintattiche

1957

97

Thomas Kuhn

La struttura delle rivoluzioni scientifiche

1962, modificato 1970

98

Betty Friedan

La mistica della femminilità

1963

99

Mao Zedong

Libretto rosso

1966

100

Burrhus Skinner

Oltre la dignità e la libertà

1971

 

 secondo Seymour-Smith

 

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28 novembre 2013 4 28 /11 /novembre /2013 17:58

 

Vuoi per gioco o per semplice invito a colmare le proprie lacune, il celebre blog americano Open Culture ha infatti pubblicato la lista dei 10 libri ritenuti i migliori di sempre, selezionati da una giuria di 125 personalità letterarie, fra cui Jonathan Franzen, Stephen King, Norman Mailer e Annie Proulx. Tutto è nato da una serie di interviste raccolte nel 2007 in un libro dal titolo “Top Ten”, curato da J.Peder Zane, che ha condiviso con il mondo le preferenze dei prestigiosi votanti.

 

Compaiono in questa lista classici intramontabili, che non sorprendono più di tanto, ma vengono riproposti come stimolo al sano piacere della lettura, a prescindere dalle moderne logiche di mercato.

 

Ecco la classifica:

1. Anna Karenina di Lev Tolstoj

2. Madame Bovary di Gustave Flaubert

3. Guerra e Pace di Lev Tolstoj

4. Lolita di Vladimir Nabokov

5. Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain

6. Amleto di William Shakespeare

7. Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald

8. Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust

9. Racconti di Anton Checov

10. Middlemarch di George Eliot

 Scritto da Giovanna Casoria 29 settembre 2013

 

PS. 4 non li ho letti, devo provvedere!


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27 novembre 2013 3 27 /11 /novembre /2013 17:47

Il 07/06/13 è apparso su "www.laredazione.org" quest'interessante articolo, intitolato "Il motivo per cui le donne lasciano i mariti".

  ...

Uomini e donne sono naturalmente diversi per sensibilità e ci sono cose e situazioni che il sesso femminile non riesce proprio ad accettare, preferendo rompere invece che andare avanti nell'insoddisfazione e nell'infelicità.

 

La rivista "Cosmopolitan" ha effettuato un sondaggio tra le donne per capire il motivo principale che le ha condotte a decidere di interrompere una relazione, una convivenza o di separarsi dal coniuge. Tante e svariate sono state le riposte, vediamo le dieci più frequenti:

 

(39,7%) - Poco amore

Le donne sono romantiche per definizione e attribuiscono grande importanza ai loro sentimenti, sui quali è spesso difficile avere la meglio.

Se in loro uno di questi sentimenti tende a scemare, allora per l'uomo non c'è più scampo, la storia in breve tempo arriverà alla fine e il malcapitato sarà inesorabilmente messo alla porta.

 

(36,6%) - Tradimento

L'infedeltà è qualcosa che per il sesso femminile si dice c'entri con il cuore, mentre per quello maschile la maggior parte delle volte rimane fine a se stesso, senza coinvolgere i sentimenti.

Ma le donne difficilmente riescono a perdonare il partner e altrettanto difficilmente, se tradiscono, mantengono "il piede in due scarpe".

 

(29,3%) - Bugie e mancanza di fiducia

Le bugie hanno le gambe corte e si sa che gli uomini non le sanno raccontare: si dimenticano della menzogna detta, cadono facilmente in contraddizione e si fanno scoprire.

Una bugia difficilmente verrà dimenticata e questo porterà naturalmente a una mancanza di fiducia e al venir meno di un fattore fondamentale nella coppia.

 

(29,1%) - Liti permanenti

La sensibilità femminile è spiccata ed è per sua natura portata ad essere critica.

Troppe liti a lungo andare stancano entrambi, ma soprattutto le donne faticano di più ad accettarle nel tempo medio e lungo. Alla fine ne escono sfiancate e decidono che è meglio concludere la relazione.

 

(21,1%) - Non abbastanza romanticismo

E' una delle accuse principali che vengono fatte ai maschietti: non sanno essere romantici.

Alle donne piace tantissimo ricevere fiori, qualche regalo inatteso, una cena a lume di candela, una passeggiata al chiaro di luna... E se il partner non riesce a capirlo e a manifestare questo tipo di sensibilità, almeno una volta ogni tanto, allora i rischi di un allontanamento a livello emozionale diventano molto concreti. E la ricerca della donna potrebbe rivolgersi altrove...

 

 

(21,1%) -  Voglia di uscire con le amiche

Quello che in apparenza può sembrare una banalità, alla lunga può compromettere una relazione. Non tutto deve essere necessariamente fatto insieme, ognuno deve avere il suo spazio vitale.

Impedire alla compagna o moglie di avere una serata tra donne, o tra colleghi, senza di lui, è sbagliatissimo, meglio lasciarla andare. Al contrario, si sentirebbe soffocata e le mancherebbe la fiducia del partner. Anche questo può essere un buon motivo di rottura...

 

(20,6%) - Mancanza di ambizione

Un uomo passivo, senza velleità professionali e di vita, crea insofferenza nella partner.

E' ancora forte il mito dell'uomo d'affari di successo, fascinoso e sexy, due fattori che fanno sentire la donna orgogliosa del proprio partner. Attenzione, quando tutto questo svanisce è allarme rosso...

 

(20,2%) - La distanza

Si dice "lontano dagli occhi lontano dal cuore". Ogni rapporto a distanza è difficile, figuriamoci quando si traduce in un matrimonio a distanza.

La vita impone a molte coppie questo tipo di situazione, che alla lunga potrebbe logorare e far svanire l'amore.

 

(18,9%) - Non andare d'accordo con la famiglia e gli amici di lui

Quando ci si sposa, si prendono in carico i rapporti pregressi del partner.

E accade che non si riesca a costruire una relazione d'affetto con questi parenti e amici acquisiti. Si fa molta fatica a sopportare la loro presenza, soprattutto se si parla di suocere, più o meno invadenti. E se il migliore amico di lui proprio non si digerisce, allora...

 

(15,7%) - Sesso

Se funziona costituisce motivo di unione, se non va per colpa di lui allora sorgono problemi.

La sessualità nella coppia è un elemento fondamentale, se non funziona allora sono guai. Dove sta l'uomo macho, virile, quello che non perdona e che ti fa provare emozioni indescrivibili? Se non si riesce in casa...

 

 

 Scritto da www.laredazione.org  (it.lifestyle.yahoo.com/blog/thats-amore/il-motivo-per-cui-le-donne-lasciano-mariti-125537546.html)

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25 ottobre 2013 5 25 /10 /ottobre /2013 10:56

Il Prof Remo Bondei così risponde in un'intervista dal titolo "identità personale e coscienza", apparsa su www.caffeeuropa.it. Le trovo parole molto sagge e condivisibili!


Questa è l'idea di Heidegger, che viene anche da Rilke: nella società di massa gli uomini non hanno individualità, non hanno identità personale, in fondo ognuno fa quello che fanno gli altri - “così fan tutti”, per parafrasare Mozart - dunque nell'identità personale della vita inautentica io seguo la maggioranza, evito di pensare a me stesso, di sentirmi un individuo.

 

Quando però ascolto, se l'ascolto, questa voce di insoddisfazione che viene da me stesso, ho la possibilità di scegliere la mia vita autentica, che si manifesta nell'“essere-per-la-morte”.

 

Attraverso l'“essere-per-la-morte” prendo coscienza del fatto che il tempo non è scandito dall'orologio, che il mio tempo personale non è - come dire - diviso in parti uguali e omogenee: il mio tempo finirà, il mio tempo è a scadenza e questa scadenza è la morte.

 

Paradossalmente, quindi, per Heidegger l'individuazione dell'individuo avviene nel momento in cui si distrugge l'individualità. Soltanto se penso alla morte, il tempo che mi rimane da vivere ha senso. E   soltanto in questa prospettiva io posso stabilire come piena la mia identità personale, che altrimenti sarebbe, per così dire, annacquata, dispersa o dissolta, come in un “bagno di acido solforico”, dalla vita collettiva, dall'imitare quello che fanno gli altri.

 

 

 (Reemo Bondei, insegna filosofia alla UCLA di Los Angeles dal 2006, dopo aver a lungo insegnato storia della filosofia ed estetica alla Scuola Normale Superiore e all'Università di Pisa)

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8 ottobre 2013 2 08 /10 /ottobre /2013 04:22

 

M’è capitato di leggere  un articolo dal titolo “Tikker, l'orologio che ti ricorda quando devi morire” ed ho ripensato alle tante immaginette di santini dove il Santo guarda devoto  il teschio posto davanti a lui.  

 

E’ proprio vero, l’uomo non cambia. Anche il “memento homo “ ha cambiato solo la tecnica d’attenzione ma il contenuto è sempre uguale. Tra la nascita e la morte si possono forse allungare i tempi, aumentare il numero di giorni, ma sempre lì si finisce e il non pensarci resta ancora lo sport più diffuso.

 

Ecco l’articolo di Pier Luigi Pisa, pubblicato il 07/10/2013 da L'Huffington Post:

 

La rete è piena di pagine con "test" che permetterebbero di calcolare la data della propria morte e le cause del futuro decesso. Con le dovute avvertenze: "Attenzione, è solo un gioco". In molti tuttavia non resistono alla tentazione di "scoprirlo" e proprio per questo, forse, un trio di Brooklyn - composto da uno scrittore, un designer e un'esperta di marketing - ha pensato a un orologio chiamato Tikker che indichi l'ora e ricordi continuamente a chi lo indossa quanto gli resta da vivere, misurato in anni, giorni, ore, minuti e secondi.

 

Un macabro countdown che è il frutto, anche in questo caso, della compilazione di un questionario sul proprio stile di vita che consentirà - attraverso l'analisi delle risposte fornite - di stabilire le proprie aspettative di vita.

 

 

È evidente che alla base di Tikker non ci sia nulla di scientifico. E che per 59$ (l'equivalente di 43 euro) si ordina, in pratica, un normalissimo orologio con cronometro "ampliato". Ma l'intento dei suoi ideatori va oltre la tecnologia: partendo dal presupposto che il tempo è il bene più prezioso a nostra disposizione, Tikker vuole essere una sorta di motivatore che invita chi lo indossa a viverlo al meglio. La morte "annunciata", insomma, non è altro che uno spauracchio.

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20 settembre 2013 5 20 /09 /settembre /2013 06:44

 

Il femminismo vestito mascolino

dal sito http://www.neovitruvian.it


In tutto l’Occidente, le famiglie sono a pezzi, le popolazioni sono in declino a causa di uno scarso livello riproduttivo, i livelli di suicidi tra i nostri giovani hanno raggiunto livelli record, gli antidepressivi sono diventati la risposta di `Stato` ai problemi dei giovani costretti a vivere distanti da ogni concetto che si avvicini seppur minimamente alla normalità. Quanto detto sopra è completamente collegato all’ascesa del femminismo nella nostra società.

 

Nelle parole di Katarina Runske, “Il femminismo è un vicolo cieco darwiniano.

 

... Niente identifica rapidamente un modello di disadattamento sociale, come l’inferiore tasso di natalità registrato in questo ultimo periodo. Le nazioni spingono politiche femministe a loro rischio e pericolo”.

 

Un mio caro amico, dopo aver divorziato, ha subito la stessa terribile sorte di molti altri. Ogni donna che incontrava sembrava essere una copia della precedente. Lo stesso modo di vestirsi mascolino, con tanto di divisa, lo stesso taglio di capelli, lo stesso atteggiamento conflittuale, la stessa retorica femminista e gli stessi problemi psicologici, dovuti al credere nella menzogna del femminismo.

 

Il conflitto, il confronto e la disfunzione sono cose comuni a queste tristi `creature`, assieme ad una scia di famiglie distrutte, bambini orfani di padre ed ex mariti che vogliono giustizia da un sistema totalmente imbevuto di ideologie alla Freidan e co. e completamente sbilanciato a favore delle donne.

 

Mi accorgo ora che, quando scrivo o parlo di questo argomento, divento progressivamente meno diplomatico e più incline alla diatriba. Sì, sono arrabbiato, come tutti quegli uomini che vorrebbero vivere una vita normale, con una moglie che amano e da cui sono amati.

 

In realtà, sono furioso contro questa realtà alternativa nella quale mi sembra, ogni giorno, che un pezzo del naturale ordine divino venga scardinato a favore del femminismo.

Quanto ci siamo allontanati dal Suo cammino?

Quanto perversa e corrotta è diventata la nostra società?

 

Il femminismo è una menzogna, è contro la verità universale, e più di ogni altro fattore ha compromesso e corrotto la funzionalità sociale dell’uomo. E’ tempo che gli uomini smettano di chiedere scusa per ciò che sono, evitando di abbandonare il campo di battaglia.

  

 

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  • : Blog di Piero Azzena
  • : Questo blog è solo la mia voce, resa libera dall'età. Questo blog è un memo, seppur disinvolto nei tempi e nei modi, dove chioso su argomenti la cui unica caratteristica è l'aver attirato la mia attenzione. Temi esposti man mano che si presentano, senza cura di organicità o apprensione per possibili contraddizioni. Temi portati a nudo, liberi da incrostazioni , franchi e leali.
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